L'attenzione ai problemi della comunicazione si è tradotta negli ultimi anni nella realizzazione di molti Centri Visita. In Italia sono 315, in gran parte aperti dagli anni '90 ad oggi: un fenomeno recente e ancora poco studiato. Organizzano eventi e coinvolgono le comunità locali, ma offrono ancora servizi insufficienti e manca un coordinamento in grado di metterli in rete.
1. Il Centro Visita: un fenomeno in evoluzione Il fenomeno dei Centri Visita, in Italia, è piuttosto recente, essendosi sostanzialmente sviluppato negli ultimi 20 anni. Ad oggi, la maggior parte dei Parchi e delle Aree Protette dispone di un Museo o di un Punto Informazioni: strutture certamente utili, ma con caratteristiche e finalità molto diverse da quelle di un Centro Visita. L'obiettivo fondamentale di questa struttura consiste infatti nel favorire in ogni modo la visita del Parco, sia negli aspetti pratici che nella comprensione dei contenuti. Un buon Centro Visita dovrebbe aiutare i visitatori ad organizzare logisticamente la visita del Parco suggerendo, per esempio, i percorsi di volta in volta più adatti alle diverse esigenze e fornendo i servizi che permettono una visita comoda e soddisfacente. D'altra parte, caratteristica tipica di un Centro Visita è anche l'utilizzo di mezzi di diffusione dei dati scientifici che consentano al visitatore di acquisire senza troppo sforzo informazioni basilari sul Parco, in modo da vivere un'esperienza consapevole, che lo arricchisca culturalmente. L'idea di Centri che abbiano lo scopo di facilitare l'esperienza dei visitatori nasce negli Stati Uniti all'inizio del XX secolo, contestualmente all'istituzione dei primi Parchi Naturali. Nel mondo anglosassone, le due esperienze si sono sviluppate di pari passo fino a determinare per i Centri Visita un ruolo di complemento fondamentale all'interno dei Parchi. Il naturale sviluppo di questi temi ha prodotto una grande mole di studi specialistici sull'argomento, che indagano sia gli aspetti pratici della realizzazione di un Centro, sia gli aspetti concettuali ed ideologici (Gross, Zimmermann 2002). In Italia, invece, il fenomeno dei Centri Visita è molto recente e ancora poco conosciuto, anche all'interno degli ambienti specializzati. Una maggiore diffusione di questo tipo di strutture si è verificata soltanto nel decennio trascorso, ma la loro distribuzione è ancora molto lontana da quella auspicabile. Di conseguenza, il dibattito sulla loro progettazione e sul loro ruolo deve ancora essere avviato e non si può parlare di una vera consapevolezza al proposito. Considerati lo stato iniziale del fenomeno e la mancanza di qualsiasi letteratura italiana sull'argomento, la scrivente ha condotto un censimento dei Centri Visita attivi sul territorio nazionale, al fine di monitorarne la distribuzione, la qualità degli allestimenti e la gamma dei servizi offerti, in occasione della redazione di un lavoro di tesi in Museologia e Museografia presso l'Università degli Studi di Siena (Anno Accademico 2002-2003), coordinato dal prof. Andrea Zifferero. La ricerca ha preso avvio dall'individuazione, per mezzo di un'indagine condotta attraverso il web, di tutti i Parchi e le Riserve Naturali e i Parchi Archeologici che dispongono almeno di un Centro Visita. Ad essi è stata inviata una copia del questionario appositamente elaborato per il censimento e suddiviso in cinque sezioni (Fig. 1): • dati di identificazione del Centro Visita; • strumenti di diffusione delle informazioni scientifiche; • uso e disponibilità degli spazi; • servizi svolti internamente al Centro Visita; • attività organizzate dal Centro Visita.
2. Situazione attuale dei Parchi Naturali e Archeologici in Italia Durante la fase di censimento dei Centri Visita è emersa una forte disparità tra la situazione dei Parchi Naturali e Archeologici. Questi ultimi hanno mostrato una generalizzata e preoccupante carenza di strutture adeguate che supportino e guidino i visitatori nella loro esperienza all'interno del Parco: soltanto il 10% di essi possiede un Centro Visita o una struttura affine. La situazione dei Parchi Naturali è invece più confortante, soprattutto per quanto riguarda quelli Nazionali, l'80% dei quali possiede un Centro Visita. La percentuale scende al 50% se si analizzano i Parchi Regionali, mentre soltanto il 3% dei Parchi più piccoli e delle Riserve ne hanno uno. Il problema principale dei Parchi Archeologici consiste senza dubbio nell'assenza di un quadro legislativo di fondo, che invece esiste per i Parchi Naturali. Sin dal 1922, infatti, anno della creazione del primo Parco italiano (Parco Nazionale del Gran Paradiso), si sono succeduti diversi interventi legislativi per definire le caratteristiche e i compiti di queste istituzioni. Sebbene una formulazione completa e onnicomprensiva sia stata raggiunta soltanto con il D.L. 394/1991, il succedersi di norme ed interventi tesi ad una regolamentazione dei Parchi testimonia tuttavia una prolungata riflessione sui temi della conservazione e promozione dei Beni Naturali, e nel corso degli anni ha consentito la maturazione e l'elaborazione di una quadro normativo comune che riguardasse conservazione, pianificazione, gestione e promozione (Vallerini 1996, 58). I Parchi Archeologici, invece, fino al 1990 non hanno avuto una precisa definizione legislativa, eccetto per alcune leggi regionali che, pur avendo il merito di tentare di introdurre una regolamentazione in questo ambito, hanno inevitabilmente contribuito a frammentare il panorama nazionale (Migliorini et Al., 1999, 14). Mancando quindi una struttura comune che ne regolasse e uniformasse lo sviluppo, i Parchi Archeologici non sono riusciti a "fare sistema", a coordinare iniziative e fondi, né tanto meno a darsi norme generali riguardo ai più importanti problemi istituzionali e gestionali: si ha l'impressione di un insieme caotico di istituzioni che differiscono tra loro sotto l'aspetto legislativo e amministrativo, senza che tale pluralità sia chiaramente regolamentata. (Nuzzo, 1999, 193). Un tale ritardo nello sviluppo del concetto di Parco Archeologico ha condizionato anche la creazione stessa di aree protette; soltanto negli ultimi anni, infatti, è stato avviato il dibattito sulla necessità di stabilire criteri scientifici comuni per individuare aree di particolare rilevanza e conferire loro lo status di Parchi o Aree Archeologiche. Il concetto di promozione applicato ai Beni Culturali è un'introduzione molto recente; fino a pochi anni fa, le azioni promosse dallo Stato nei confronti dei Beni Culturali riguardavano la loro tutela e conservazione, ma in alcun modo affrontavano la sfera della divulgazione dei contenuti scientifici tra il pubblico non specialistico, né tanto meno la promozione di attività culturali (Peano, 1999, 184-185; Zifferero 2002, 64). Un'inversione di tendenza si è verificata soltanto negli ultimi decenni, quando ha iniziato ad affermarsi un nuovo modo di concepire le aree protette. Queste non sono più considerate esclusivamente come zone portatrici di indiscutibili valori estetici, ambientali e culturali e che in quanto tali devono essere preservate dall'azione invasiva dell'uomo contemporaneo, ma vengono invece inserite nel più ampio binomio uomo-natura, come elemento fondamentale di un ecosistema nel quale tutte le parti devono essere in relazione reciproca. La teoria del progresso sostenibile prevede una stretta relazione tra le aree protette e il resto del territorio, da perseguire attraverso l'introduzione di aspetti economici e sociali nell'azione di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale (Vallerini 1996, 17-19). La gestione delle aree protette, pertanto, non può basarsi soltanto su divieti e norme proibitive, ma deve mirare a promuovere le risorse naturali in accordo con le esigenze economiche e sociali del comprensorio. Per rendere possibile un tale intervento, è indispensabile che l'istituzione Parco esca dal suo ristretto perimetro e coinvolga le popolazioni locali in attività di sensibilizzazione, promozione e organizzazione di eventi culturali, in modo che le aree protette possano diventare una voce attiva nel bilancio socio-economico di un territorio, mettendo in circolo gli investimenti economici e umani al fine di migliorare la qualità della vita nel comprensorio. Una tale concezione dell'area protetta è rispecchiata nel D.L. 112/1998, con il quale le competenze in merito a valorizzazione e promozione dei Beni Culturali vengono affidate alle Regioni, mentre lo Stato conserva l'autorità riguardo alla loro tutela e conservazione. Il passaggio di competenze è significativo in quanto lascia libera iniziativa ad organismi spesso attivi e propositivi come le Regioni e favorisce quindi gli interventi di comunicazione e diffusione di conoscenza legata al patrimonio culturale e ambientale. Una tale divisione di compiti ha forse complicato la gestione di Parchi e Aree Protette, poiché prevede la suddivisione di azioni e iniziative tra due differenti soggetti giuridici, ma ha avuto l'indubbio merito di permettere una maggiore autonomia dei Parchi stessi nella gestione di attività e risorse, che si è tradotta in una crescente attenzione ai problemi della comunicazione dei contenuti del Parco e del coinvolgimento diretto dei visitatori. Anche gli investimenti privati nel settore contribuiscono in grande misura a favorire gli interventi di diffusione e comunicazione, che nei casi più fortunati si traducono nella realizzazione di Centri Visita e nel potenziamento dei loro strumenti.
3. Distribuzione geografica dei Centri Visita Sulla base della ricerca effettuata attraverso il web, sono stati individuati 315 Centri Visita attivi sul territorio italiano, ai quali è stato inviato il questionario via e-mail o, in alcuni casi, con la posta cartacea. Le risposte ottenute corrispondono a 117 questionari, pari al 37% di quelli inviati, sui quali si è basata la presente ricerca (Fig. 2). Dalla carta di distribuzione è evidente come la quasi totalità dei Centri che hanno fornito risposta sia localizzata in Italia centro-settentrionale, mentre per l'Italia meridionale hanno partecipato esclusivamente tre grandi Parchi siciliani (Parco dei Nebrodi, Parco delle Madonie, Parco dell'Etna e Parco dell'Alcantara) e il Parco Nazionale del Pollino (Calabria e Basilicata).
4. Origine, collocazione spaziale e gestione dei Centri Visita Il primo Centro Visita in Italia è stato inaugurato nel 1955 (Parco Nazionale del Gran Paradiso), ma si tratta di un caso unico. Nel corso degli anni '60 e '70 sono stati realizzati soltanto cinque Centri, e solo nella seconda metà degli anni '80 il fenomeno inizia a diffondersi in modo lento ma netto. Una crescita evidente si verifica poi a partire dagli anni '90, quando vengono creati ben 42 Centri Visita. Un'evidente picco di crescita si osserva anche negli anni 2000 e 2002, segno di una maggiore consapevolezza della necessità di tali strutture all'interno dei Parchi. I dati riferiti agli ultimi 3 anni segnano un certo calo di inaugurazioni di Centri Visita, ma è possibile che questo sia dovuto ad una specie di compensazione dei numerosi Centri creati negli anni 2000-2002 (ben 43), che potrebbero aver catalizzato tutte le risorse lasciando così scoperti i piani economici degli anni successivi. Alcuni dei Parchi contattati, inoltre, hanno comunicato di avere un Centro Visita in via di costruzione o attivazione, ma non ancora pronto per entrare a far parte della presente ricerca; il calo nell'istituzione di nuovi Centri Visita, quindi, non è accentuato come potrebbe sembrare (Fig. 3). Il 65% dei Centri Visita è collocato all'interno del perimetro del Parco, soluzione generalmente positiva poiché il visitatore tende a percepirlo come parte integrante del territorio e non è costretto a dividere l'esperienza di visita al Centro da quella del Parco stesso. Uscire dal Centro Visita e trovarsi immediatamente all'interno dell'area naturalistica o archeologica permette ai visitatori di non perdere l'attenzione e di percepire il Parco e il Centro come un unico sistema. Queste considerazioni, tuttavia, sono valide nel caso in cui l'architettura del Centro Visita sia studiata appositamente per armonizzarsi con il territorio circostante e riprenderne le caratteristiche; soltanto così il Centro non avrà carattere invasivo e potrà essere concepito come un tutt'uno con il Parco. Dalla ricerca, invece, emerge che soltanto il 19% dei Centri Visita italiani ha sede in un edificio appositamente costruito, mentre la grande maggioranza di essi si trova in edifici storici, che in alcun modo possono essere considerati adatti ad ospitare tale struttura, né per le caratteristiche architettoniche interne, che spesso rendono le esposizioni poco efficaci, né per il loro aspetto esteriore, che, è facile immaginare, contrasterà visivamente con l'area protetta. La gestione dei Centri Visita italiani è molto eterogenea; le soluzioni più diffuse consistono nell'affidamento del Centro ad una cooperativa di servizi (43%) oppure allo stesso Ente Parco (34%). Nell'11% dei casi il Centro è invece gestito da un ente amministrativo, rappresentato quasi sempre dal Comune e solo in alcuni casi dalla Provincia. I restanti Centri Visita sono amministrati da associazioni (6%) o con forme miste di gestione (6%).
5. Strumenti di diffusione delle informazioni scientifiche Durante la fase di elaborazione del questionario sono stati individuati nove tipi di strumenti utilizzati per comunicare le informazioni scientifiche ai visitatori: • pannelli; • diorami; • plastici; • calchi; • stratigrafie; • ambientazioni; • ricostruzioni 3D; • ricostruzioni virtuali; • strumenti interattivi. Quasi tutti i Centri Visita italiani possiedono mezzi di comunicazione basilari ed economici e che non richiedono grande manutenzione, come i pannelli (presenti nell'86% dei Centri Visita). Molto diffusi sono anche gli strumenti interattivi (38%), i diorami (34%) e i plastici (30%), mentre gli strumenti comunicativi più elaborati e tecnologici sembrano avere una diffusione piuttosto limitata: ricostruzioni virtuali o tridimensionali si attestano rispettivamente sul 9% e 7%. Le stratigrafie, le ambientazioni e i calchi risultano essere mediamente diffusi, con percentuali, rispettivamente, del 21%, 12% e 8% (Fig. 4). Dall'elaborazione dei dati ottenuti è emerso che il 30% dei Centri Visita possiede un solo tipo di strumento di comunicazione, spesso costituito da alcuni pannelli espositivi, mentre il 42% di essi possiede 2 o 3 tipi. Questo significa che soltanto 1/3 dei Centri Visita è dotato di una varietà di strumenti in grado di assicurare ai visitatori un'esperienza coinvolgente ed efficace dal punto di vista della comprensione dei temi principali. Affinché una visita sia interessante ed abbia efficacia comunicativa, infatti, è fondamentale che il soggetto sia coinvolto nella scoperta dei contenuti del Parco attraverso l'uso di strumenti tecnologici, come ricostruzioni virtuali o tridimensionali, esperienze sensoriali ed esperimenti pratici, che gli consentano di esercitare un ruolo attivo nel processo di conoscenza. Questo tipo di strumenti, naturalmente, richiede un maggiore sforzo economico, sia nelle fasi di progettazione e realizzazione, sia in quella di manutenzione, e per questo è così poco diffuso nei Centri Visita italiani.
6. Uso degli spazi interni del Centro Visita Al fine di valutare l'organizzazione degli spazi interni al Centro Visita, è stato richiesto di dichiarare l'eventuale presenza delle seguenti strutture: • sala proiezioni; • sala conferenze; • postazioni informatiche; • ambienti per mostre temporanee; • laboratorio didattico. Il tipo si struttura più diffusa è la sala proiezioni, presente nel 68% dei Centri. Tutti gli altri spazi si attestano intorno al 60%, con l'eccezione del laboratorio didattico, che compare soltanto nel 36% dei Centri Visita. La mancanza di una tale struttura è particolarmente indicativa, perché è il laboratorio didattico che, più di tutte le altre, permette al visitatore di avere informazioni più specifiche e di agire in prima persona nel processo di conoscenza. La presenza degli altri tipi di strutture è piuttosto alta, e sembra dimostrare una buona suddivisione e varietà degli spazi all'interno dei Centri Visita. Il 6% dei Centri, inoltre, ha affermato di possedere altri tipi di spazi come librerie, gallerie d'arte, foresterie e sale con acquari (Fig. 5). Una voce del questionario riguardava anche l'estensione del Centro in metri quadrati. Le dimensioni medie dei Centri si aggirano intorno ai 200 mq, ma non sono mancati Centri che hanno dichiarato superfici di 30 o 50 mq. E' evidente come superfici così ristrette non possano ospitare gli strumenti e gli spazi necessari per rendere un Centro Visita degno di questo nome, ed è probabile che queste strutture siano maggiormente assimilabili a semplici Punti Informazioni.
6. Servizi offerti dal Centro Visita Il Punto Informazioni, che dovrebbe costituire la base di partenza di ogni Centro Visita, è presente nel 91% dei Centri italiani. Il bookshop è il secondo servizio più diffuso, con una percentuale del 69%, mentre il noleggio di attrezzature utili alla visita (p.es. binocoli, impermeabili, mountain bikes) è presente soltanto nel 12% dei casi, mancanza piuttosto grave dal momento che un servizio di questo tipo renderebbe la visita più agevole e completa, ampliando il range di attività e approfondimenti tra i quali il visitatore può scegliere. La diffusione di bar/punti di ristoro e di guardaroba (presenti rispettivamente nell'8% e nel 4% dei casi) è piuttosto indicativa dell'attenzione che i gestori pongono verso le necessità dei visitatori. Se infatti l'allestimento di una struttura tipo bar è impegnativa e richiede molte risorse (in termini di tempo, energia e fondi), il guardaroba è invece un servizio piuttosto semplice da fornire e la sua mancanza difficilmente può essere imputata all'esiguità di risorse economiche, ma sembra piuttosto indice di una scarsa comprensione dei compiti del Centro Visita. L'8% dei Centri esaminati offre anche altri tipi di servizi, come l'accesso gratuito ad Internet o la consulenza a giovani studenti per la realizzazione di ricerche scolastiche (Fig. 6).
7. Attività organizzate dal Centro Visita Per la ricerca sono stati individuati sei tipi diversi di attività; la più diffusa è l'organizzazione di visite guidate al Parco, presente nel 78% dei casi, che corrisponde all'attività classica offerta da strutture di questo genere. Lezioni e corsi sono organizzati dal 56% dei Centri, mentre il 55% ospita conferenze e convegni, al fine di diffondere la conoscenza di aspetti fondamentali del territorio e di pubblicizzare il Parco. Il 50% organizza attività di animazione per ragazzi e la stessa percentuale allestisce periodicamente mostre temporanee; soltanto il 44% di essi, invece, offre la possibilità di progettare itinerari personalizzati in base alle esigenze del visitatore (Fig. 7). Le attività tese a pubblicizzare il Parco e ad approfondire problemi e questioni specifiche del territorio e della sua storia sono rappresentate da una percentuale piuttosto alta, che lascia intuire come il compito di coinvolgere sia i visitatori che la popolazione locale attraverso l'organizzazione di eventi periodici, sia ritenuto piuttosto importante dai curatori dei Centri Visita, forse anche alla luce del significativo ruolo che i privati e le comunità locali iniziano a ricoprire nella gestione del Parco stesso. La situazione non è altrettanto positiva se prendiamo in considerazione le percentuali riferite alle visite guidate e alla pianificazione di itinerari; queste dovrebbero essere attività basilari, il minimo indispensabile affinché il visitatore possa fruire di una buona visita al Parco, e la loro scarsa diffusione è significativa. Il 6% dei Centri, tuttavia, ha dimostrato un ottimo spirito d'iniziativa, organizzando altre attività che vanno ad aggiungersi a quelle fin qui discusse. Alcuni di essi promuovono manifestazioni sportive, eventi sociali e culturali o rappresentazione di antiche feste, attività molto importanti al fine di incentivare la comunità a vivere e conoscere il proprio territorio, ma anche efficace richiamo per i turisti. Altri Centri partecipano a fiere, promuovono la conoscenza del territorio nelle scuole e realizzano studi e ricerche di carattere ambientale e storico. Un solo Centro, infine, si occupa di realizzare pubblicazioni di educazione ambientale.
Conclusioni Le risposte ottenute corrispondono al 37% dei Centri Visita contattati e costituiscono senza dubbio un ottimo risultato per ricerche di questo genere, condotte attraverso il web, la posta elettronica e quella cartacea. Quello che è emerso, in primo luogo, è la mancanza di un coordinamento dei Centri Visita. Sebbene sia indispensabile che ogni Centro sia completamente autonomo nelle iniziative e nell'amministrazione, sarebbe tuttavia utile pensare ad uno strumento di confronto che permetta di condividere esperienze e soluzioni, creare una rete di contatti tra i diversi Centri, che così non sarebbero più aree isolate che agiscono separatamente, ma potrebbero creare una "collettività" consapevole che condivida spazi di dibattito e di confronto. Un secondo dato molto evidente è la sperequazione tra Parchi Naturali e Archeologici, non soltanto riguardo alla presenza o meno dei Centri Visita, ma anche per i problemi di coordinamento interno tra i vari Parchi e di comunicazione di informazioni, sia tecniche che scientifiche. La ricerca sul web dei Parchi Archeologici è risultata molto più difficoltosa, perché non esiste un portale che raccolga tutte le Aree Protette e molti Parchi non possiedono un sito Internet o un indirizzo di riferimento, ma esclusivamente un numero telefonico. Data una tale situazione di partenza, non sorprende scoprire che la maggior parte dei Parchi Archeologici non possiede un Centro Visita, né che la percentuale di risposte ottenute da essi sia ferma al 10%. Se un Parco non ha interesse a pubblicizzarsi nel modo ormai più semplice ed efficace (Internet) e a rendersi disponibile per eventuali informazioni, difficilmente potrà compiere lo sforzo di ripensare se stesso e le proprie strutture e attività sulla base delle esigenze dei visitatori. Una tale differenza tra Parchi Naturali e Parchi Archeologici è legata alla loro diversa evoluzione nel corso degli anni. I Parchi Naturali hanno avuto un grande sviluppo nel corso degli anni '80, quando iniziò una vasta campagna finalizzata a sensibilizzare l'opinione pubblica sulle problematiche ambientali, che divennero molto attuali. In quegli anni, specialmente su iniziativa delle Regioni, sono stati creati nuovi Parchi e Aree protette e molti di essi hanno ricevuto consistenti fondi, insieme al riconoscimento, da parte dell'opinione pubblica, dell'importanza del loro ruolo (Migliorini 1999, 17). Sebbene lo sviluppo di Aree protette a livello regionale avesse creato non poche divergenze di metodologie e risultati, negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi verso una migliore pianificazione dei Parchi; momento fondamentale di questo percorso è stata l'approvazione del già citato D.L. 394/1991, che ha fornito un quadro comune per i Parchi e le Aree Naturali Protette (Vallerini 1996, 58). La maggior parte dei Parchi Archeologici, al contrario, è ancora molto lontana dall'elaborazione di una comune regolamentazione amministrativa e giuridica, e la situazione è ancora molto fluida (Zifferero 1999). Una possibile soluzione a questa disparità potrebbe essere l'estensione dello status di Area Protetta a tutte le evidenze storiche, archeologiche e culturali, riconoscendo la loro connessione con il patrimonio naturale e creando un unico sistema di aree protette. Questa soluzione potrebbe offrire l'opportunità di trasferire a tutte le Aree Protette alcuni aspetti generali del sistema di organizzazione e gestione dei Parchi Naturali, così da fornire una struttura all'interno della quale ogni tipo di area protetta possa sviluppare mezzi di gestione e promozione più adatti alla propria situazione particolare (Nuzzo 1999, 329-330). L'insieme di questi aspetti, quindi, spiega perché i Parchi Archeologici siano spesso privi degli adeguati mezzi di comunicazione e dei servizi di accoglienza per i visitatori, e perché la presente ricerca abbia avuto per oggetto quasi esclusivamente Parchi Naturali. Il campo in cui i Centri Visita italiani sembrano essere più attivi riguarda l'organizzazione di eventi e attività; se si esclude l'assenza di visite guidate nel 20% dei Centri, che consideriamo una mancanza piuttosto grave, gli altri tipi di attività sono piuttosto diffusi e testimoniano la vitalità e lo spirito di iniziativa di molti Centri Visita. Le iniziative promosse da alcuni dei Centri Visita sono piuttosto interessanti e originali, ma ciò che le connota positivamente è che sono spesso rivolte alla popolazione locale, segno che il Centro è interessato a coinvolgere la comunità nella vita del Parco, accrescendone la consapevolezza nei confronti della storia del territorio. Come accennato nel § 2, questo è un passaggio fondamentale nel processo di cambiamento delle Aree Protette da semplici "musei all'aperto" ad aree vitali e inserite nell'economia e nella vita sociale e culturale di un territorio. L'analisi della distribuzione degli spazi interni al Centro Visita ha mostrato le notevoli disparità presenti tra i diversi Centri. Alcuni di essi hanno a disposizione superfici di circa 1000 mq e possiedono tutte le strutture elencate nel questionario, mentre altri sono così piccoli da essere considerati poco più che Punti Informazioni e la loro auto-definizione di Centro Visita ci fa dubitare della reale comprensione e consapevolezza del concetto stesso. In media, tuttavia, la maggior parte dei Centri possiede almeno due diversi spazi, oltre a quello espositivo, e questo può essere considerato un risultato piuttosto positivo. I Centri Visita italiani forniscono invece un quadro piuttosto negativo per quanto riguarda gli strumenti di comunicazione. La loro scarsa varietà all'interno dei singoli Centri, associata alla netta prevalenza di mezzi tradizionali e statici, e quindi poco coinvolgenti nei confronti del visitatore, dimostra che soltanto pochi Centri investono le loro risorse in questo settore, che invece dovrebbe essere il primo ad essere sviluppato poiché costituisce la forma di comunicazione basilare dei Centri Visita. La qualità e la diffusione dei servizi offerti dai Centri Visita è, anch'essa, piuttosto scadente. Il dato più grave, tuttavia, riguarda la totale assenza (con l'eccezione del Centro Visita di Sabaudia nel Parco Nazionale del Circeo) di servizi appositi per persone non vedenti, che quindi vengono letteralmente escluse dal bacino di utenza dei Centri Visita. Una tale mancanza è estremamente grave, soprattutto in un periodo in cui tanto si sta facendo per attirare l'attenzione sugli ostacoli fisici che le persone portatrici di handicap si trovano a dover affrontare in numerose situazioni quotidiane. La situazione generale dei Centri Visita in Italia è quindi piuttosto eterogenea. Esistono grandi differenze tra i vari Centri, sia per quanto riguarda le loro dimensioni, sia per la qualità delle strutture e la comprensione dei compiti che questo tipo di istituzioni dovrebbe avere. L'origine anglo-americana del fenomeno e la sua recente diffusione in Italia, insieme alla tradizione legislativa italiana, che tende a concentrarsi sulla conservazione e a tralasciare la valorizzazione e promozione dei Beni Naturali e Culturali, spiega in parte perché stenti tanto ad affermarsi la consapevolezza della necessità di rendere le aree protette fruibili al maggior numero di persone possibile e, di conseguenza, della necessità di attivare strutture che consentano una reale comprensione del territorio del Parco e della sua storia. Dalle risposte ottenute, risulta che è ancora molto diffusa la concezione del Centro Visita come semplice punto informazioni, dove è possibile ottenere qualche informazione pratica e alcune notizie di base sul Parco. Soltanto in rari casi si riesce a percepire, da parte dei gestori, una reale comprensione dell'importante ruolo che i Centri dovrebbero svolgere nel supportare l'esperienza del visitatore e nel promuovere il Parco e le sue tematiche, ponendosi come punto di partenza per un migliore rapporto tra l'Ente Parco e le comunità locali. Sarebbe auspicabile che i Centri Visita più strutturati e consapevoli cercassero di diffondere, attraverso la pubblicizzazione della loro esperienza, il senso di una tale struttura e i risvolti positivi che il suo potenziamento potrebbe avere sia per del Parco che per l'economia e la società locali. Tutto ciò, al fine di promuoverne la crescita sul territorio nazionale. Molta strada deve essere ancora percorsa, ma la nascita di un dibattito sul tema dovrebbe essere il primo passo per dare visibilità al fenomeno e riconoscerne lo spessore culturale.
Bibliografia Baldacci, V. Il sistema dei Beni Culturali in Italia. Giunti, Firenze (2004). Belcher, M. Exhibitions in Museums. Leicester University Press, Leicester (1991). Binks, G., Dyke, J. and Dagnall, P. (Centre for Environmental Interpretation), Visitors Welcome. English Heritage, London (1988). Gross, M. and Zimmerman, R. Interpretive Centres: The History, Design and Development of Nature and Visitor Centres. James Heintzman Editor, Stevens Point (2002). I Parchi Archeologici nell'ordinamento italiano, www.regione.sicilia.it Migliorini, F., Moriani, G. and Vallerini, L. Parchi Naturali. Guida alla pianificazione e alla gestione. Aries, Padova (1999). Nuzzo, A. I Parchi per la tutela dell'ambiente antropizzato. In: Francovich R., Zifferero A. (a cura di), Musei e Parchi Archeologici, Atti Convegno. All'Insegna del Giglio, Firenze (1999). Peano, A. Parchi Naturali e Parchi Culturali: un'integrazione possibile. In: Francovich R., Zifferero A. (a cura di), Musei e Parchi Archeologici, Atti Convegno. All'Insegna del Giglio, Firenze (1999). Zifferero, A. Sistemi Museali: esperienze a confronto. La lunga strada per i Parchi Archeologici, www.ibc.regione.emilia-romagna.it Zifferero A. et al., Archeologia nel Parco. Archeo 210 (2002) 62-85.
Webgrafia www.ibc.regione.emilia-romagna.it www.parks.it www.regione.sicilia.it
Alice Del Re
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