Misure attive per la conservazione del patrimonio di biodiversità nei SIC del Parco Naturale Regionale.
Premessa Nel 2003 l'Unione Europea ha accolto un progetto LIFE Natura presentato dal Parco Regionale Colli Euganei ed ha attribuito all'Ente il finanziamento necessario ad attuare alcuni interventi di tutela e di valorizzazione di particolari e importanti habitat che in tutta l'area collinare del Veneto sono in fase di progressivo arretramento areale. Come è noto, LIFE è lo strumento tecnico-economico che la Direttiva Europea 43/92 (Direttiva Habitat) ha messo in campo per sostenere la conservazione di sistemi ecologici più rari e preziosi, e perciò ritenuti di interesse comunitario, e per consentire la tutela di specie vegetali ed animali rare che patiscono di qualche minaccia portata alla loro sopravvivenza. Negli ultimi anni il Parco si è prodigato, anche con propri fondi e ponendo in campo importanti risorse umane, ad attuare quanto previsto dal progetto. In particolare esso è finalizzato alla tutela di alcuni habitat di eccezionale interesse naturalistico (Allegato I della Direttiva 92/43), tra cui: • le "formazioni erbose secche seminaturali" (e facies coperte da cespugli) habitat 6210, riconducibili a Festuco-Brometalia (* caratterizzate da stupende fioriture di orchidee); queste formazioni, presenti soprattutto nell'area centrale dei rilievi euganei, in quelle contrade sono indicate col lemma vegri; • i boschi di roverella, corrispondenti all'habitat 91H0, "boschi pannonici di Quercus pubescens", attualmente minacciati nella continuità dei pregevoli assetti strutturali e di funzioni ecologiche dal venir meno delle cure gestionali legate all'interesse economico e colturale che un tempo li caratterizzava; • i residui castagneti da frutto, localmente indicati col lemma maronari, corrispondenti all'habitat 9260, "Foreste di Castanea sativa", che nell'area euganea sono portatori di spettacolari assetti scenici e di valori culturali, oltre che di rilevanti valenze naturalistiche; • Alcuni biotopi umidi (habitat 3150), da riqualificare e sistemare per renderli più fruibili ed impedire fenomeni di degradazione. Il Progetto mirava altresì alla tutela di alcune specie animali di altrettanto elevato interesse naturalistico e scientifico, come Falco peregrinus, tra gli uccelli, e Lucanus cervus e Cerambix miles, tra gli insetti. Esso prevedeva infine specifici interventi di ripristino ecologico, tra i quali alcuni da coordinare attraverso un apposito piano di gestione, i cui effetti dovevano essere controllati nel tempo attraverso uno specifico piano di monitoraggio. La tabella che segue riporta in forma assolutamente sintetica le azioni previste dal progetto e i finanziamenti ad esse attribuiti. Il Parco Regionale dei Colli Euganei L'Ente Parco venne istituito con la L. R. 10.10.1989 n. 38. Esso ha competenza su di un territorio di 18.694 ettari ripartito tra 15 Comuni della Provincia di Padova, popolato da circa 50000 abitanti. I compiti dell'Ente Parco, sanciti dalla Legge Regionale, vanno dalla salvaguardia naturalistica, storica ed ambientale del territorio Euganeo alla promozione, anche mediante sostegni tecnico-finanziari, delle attività economiche tradizionali compatibili con la conservazione dell'ambiente storico e naturalistico dei Colli Euganei. Il Parco è un Ente di diritto pubblico; è retto dal Presidente, dal Direttore e dal Consiglio del Parco, formato dal sindaco o suo delegato per ciascun comune, da 3 membri designati dal Consiglio provinciale di Padova e da 3 membri dal Consiglio Regionale*. È previsto anche un Comitato Esecutivo composto da 6 membri oltre al Presidente del Parco. Gli strumenti che il Parco dei Colli Euganei utilizza per il governo del proprio territorio sono: • Il Piano Ambientale, cui sono affidate le linee di tutela e di valorizzazione dell'ambiente e dei sistemi ecologici, il sostegno dello sviluppo economico e sociale della popolazione residente nello spirito della sostenibilità, e l'individuazione delle zone cui vengono applicati gradi diversi di tutela: le zone ad urbanizzazione controllata (UC), le zone agricole (E), le zone di riserva naturale orientata (RNO) e le zone di riserva naturale integrale (RNI). • I Programmi Biennali, che individuano le opere e le iniziative che l'Ente intende realizzare e promuovere in quell'arco di tempo e le relative fonti di finanziamento; ai suoi fini l'Ente Parco destina le risorse finanziarie assegnate dalla Regione, i contributi dei Comuni del comprensorio Euganeo e gli finanziamenti ottenuti, su progetto, dall'Unione Europea. • Il Regolamento Amministrativo del Parco, che ne disciplina l'attività ed il funzionamento. • Altri Regolamenti che normano specifiche attività, come la raccolta dei funghi e della flora spontanea. Il Parco, fin dalla sua istituzione, ha sviluppato iniziative di sviluppo sostenibile in collaborazione con la Regione Veneto e con le aziende agricole, e ha promosso ed attuato interventi per la valorizzazione e la manutenzione dei boschi, il recupero dei sentieri e lo sviluppo del turismo naturalistico e culturale, in buona parte legato alle note proprietà delle acque termali. Il territorio euganeo è stato designato Zona di Protezione Speciale (ZPS) e Sito di Importanza Comunitaria (SIC) con l'originaria denominazione: Colli Euganei, Monte Lozzo e Monte Ricco, oggi confluiti in un unico corpo con la dicitura "Colli Euganei". L'attuale perimetrazione non pare tuttavia ancora del tutto adeguata ai fini della migliore tutela naturalistica; alcune aree umide importanti per la biodiversità sono rimaste all'esterno dei siti di Natura 2000, mentre, per la sua configurazione, sono inclusi all'interno diversi nuclei abitati ed aree urbanizzate, che sono pericolose tare alla buona funzionalità delle aree protette. Con questa nota si desidera porre in evidenza le particolarità del progetto e il percorso seguito per definire i criteri e i metodi stabiliti per gli interventi, soprattutto per quelli a carico dei vegri, ed illustrare altresì come la singolare forma di gestione pianificata di questi habitat abbia posto alcuni problemi di inquadramento ecosistemico del territorio euganeo, in una certa misura connessi alle sue caratteristiche strutturali e ambientali. L'ambiente euganeo Il territorio dei Colli Euganei, i cui rilievi sono interamente inseriti nell'omonimo Parco Regionale, è provvisto di singolari caratteristiche che lo rendono unico sotto il profilo ambientale e naturalistico, ma anche sotto quello paesaggistico e storico-culturale, in quanto sede di antichissima occupazione umana. Scriveva Lucio Susmel :«I Colli s'elevano come isole nel mare della pianura […]. Pur non essendo monti, chi li guarda dal piano ne coglie l'altezza che appare ben superiore a quella loro reale […] ». In effetti solo la cima più elevata degli Euganei, tra i cento e più colli tra maggiori e minori, supera la soglia convenzionale che distingue le colline dalle montagne: nei quasi 22.000 ettari da essi occupati nella provincia padovana a meridione del capoluogo, il Monte Venda supera di poco il limite dei 600 m; delle altre cime, solo un paio (Baiamonte, Monte della Madonna) superano i 500 m. La loro genesi è il risultato di eventi geologici svoltisi tra l'Eocene superiore e l'Oligocene inferiore. Circa 45 milioni d'anni fa, una prima fase vulcanica causò l'eruzione di lave basaltiche che si depositarono sul fondo del mare, mescolandosi alle rocce sedimentarie che si stavano formando. Dieci milioni d'anni più tardi vi fu una seconda e più intensa fase eruttiva, caratterizzata da lave più viscose e ricche di silice, prevalentemente riolitiche e trachitiche, alla fine della quale i Colli emersero dal mare. Anche se la forma dominante dei rilievi è quella di corpi conici dai versanti ripidi, da cui si deduce chiaramente l'origine vulcanica, numerose sono le alture dal profilo ondulato dove dominano facies sedimentarie, con il Rosso ammonitico, un calcare nodulare rossastro, ricco di macrofossili, risalente al Giurassico, i più recenti calcari chiari e compatti del Biancone, la meno compatta e stratificata Scaglia rossa e, infine, i calcari fittamente fogliettati, le cosiddette Marne euganeee, al cui interno si trovano fossili di diversissima natura, compresi resti vegetali che testimoniano i primi collegamenti tra i Colli che si stanno organizzando nei bassi fondali marini e la vicina terraferma, già colonizzata da piante e da animali. Il sistema dei Colli è singolarmente povero di acque. Le precipitazioni, pur variando d'altezza da un settore all'altro del complesso collinare, si assestano mediamente intorno ad 800 mm annui, di cui gran parte defluisce con ruscellamento superficiale per l'accentuata pendenza dei versanti e per la scarsa permeabilità dei suoli generati dalle marne, dai tufi e dai materiali argillosi derivanti dall'alterazione delle rocce vulcaniche. L'infiltrazione avviene nelle coltri sedimentarie al piede dei versanti o lungo le fessurazioni, per altro abbondanti, che interrompono la compatta continuità delle rocce. Scarse, circa un'ottantina, sono, di conseguenza, le sorgenti fredde permanenti. Estraneo a manifestazioni di vulcanesimo secondario e, con ogni probabilità, legato alla circolazione in profondità di acque provenienti dalla dorsale prealpina, appare il fenomeno, noto in tutto il mondo, del termalismo euganeo. Durante le glaciazioni, e, in particolare durante l'ultima acme würmiana, gli Euganei, a differenza delle vicine Alpi, non sono stati invasi dai ghiacci e di conseguenza sono stati un'isola di rifugio per molte specie termofile, insediatesi nel nord Italia durante fasi climatiche più calde. Per la morfologia, per la varietà dei suoli che si originano dalla roccia madre e per le vicende climatiche che li hanno caratterizzati, i Colli sono oggi un sito assolutamente interessante per la varietà degli ambienti e dei paesaggi che si possono osservare e per la numerosità delle specie e delle comunità che vi si possono incontrare. Su essi però incidono pesantemente molteplici minacce da cui vanno in qualche modo salvaguardati. L'uomo porta sicuramente le minacce più pericolose. Esse partono da tempi lontani, quando ai primi insediamenti stanziali, e dunque stabiliti sulla base delle nuove esigenze di un sistema sociale organizzato sull'agricoltura, fece seguito una vivace crescita demografica e l'occupazione progressiva delle terre migliori, più fertili e più salubri. Il margine tra pianura e collina è, in tal senso, il luogo migliore. I Colli Euganei sono dunque intrisi di storia. Sono stati il cuore della colonizzazione paleoveneta, iniziata almeno mille anni prima di Cristo, e sono stati teatro dello sviluppo di una civiltà che ha saputo coniugare sapientemente lo sfruttamento del suolo con la lavorazione dei metalli e col commercio. In tal senso Este può essere presa a simbolo del rapporto tra uomo e territorio. Anche Roma, nei secoli della sua dominazione, si è rivolta con particolari attenzioni ai Colli, ne ha sfruttato le potenzialità produttive e le risorse termali e ne ha ornato le pendici con dimore che sono ancor oggi segno dell'apprezzamento per il paesaggio e la salubrità di queste terre. Anche dalle attenzioni e dalle tecniche agricole che si sono via via sviluppate sugli Euganei, spesso con marcate differenze rispetto a quelle messe in atto nelle terre del piano circostante, si è originato, in sinergia con i molteplici stimoli portati dall'ambiente microclimatico e pedologico, il fantastico mosaico di boschi e campi, non di rado fino ai limiti superiori, che siamo abituati a vedere sui piccoli rilievi padovani. È un miscuglio, quasi sempre scenicamente gradevolissimo, di naturalità, a volte quasi selvatica, e di ordine geometrico delle colture. Interposti tra questi due estremi, i Colli offrono allo sguardo anche una varietà spettacolare di ambienti di transizione, o "ecotoni", quali, ad esempio, i margini arborescenti del bosco verso i campi o le praterie, le siepi, che per molti versi imitano questo confine tra la foresta e gli spazi aperti, oppure le adiacenze di un biotopo umido contese tra acque e terra, o le pareti rocciose strapiombanti su cui si inerpicano alberelli, cespugli ed erbe, spesso rare e tutelate. Si tratta dei sistemi, o dei luoghi, in assoluto tra i più interessanti e ricchi di specie particolari di flora e di fauna, provvisto di una varietà e di una ricchezza di biodiversità che altrove non raggiunge pari consistenza, ma che pure non trovano riferimenti nell'elenco degli habitat di Rete Natura 2000, per comprensibili motivi di ordine topografico e cartografico, trattandosi di superfici spesso troppo modeste per poter essere convenientemente cartografate. Come contrastare le minacce insite nei cambiamenti della società e del territorio Questo mosaico ecologico-ecosistemico e questi confini, disegnati nei secoli, fino ad anni relativamente recenti, sulla base di un implicito bilancio della convenienza colturale computato tra possibili utili e sicura fatica, e del rischio insito nel porre a coltivazione terre difficili e di incerta produttività, sta ora subendo profonde trasformazioni. La tecnologia sviluppata a sostegno dell'agricoltura ai giorni nostri offre infatti strumenti che rendono coltivabili terreni fino a ieri assolutamente trascurati. La disponibilità d'acqua addotta con sistemi a basso costo fin nei siti più lontani e assolati, consente di sostenere la coltivazione di piante ritenute incompatibili con luoghi d'assetto assolutamente xerico. Il mercato, infine, sta esaltando il valore di generi merceologici e di varietà colturali che ora vengono dette di nicchia e sta sottolineando la specificità di sapori e di altre qualità organolettiche certificati e riferiti a siti di produzione anche di modestissime estensioni. Tutto ciò, in sinergia, ha reso appetibile alle aziende sistemi ambientali che fino a ieri erano ritenuti tare per l'economia dell'impresa agricola. Ne subiscono danno soprattutto i sistemi xerici, e in particolar modo i vegri, che vengono scoperti come luoghi ideali per la produzione viticola, e in particolare dei vini rossi di pregio, ma anche per l'olivicoltura, che sta riscoprendo gli Euganei, dai quali era stata quasi cancellata dal gelo nell'inverno 1984-85, come luogo per produzioni d'eccellenza. La Direttiva Habitat è stata concepita per contribuire fattivamente alla "conservazione degli habitat naturali o seminaturali e della flora e della fauna selvatiche" anche mediante la conservazione di ambienti non più integri, ma occupati o coltivati dall'uomo, pur se con tecniche che conducono, in sostituzione di quelli naturali, a validi equilibri colturali. Si tratta, dunque, di una filosofia di conservazione particolarmente adattabile al caso nostro degli habitat dei Colli, il cui pregio naturalistico è coesistito con una secolare gestione antropica; in taluni casi, anzi, esso è il risultato dell'applicazione di tecniche colturali che creano o mantengono ambienti idonei ad alcune specie di particolare pregio naturalistico e dal cui venir meno verrebbero danni certi alla locale biodiversità. Il progetto LIFE Natura LIFE03NAT/IT/000119 LIFE Natura è dunque lo strumento finanziario con cui l'Unione Europea cofinanzia, all'interno dei SIC e delle ZPS, progetti mirati al ripristino o alla salvaguardia degli habitat citati in Direttiva, ovvero a conservare o a ricreare uno status di conservazione favorevole alle specie di particolare interesse naturalistico. Il progetto Life del Parco Colli ha individuato gli habitat più significativi ed importanti ai fini della tutela della natura e del paesaggio dell'area, riconoscendo l'urgenza di alcuni interventi di conservazione e di ripristino. L'obiettivo generale del progetto è "arginare e rimodulare l'incidenza delle attività antropiche (produttive o ricreative) rendendole armoniche con l'evoluzione naturale degli ambienti e finalizzando i processi al mantenimento di un elevato grado di biodiversità". Gli obiettivi specifici ed i risultati attesi si riconducono al contenimento delle minacce più pericolose, ed in particolare: • la progressiva riduzione delle superfici di formazioni erbose seminaturali imputabile all'abbandono delle pratiche di sfalcio e di manutenzione dei vegri; • l'alterazione e l'impoverimento della struttura dei boschi di Quercus pubescens conseguenti al perdurare della storica, intensa ceduazione, alla diffusione di specie alloctone e maggiormente competitive quali la robinia e l'ailanto; • la perdita di valore ecologico delle residue zone umide riconducibile al loro improprio utilizzo, alla mancanza di un'accurata manutenzione, a fenomeni di inquinamento ed eutrofizzazione delle acque; • l'alterazione e l'impoverimento della struttura dei boschi di castagno da frutto causato dall'abbandono colturale e dalla tendenza alla trasformazione delle formazioni ad alto fusto in ceduo; • il disturbo portato alle popolazioni di Falco pellegrino a seguito delle attività sportive che si praticano nel sito in cui si è ripetuta, di recente, la nidificazione della specie. Le azioni e le attività mosse dal progetto hanno riguardato: • una approfondita attività di preliminare ricognizione dello stato dei sistemi, premessa (momento zero) al piano di monitoraggio; • la stesura di un rigoroso modello di valutazione del rischio, base per la definizione del Piano di Gestione relativo alle formazioni erbose e alle zone umide • la redazione del piano di gestione, calibrato appositamente su ogni sito in cui vi è presenza degli habitat di progetto; • lo sviluppo e l'applicazione del piano di monitoraggio; • l'applicazione del preesistente "Progetto Boschi" per il recupero dei boschi di roverella e dei boschi di castagno; • l'acquisto di Rocca Pendice, sperone roccioso adibito a palestra d'arrampicata, sulla cui parete il Falco nidifica da alcuni anni. In dettaglio, le azioni di "gestione saltuaria" previste dal piano hanno riguardato: • per i brometi (habitat 6210): l'eliminazione della vegetazione arbustiva ed arborea invasiva e la realizzazione di protezioni e recinzioni; • per le zone umide: l'eliminazione dei rifiuti e della vegetazione infestante; • la realizzazione di piccole opere idrauliche e di ingegneria naturalistica per la regimazione dei flussi idrici e il contenimento di dissesti; • la realizzazione di passerelle e staccionate; • per i boschi di Quercus pubescens: la conversione a fustaia transitoria o fustaia, attraverso selezione dei polloni e diradamento; • pulizia dei siti con l'eliminazione delle specie alloctone; • sottopiantagioni con specie arbustive ed arboree autoctone; • per le foreste di Castanea sativa: salvaguardia di alcuni grandi esemplari arborei ("maronari") di elevato pregio ambientale e paesaggistico con interventi straordinari di potatura e di manutenzione con le tecniche del tree climbing. La "gestione periodica" ha invece compreso: • per le formazioni erbose seminaturali: sfalci periodici per controllare lo sviluppo di specie infestanti e di giovani arbusti; • per i boschi di roverella: il monitoraggio dell'efficacia degli interventi realizzati e la reiterazione delle pulizie del sottobosco; • per le zone umide: la verifica dell'integrità dei lavori svolti e dell'efficienza delle opere idrauliche, la reiterazione della pulizia degli alvei e delle sponde; • per i castagneti: l'eliminazione dei polloni e l'eventuale aggiustamento delle chiome. Gli interventi tecnici sono stati completati dall'attività di "sensibilizzazione e divulgazione dei risultati" che ha previsto la pubblicazione sul sito internet del Parco di una sezione specifica dedicata al progetto, la realizzazione di pannelli informativi didattici da esporre presso i siti dove si sono realizzati gli interventi e nei comuni del Parco, la redazione della presente pubblicazione e di alcuni articoli scientifici sui risultati dell'iniziativa. Il progetto Life-Natura "Salvaguardia di habitat di interesse ecologico nei Colli Euganei" ha dunque previsto la stesura di un Piano di Gestione per alcuni habitat in modo che potessero essere il più possibile conciliate le fondamentali esigenze di conservazione (o di potenziamento) della locale biodiversità sancite dalla Direttiva europea con le sacrosante attese di economia e di benessere espresse dalla locale popolazione. Gli habitat sottoposti a pianificazione sono stati: • le formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) con fioritura di orchidee (cod. 6210), che si estendono su circa 13% dell'area euganea; • i boschi pannonici di Quercus pubescens (cod. 91H0) estesi su circa 19% dei Colli; • le formazioni erbose rupicole calcicole o basofile dell'Alysso-Sedion albi (cod. 6110) che, pur interessando molto meno di 1% del territorio del Parco, sono tuttavia uno dei campioni di questo habitat probabilmente più interessanti e ben conservati d'Europa. Altri sistemi ecologici, pur se non inseriti nel novero di quelli prioritari a livello europeo, hanno assoluta importanza naturalistica sia per la loro rarità nell'ambiente euganeo, sia per la ricchezza di specie cui danno ricetto. Tra questi ci sono le zone umide e i già ricordati boschi di castagno, qui in forma di castagneti da frutto provvisti di molti spettacolari esemplari centenari e di imponenti dimensioni. Gli habitat interessati dal progetto e dal piano di gestione L'habitat che forse più d'ogni altro contraddistingue la natura dei Colli e la loro storia colturale, e forse anche quello più spettacolare per le ricche fioriture primaverili di orchidee, sono i vegri. Se ne incontrano molte varianti, perlopiù legate alla presenza di cespugli che ne interrompono la continuità delle cotiche erbose che occupano, spesso in maniera discontinua, i suoli magri e aridi, soprattutto lungo i displuvi dell'area centro-meridionale euganea. Sulla conservazione delle orchidee rare (ottime quali bioindicatori), che è uno dei principali obiettivi del Progetto LIFE, è stato pianificato e organizzato l'impegno del Parco, che prevede interventi di recupero e di riqualificazione funzionale attraverso periodici sfalci e decespugliamenti. Queste praterie, fino ad oggi non destinabili ad alcuna altra funzione se non al pascolo, in assenza di una gestione attiva che simuli o supplisca al pascolamento, sono destinate a regredire verso situazioni meno ricche e interessanti in termini di biodiversità vegetale. In realtà i cosiddetti "vegri", termine di indubbio fascino semantico, sono qualcosa di più di un habitat o, meglio, sono un habitat complesso, con più componenti che si associano in obbedienza alla microvariabilità dei suoli o delle forme del versante, come praterie discontinue, tratti con cotici densi e appressati, cespuglieti radi e alberelli. Essi generano un mosaico articolato di grande fascino estetico, che peraltro risponde assai bene alla definizione data dalla Commissione Europea. Le spettacolari fioriture di alcune specie di orchidee (alcune entità sono decisamente rare e figurano in lista rossa; una specie è ritenuta di interesse comunitario e dunque è inserita nell'allegato II della Direttiva, Himantoglossum adriaticum), giustificano sicuramente la complessità degli interventi di tutela. Questi interventi non potranno però esaurirsi col venir meno delle risorse finanziarie oggi elargite dall'Unione grazie al progetto Life-Natura. Vi è assoluta consapevolezza da parte del Parco Colli che per conservare tale patrimonio di biodiversità e di paesaggio è fondamentale la collaborazione di tutta la comunità locale e l'educazione di quanti, a vario titolo e nella molteplicità di modi e di comportamenti, vivono questa terra o frequentano questi luoghi. Meno appariscente, e dunque anche poco considerato da chi percorre i Colli alla scoperta della loro spettacolare natura, è un altro habitat prioritario che occupa limitatissime superfici erboso-rupestri anche quando esse sono state generate da tradizionali utilizzazioni, di tipo non intensivo. Si tratta delle "formazioni erbose rupicole calcicole o basofile dell'Alysso-Sedion albi. La concentrazione di rarità botaniche che si apprezza in questo habitat, per altro limitato alla cresta sommitale di un colle, il M. Ceva, ha pochi riscontri altrove e la natura stessa delle rocce, silicee, ma non povere di minerali basici, nonché le condizioni del suolo (sempre molto superficiale con scarse, o nulle, prospettive evolutive) e del microclima (molto caldo e con forti escursioni termiche, accentuazione di aridità favorita dalla posizione sommitale) giustificano lo straordinario interesse geobotanico che suscita il luogo (in questo caso, peraltro, da considerare di elevata naturalità). Oltre alle piante grasse del genere Sedum, le specie dominanti e caratteristiche sono soprattutto il semprevivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum) e un fico d'india nano e naturalizzato (Opuntia humifusa). Assai complesso è invece il quadro interpretativo delle formazioni arboree. I boschi rappresentano, com'è noto, lo stadio di vegetazione più maturo nell'evoluzione ecosistemica progressiva di un sito, e grazie alla durata del processo che presiede alla sua formazione, il bosco è anche la cenosi in grado di trasmettere il maggior numero di informazioni al riguardo dell'ambiente e dei suoi cambiamenti. I Colli Euganei sono stati sottoposti a utilizzazioni intensive che hanno profondamente modificato la struttura originaria dei loro boschi. Benché più volte quasi annullati, se non dissodati, questi sistemi hanno ripetutamente quasi recuperato le forme e le dimensioni originarie, pur adattandosi alle mutate condizioni d'ambiente. A parte i settori più degradati e spesso occupati da specie esotiche, come la robinia, i taxa autoctoni, come il castagno e le querce, sono sicuramente quelli che danno forme e colori ai boschi e alle boscaglie euganee. Il codice di Natura 2000 n° 9260 identifica l'habitat corrispondente ai castagneti, componente determinante del paesaggio dei Colli, carico di storia in cui le vicende antropiche hanno segnato incisivamente quelle naturali. L'idea di recuperare alcuni dei castagneti da frutto, o maronari, almeno quelli più accessibili e meglio conservati, alle loro antiche funzioni, trova una duplice motivazione, poiché coniuga i residui valori naturalistici (il castagneto accoglie una particolare e importantissima componente della biodiversità locale, floristica e faunistica) con le radici della tradizionale economia agricola euganea (basata sulla coltivazione della vite e dell'olivo), il cui pregio storico-antropico è recepito dalle direttive comunitarie. Il codice 91H0 è stato attribuito ad un habitat prioritario, e dunque di valore eccezionale, in cui rientrano le formazioni a prevalenza di roverella, la quercia più diffusa sui Colli. L'esatta denominazione è "* boschi pannonici con Quercus pubescens". I boschi termofili di querce caducifoglie sono un'espressione tra le più importanti del paesaggio collinare dell'area submediterranea. Purtroppo essi hanno subito, nei secoli, una significativa riduzione di consistenza a causa della messa a coltura delle migliori stazioni forestali, dell'espansione degli abitati e delle infrastrutture che hanno frammentato gli habitat naturali inducendovi incisivi e evidenti fenomeni di inquinamento. Quercus pubescens condivide il territorio con Quercus petraea, la rovere. Le due specie non sono perfettamente separate e si osservano in natura popolazioni con caratteri intermedi tra l'una e l'altra che non rientrano nella classica tipologia degli ibridi, ma che investono relazioni genetiche complesse da cui si sono segregate stirpi che potrebbero meritare un nome proprio. Il progetto LIFE mira a migliorare e a recuperare questi boschi, che sono l'espressione più efficace e completa della vegetazione potenziale, ovvero climatogena, sensu Pignatti, o climacica. Essi, per altro, offrono l'habitat ideale per un numero veramente eccezionale di specie vegetali ed animali; sono, cioè, il sostegno vero della biodiversità di questa terra.La logica del piano di gestione Il tema della fragilità degli ecosistemi naturali (o seminaturali) che deriva dallo sviluppo di attività umane incompatibili con la natura dei luoghi e dunque capaci di provocare profonde trasformazioni della struttura del territorio e dei suoi ecosistemi non ha bisogno di approfondite ricerche per essere compreso nei suoi aspetti salienti. Va solo sottolineato che anche l'abbandono colturale, cui sempre fa seguito la ri-evoluzione del paesaggio verso assetti naturalmente più equilibrati, deve essere collocato tra le cause più preoccupanti di cambiamento ecosistemico (e sociale) e di perdita di valore biologico-naturalistico e paesaggistico-culturale. Questo è anche il caso dei vegri, habitat a codice 6210, che fino a ieri sono stati mantenuti nella loro piena funzionalità e nella spettacolare struttura compositiva grazie ai periodici interventi di sfalcio o per mezzo del pascolamento. Sulla base di questa osservazione si è inteso ri-visitare alcuni dei principi fondanti la pianificazione ecologica del territorio, in modo che l'analisi e l'interpretazione del paesaggio e dei suoi ecosistemi, che sui Colli Euganei, si è visto, hanno intima essenza antropogena, possano mettere in risalto il valore, o i valori, che questi sistemi possiedono in ragione e in connessione con le attività colturali che nel tempo li hanno plasmati. Si è fatto dunque riferimento alla cosiddetta scienza del rischio, ormai d'uso corrente nelle discipline che danno fondamenti tecnici alla gestione del territorio e dei suoi problemi, a sua volta figlia della teoria della vulnerabilità concepita e sviluppata all'indomani delle tragiche vicende che colpirono il Friuli nel 1976. Rischio e Vulnerabilità sono concetti esplorati dalla scienza sin dai primi anni '80, quando si tentò, attraverso la sua quantificazione, di interpretare gli eventi sociali, economici e territoriali che travagliarono il Friuli colpito dal terremoto (R. Strassoldo, 1984). Oggi gli stessi concetti si impiegano in idraulica (laddove si tratta di sicurezza per la gente e di rischio per il territorio) e, soprattutto, in ecologia, discipline nelle quali essi vengono adattati per interpretare e gestire, ad esempio, il cambiamento di assetti paesaggistici, ecosistemici e colturali conseguenti all'abbandono della montagna. Il criterio guida si basa sulla determinazione, per quanto possibile quantitativa, della dimensione del danno che verrebbe alla collettività (o ad un qualunque altro soggetto) se essa perdesse le risorse utili di un sistema territoriale a causa del verificarsi di un evento negativo. Ovvero del realizzarsi di una situazione di rischio. La dimensione del "rischio" infatti è commisurata alla perdita di valore e dipende da: • la pericolosità delle azioni capaci di produrre degrado nella struttura o nel funzionamento del sistema, • il valore attribuito alle componenti del sistema (territoriali o naturali) che sono sottoposte al pericolo (elementi a rischio), • la vulnerabilità di questi elementi sottoposti a rischio. La pericolosità (p) si può esprimere come la probabilità che accada un fenomeno, naturale o generato dall'uomo, capace di produrre un danno. In termini statistici essa è definibile come la frequenza attesa di accadimento di un dato evento calamitoso. Essa dipende dunque anche dalla struttura del territorio e dalle attività che vi si sviluppano.Le aree o i sistemi interessati da fenomeni capaci di arrecare danno sono vulnerabili, cioè soffrono di una specifica vulnerabilità (V). Ciò significa che quando si verifica l'azione di un generatore di rischio, ogni componente a rischio può riportare un danno, la cui dimensione dipende dalla sua sensibilità. La vulnerabilità (V) misura questa attitudine a subire un danno, e più precisamente indica qual è l'aliquota del sistema (o della componente sistemica) a rischio che viene danneggiata. Tale quantità viene di solito dimensionata con un numero compreso tra 0 (nessun danno) ed 1 (perdita totale). Il danno (D) che il sistema può subire dipende dal valore che esso possiede (ecologico, ambientale, economico, sociale ecc). Per comprendere come sia stata attribuita una dimensione (magnitudo) a ciascuno di questi elementi di calcolo del rischio si veda il paragrafo "il metodo passo – passo", che chiude l'appendice di questo contributo. Stanti queste definizioni, con le debite semplificazioni, risulta che il rischio (R) è la grandezza che lega tra loro pericolosità (p), danno potenziale (D) e vulnerabilità (V) secondo la relazione: R = D * p * V È dunque importante, per la tutela programmata di un territorio ricco di risorse (naturali, colturali, ambientali, ecc) d'elevato valore, individuare i fattori che le possano mettere a rischio, stabilirne
Franco Viola Cesare Lasen Roberto Masin Tommaso Sitzia
|