In sé sono semplici grotte scavate nel tufo. Nell'insieme sono la più eclatante esperienza di recupero urbano del Mediterraneo: un sistema di habitat che coniuga sapiente gestione delle risorse e vivere comunitario dove i rapporti sociali avevano spazi per esprimersi e sviluppare un rapporto armonico con l'ambiente.
Un'esperienza di successo
Matera è una città simbolo per la cultura italiana. E' celebre per i suoi Sassi: una intera città scavata nella roccia di calcarenite, localmente chiamata tufo. I Sassi costituiscono un sistema abitativo primordiale abbarbicato lungo i pendii di un profondo vallone dalle caratteristiche naturali singolari e grandiose, la Gravina. Rappresentano la persistenza nel tempo di un passato preistorico, ma qui ancora presente nei meandri cavernosi e nei labirinti sotterranei che si estendono al di sotto delle strutture edificate. La scarsità delle risorse, la necessità di farne un uso appropriato e collettivo, l'economia della terra e dell'acqua, il controllo delle energie del calore e del sole hanno guidato l'organizzazione dei Sassi di Matera. L'azione dell'uomo non ricalca semplicemente l'ambiente, ma lo trasforma in una stratificazione di interventi basati sulla gestione armoniosa dello spazio. Il sistema urbano è rimasto pressoché intatto fino al secolo scorso. Nell'epoca moderna scompare la capacità di gestione comunitaria delle risorse ambientali e ne consegue la distruzione della rete di raccolta idrica, la saturazione e la promiscuità abitativa. Negli anni '50 a causa di queste condizioni di degrado i Sassi di Matera vengono definiti "vergogna nazionale" e tutti i 20.000 abitanti sono trasferiti in nuovi quartieri. Le case abbandonate passano di proprietà dello Stato e vengono murate per impedire che siano nuovamente occupate. I Sassi di Matera divengono così una città morta: il più grande centro storico completamente deserto d'Europa. Le 3.329 abitazioni censite dalla commissione di studio del 1952 per una superficie di circa 300.000 mq. non più abitate e aerate degradano rapidamente e crolli e furti coinvolgono anche le chiese scavate nelle rocce decorate da splendidi affreschi medievali. A seguito della mobilitazione di uomini di cultura nel 1986 lo Stato italiano vara una legge speciale che stanzia 100 miliardi di lire per il restauro dei Sassi da utilizzare per opere di risanamento e urbanizzazione e per dare incentivi ai privati perché tornino ad abitarvi. Il finanziamento è affidato al Comune di Matera a cui vengono date in concessione tutte le proprietà dello Stato che costituiscono la più larga parte dei Sassi.
Nel 1993 i Sassi sono inseriti come primo centro del Sud d'Italia nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Unesco e diventano meta del turismo nazionale e internazionale. Diventano innumerevoli le richieste di tornare ad abitarvi e il prezzo delle case e delle grotte ancora private si moltiplica per 10 e poi per 100. Il Comune di Matera dota i Sassi di rete idraulica, fognaria, gas, elettricità e telecomunicazioni ponendo le premesse di un esteso uso abitativo. Oggi oltre 4.000 abitanti sono tornati a vivere nei Sassi e sono in corso di restauro abitazioni per una capienza complessiva di 8.000 abitanti. I Sassi di Matera divengono così la più importante esperienza di recupero urbano del Mediterraneo. I 100 miliardi di lire della legge sono ormai spesi. Il loro uso ha mobilitato una cifra pari di risorse private e stanziamenti aggiuntivi statali e dell'Unione Europea quasi doppia. La domanda di uso dei Sassi sia per abitarvi sia ad uso alberghiero e da parte di istituzioni di prestigio come Università, Musei, Centri Internazionali è sempre crescente. Tuttavia le scelte di concessioni non sono sempre improntate alla valorizzazione culturale e si moltiplicano le licenze per pub e locali turistici. I Sassi divengono appetibili per residenti attratti dal valore economico e non dalle caratteristiche culturali. Nuovi abitanti non più interessati al mantenimento delle qualità storiche ed ambientali si oppongono alla pedonalizzazione, e impongono la realizzazione di parcheggi e interventi di ristrutturazione che stravolgono le qualità originarie. Matera costituisce un'esperienza di successo, ma proprio in quanto tale, presenta nuove e impellenti problematiche.
Problematiche della gestione
La legge speciale dei Sassi era basata sulla necessità di promuovere il riuso di un bene da tutti abbandonato, mentre oggi la situazione è rovesciata. I Sassi sono oggetto di un processo di sviluppo turistico e abitativo autopropulsivo non controllato. E' necessaria la pianificazione di come i Sassi possano divenire città e parte integrante della città. Occorre effettuare tramite una consulta nazionale il continuo controllo delle procedure di recupero, il riesame della complessa situazione delle concessioni e delle proprietà, la risoluzione dei problemi legati all'inserimento di servizi, trasporti e infrastrutture. Per questo i Sassi necessitano di un Piano di Gestione che parta dall'analisi dei valori riconosciuti dall'Unesco e persegua il progresso urbano garantendo la trasmissione del bene alle generazioni future.
Gli elementi determinanti nel riconoscimento Unesco sono i valori di funzionalità ed armonia ecologica, il passato lontano, le radici ipogee e nascoste. Si tratta di segni delicati e fragili che lo stesso abbandono aveva sempre più messo in pericolo. Le stesse chiese rupestri, momenti più direttamente riconoscibili come patrimonio, mentre un tempo erano soggette all'attenzione degli abitanti con lo svuotamento dei Sassi divenirono preda di saccheggi. Con l'arrivo dei finanziamenti, al danno dell'abbandono si aggiunse quello del recupero che, nel 1993, era ancora realizzato tramite la pompa a cemento con cui si intendeva attuare il consolidamento attraverso iniezioni e ferro nella calcarenite. Pratiche particolarmente nocive, sia perché il cemento con il calcare non lega e lo stesso ferro con il tempo si arrugginisce e si disgrega, sia perché la pompa, in presenza di cavità, continua a immettere cemento riempiendo gli ambienti sotterranei e creando carichi pericolosi. Anche interventi di recupero più attenti realizzati con conci di tufo non sono spesso idonei per il tipo di materiali, la cura delle tonalità, la protezione delle patine antiche. I nuovi conci di tufo sono diversi da quelli antichi per taglia e per modalità di reazione al clima e l'uso di vernici sintetiche modifica le caratteristiche di traspirazione, i colori e la formazione di patine. I tufi utilizzati nella tradizione erano lasciati invecchiare prima della messa in opera per permetterne una maturazione alle intemperie che li induriva e creava superfici resistenti agli agenti atmosferici e quelle tonalità grigie che sono la caratteristica tipica delle costruzioni antiche dei Sassi. Gli stessi licheni, se nocivi, potrebbero essere semplicemente devitalizzati senza operare una abrasione profonda che mette in pericolo le strutture esponendo gli strati teneri della calcarenite e distrugge l'aspetto mimetico e in armonia con l'ambiente naturale tipico dei Sassi. In alcuni casi gli interventi sono stati direttamente distruttivi come la copertura con il cemento di trame di sepolture medievali considerate di scarsa importanza. L'iscrizione Unesco ha sancito una nuova visione: i Sassi di Matera sono valore nella complessità delle singole componenti. Esse in sé sono semplici conci di tufo, povere grotte scavate, comuni tombe barbariche o abitazioni popolari, ma è nell'insieme che può cogliersi la eccezionalità e definirne il significato, comprensione indispensabile per individuare i valori da conservare e restaurare.
L'antica sapienza idrica
La logica vincente della candidatura di Matera nella lista del Patrimonio dell'Umanità è stata quella di rileggere i Sassi ricercandone le radici lontanissime. Collocare Matera nei fenomeni culturali parte del mondo arcaico mediterraneo. Confrontarla a quei sistemi di habitat tipici di tutto il bacino mediterraneo, delle sue isole e penisole dove le condizioni climatiche ad andamento alterno e catastrofico, con precipitazioni concentrate in pochi mesi dell'anno e stagioni aride, impongono una gestione accurata della risorsa acqua non presente allo stato libero, lacustre o fluviale e accorgimenti per controllarne la variabilità nel tempo. La città dei Sassi di Matera non è localizzata nel fondo del canyon della Gravina come dovremmo aspettarci se fosse questo a fornire la risorsa idrica, ma in alto, lungo l'altopiano e i suoi pendi scoscesi. E' infatti l'acqua dei cieli, la pioggia e la brina, raccolta nei drenaggi e nelle caverne la risorsa dei labirintici complessi trogloditi dei Sassi e delle altre città di pietra delle Gravine. L'attività umana è attestata fin dal periodo Paleolitico dai numerosi reperti litici rinvenuti nella Grotta dei Pipistrelli e dal ritrovamento di uno scheletro intero di ominide rinvenuto in una cavità carsica nei pressi di Altamura databile intorno a 250.000 anni fa. La Grotta dei Pipistrelli è una formazione naturale, ma la sua struttura costituita da un cunicolo con un ingresso affacciato sul pendio e l'altra estremità emergente tramite un inghiottitoio carsico sul piano è un modello per le realizzazioni artificiali successive.
Con il neolitico appaiono le tecniche di scavo dell'altopiano calcareo e di raccolta delle acque che hanno nei Sassi continuità fino all'epoca contemporanea. Cisterne a campana, tracciati di capanne, canalette sono racchiusi in profondi fossati formanti cerchi e ellissi e per questo chiamati villaggi trincerati. I fossati non avevano uno scopo difensivo, ma erano funzionali alle pratiche neolitiche di allevamento e di coltivazione. Dalle analisi delle foto aeree che evidenziano i perimetri per la vegetazione più folta appaiono sistemi di drenaggio come quelli della Daunia, di raccolta di acqua o di humus o labirintici corral necessari alle pratiche della vita agropastorale. L'età dei metalli fornisce i nuovi strumenti che facilitano lo scavo di grotte e cavità. Queste con il peggioramento ambientale risultano sempre più adatte all'insediamento umano. Infatti la progressiva scomparsa del manto vegetale lascia i villaggi in superficie senza riparo, i suoli indifesi e determina la penuria di materiali lignei per la costruzione e il riscaldamento. Il clima vede l'alternanza di inverni freddi e di estati torride. La carenza di acqua rende indispensabile le pratiche di raccolta meteorica e di conservazione sotterranea. Originato nelle tecniche neolitiche di scavo delle miniere si afferma il tipo abitativo delle corte a pozzo da cui si diramano le gallerie radiali. Il modello diffuso in altre aree lontane come a Matmata in Tunisia e nelle pianure aride cinesi è all'origine della casa a corte utilizzata dai sumeri, nel mondo classico e islamico. L'abitazione rinvenuta nei pressi del sito neolitico di Murgia Timone prospiciente i Sassi di Matera mostra i vantaggi di questo tipo costruttivo. La forma rettangolare simile ai megaron cretesi è ripartita in tre spazi formati da due ambienti aperti e un terzo ipogeo. La corte funge da impluvio per l'acqua e da spazio aperto e assolato, ma protetto perimetralmente, per le lavorazioni alimentari. La parte terminale, utilizzata per raccogliere i rifiuti e creare l'humus, è il giardino scavato nella pietra indispensabile a causa della povertà dei suoli e della necessità di riparare le piante. Le cavità hanno temperatura costante durante tutto l'anno, costituiscono i ricoveri ideali per gli uomini e per gli animali, per lo stoccaggio dei grani e la conservazione dell'acqua. E' interessante notare che dopo il rinvenimento di questa struttura e la sua liberazione dai sedimenti la cisterna nella parte ipogea ha cominciato a riempirsi d'acqua in assenza completa di pioggia. Il dispositivo ha quindi ricominciato a operare utilizzando le infiltrazioni capillari e la condensazione.
Sono in rapporto con pratiche di raccolta dell'acqua a scopo funzionale e rituale anche i tumuli dell'età del bronzo formati da un doppio cerchio attraversate da un corridoio recante all'ambiente centrale scavato. E' significativo, infatti, che queste strutture siano state inserite proprio lungo lo scavo degli arcaici recinti neolitici, abbandonati al momento di queste realizzazioni, ma funzionanti ancora come convogliatori di umidità. Le opere rinvenute a Matera sono del tutto simili alle strutture preistoriche formate da tumuli e ambienti ipogei del Sahara. Si tratta delle cosiddette tombe solari costituite da anelli concentrici intorno a un tumulo. Esse possono costituire antichi metodi di raccolta dell'umidità e della brina e rapportarsi a culti collegati a tali pratiche. Allo stesso scopo possono essere interpretate le strutture di pietra a secco diffuse nelle terre aride delle Puglie dove gli accumuli di pietre raccolgono la brina notturna e riforniscono di umidità il terreno. Infatti le radici di ulivi centenari sono tutti rivolti verso i muretti che caratterizzano il paesaggio agrario. Sono quindi strutture di condensazione e conservazione dell'acqua i muri, i tumuli, i trulli e gli ammassi di roccia calcarea chiamati specchie. I dispositivi assolvono la loro funzione sia di giorno che di notte. Sotto il sole cocente il vento con tracce di umidità si infiltra tra gli interstizi del cumulo di pietre le quali hanno una temperatura inferiore nella parte interna perché non esposta al sole e raffrescata dalla camera ipogea sottostante. L'abbassamento di temperatura provoca la condensazione di gocce che precipitano nella cavità. La stessa acqua accumulata fornisce ulteriore umidità e frescura amplificando l'efficacia della camera di condensazione. Durante la notte il processo si inverte e la condensazione avviene esternamente ma produce risultati analoghi. Sulla superficie esterna delle pietre più fredda si condensa l'umidità e deposita la brina che scivola negli interstizi e si raccoglie nella camera sotterranea.
Sviluppando le originarie tecniche preistoriche si realizza nei Sassi di Matera un sistema di habitat adattato che utilizza in modo combinato i diversi principi di produzione dell'acqua: la captazione, la distillazione e la condensazione. Durante le piogge violente terrazzamenti e sistemi di raccolta dell'acqua proteggono i pendii dall'erosione e convogliano per gravità le acque verso le cisterne nelle grotte. Nella stagione secca le cavità scavate funzionano durante la notte come aspiratori di umidità atmosferica che si condensa nella cisterna terminale degli ipogei, sempre piena anche se non collegata con canalette esterne. Si creano molteplici piani di ipogei sovrapposti dalle lunghe gallerie che si affondano obliquamente nel sottosuolo. L'inclinazione permette ai raggi del sole di penetrare fino in fondo quando c'è più necessità di calore. In inverno, infatti, i raggi sono più obliqui e penetrano gli ipogei. Nella stagione calda il sole più vicino allo zenit colpisce solo gli ingressi degli ipogei lasciandoli freschi e umidi. Si arriva a oltre dieci piani di grotte sovrapposte con decine di cisterne a campana riunite fra di loro da canali e sistemi di filtro dell'acqua.
La situazione attuale dei Sassi di Matera è il risultato dell'evoluzione e saturazione urbana della struttura arcaica agro pastorale di raccolta delle acque. Con gli stessi blocchi di calcaree scavati dall'interno delle grotte si costruiscono strutture di tufo dalla volta a botte, i lamioni, che costituiscono una proiezione all'esterno degli ambienti ipogei. Di un complesso di grotte sono quelle laterali ad essere prolungate in avanti con i lamioni così si tende a chiudere a ferro di cavallo la radura terrazzata e si realizza uno spazio centrale protetto. Quello che era l'orto irrigato e l'aia pastorale si trasforma nel luogo di riunione della famiglia allargata e di scambio comunitario e sociale: il cosiddetto vicinato. Nella corte è scavata la grande cisterna comune che raccoglie ora le acque dai tetti. Questi per rispondere a tale scopo non hanno mai le falde che sporgono esternamente alle abitazioni. Il tetto è compreso nelle murature che permettono di non sprecare una sola goccia di pioggia e di convogliarla tramite discendenti di terra cotta nella cisterna. Il gradone sovrastante si trasforma in giardino pensile. Le linee di scorrimento laterali delle acque divengono le scale e i collegamenti verticali del complesso urbano. La trama dei percorsi e delle stradine si forma seguendo il sistema di canali e questo ne spiega l'aspetto intricato, apparentemente inspiegabile, ma frutto della originaria matrice idrica.
Il monachesimo medievale fornisce nuova linfa a questo arcaico tessuto. Gli eremi, le parrocchie, i casali agricoli collocati nei punti di controllo delle opere idrauliche sono i poli del processo di crescita urbana. Intorno ai due drenaggi principali chiamati "grabiglioni" che forniscono terreno coltivabile e humus attraverso la raccolta dei liquami, si formano i due comparti urbani chiamati Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Al centro è la Civita, l'acropoli fortificata, l'antico rifugio in caso di pericolo, su cui viene edificata la Cattedrale. Ai margini dell'altipiano dove sono le grandi cisterne e le fosse, i silos rupestri per lo stoccaggio dei grani, si localizzano le botteghe e i laboratori artigiani. Lo svolgimento verticale della città permette l'utilizzo delle gravità per la distribuzione delle acque e protegge dai venti che spazzano l'altipiano. Matera si abbellisce di centinaia di chiese rupestri scavate nella roccia e decorate di magnifici affreschi bizantini o edificate sul piano con facciate monumentali scolpite nel tufo secondo gli stili del periodo di costruzione, medievale, classico o barocco. Ma l'intrico delle stradine, la rete delle scale e dei passaggi sotterranei continua a seguire l'antica struttura idro agricola. L'essenza nascosta dei Sassi di Matera è lo spazio sotterraneo, un sistema polifunzionale che attua allo stesso tempo il drenaggio del pendio, la bonifica delle rocce con la creazione di ambienti abitabili e la raccolta della preziosa risorsa. La grotta prosciugata diventa un luogo confortevole di abitazione infatti la temperatura vi rimane sempre a 15° sopra lo zero e gli ambienti sono d'estate freschi e d'inverno caldi. Le cavità hanno una inclinazione precisa e sono orientate per ricevere fino in fondo i raggi di sole in inverno e catturare il tepore. Mentre in estate poiché il sole è più alto colpisce solo l'ingresso della grotta che rimane fresca. Sul fondo c'è spesso una cisterna che non è collegata con delle canalette, e si alimenta con la condensazione dell'umidità aspirata dalle cavità. Le grotte di Matera rappresentano il connubio simbolico fra il sole e la terra. Incontro che genera l'acqua: la vita.
La forza propositiva del passato
I Sassi sono l'esempio architettonico di un vivere civile e comunitario dove i rapporti sociali erano privilegiati, avevano gli spazi per potersi esprimere e continuamente rinsaldare in un rapporto armonico con l'ambiente e una corretta gestione delle risorse. Questa visione complessiva deve guidare l'esperienza di gestione dando un ruolo alla città come modello di restauro e di gestione sostenibile. Attraverso l'uso innovativo delle tecnologie tradizionali, come il recupero delle cisterne per l'acqua di pioggia, il ripristino dei giardini pensili per realizzare il verde urbano, il recupero delle grotte e degli ipogei per avere una climatizzazione naturale, il restauro diviene un laboratorio di eccellenza e centro di diffusione di esperienze avanzate. A Matera si può effettuare un itinerario in tutti gli stadi della storia dell'umanità e definire modalità di restauro urbano che da un passato millenario propongano soluzioni innovative. Queste avranno una funzione pilota per situazioni locali analoghe e per tutti quei centri della civiltà mediterranea nel cui quadro è stato collocata la dimensione storico culturale dei Sassi di Matera. In particolare le azioni di successo di Matera vanno riproposte su tutto il sistema delle Gravine organizzate in un parco culturale. Le Gravine costituiscono il sistema di valloni e canyon che è la matrice geologica si cui si sono realizzati habitat come quelli dei Sassi. Anche se le Gravine appaiono sistemi naturali, ricchi di vegetazione spontanea e ambienti selvaggi, sono il risultato di una continua azione umana e di un rapporto strettissimo con gli abitati. Il lavoro costante di terrazzamento dei pendii, di regimazione delle acque, di creazione di terreno fertile, di coltivazione, di scavo delle grotte, di intaglio delle scale e di manutenzione dei sentieri ha modellato il quadro naturale per realizzare un paesaggio culturale che determina e mantiene la biodiversità. Senza questa opera protrattasi dal più lontano passato preistorico fino ai recenti anni '50 le Gravine decadono rapidamente in una situazione di abbandono e di distruzione. I pendii, esposti a piogge dagli andamenti alterni con scrosci improvvisi e stagioni completamente aride, se non protetti da sistemi di raccolta e regimazione delle acque, risultano erosi nei momenti umidi e aridi nei mesi secchi. Il suolo sparisce completamente e la vegetazione si riduce a macchie residuali nella parte più profonda dell'alveo dove l'originaria ricchezza in biodiversità lascia il posto alla monocoltura di quelle specie più pervicaci nelle situazioni di degrado. I pianori dalle originarie situazioni boschive passano alla condizione di vegetazione bassa e rada fino alla sua scomparsa completa. L'ambiente della macchia mediterranea cede il posto alla gariga che anticipa la completa desertificazione. I centri storici, pur presentando condizioni di vivibilità straordinaria e grandi possibilità di valorizzazione, come il recupero dei Sassi di Matera ha dimostrato, vertono in uno stato di abbandono e all'immenso patrimonio abitativo si preferiscono nuove costruzioni senza carattere. Gravina in Puglia, Laterza, Ginosa, Castellaneta, Palagianello, Mottola, Massafra, Crispiano, Grottaglie hanno centri storici accomunati dalla identica matrice. Hanno valori storici e ambientali comparabili ai Sassi, ma sono ancora del tutto esenti da processi di recupero e valorizzazione.
Occorre realizzare l'allargamento del riconoscimento Unesco alle Gravine e determinare interazioni positive. Matera potrà avvalersi di un sistema più esteso capace di offrire una dimensione attrattiva di più grande interesse turistico e territoriale e le Gravine potranno beneficiare del patrimonio di esperienze e di immagine dei Sassi. La generalizzazione dell'esperienza di recupero fatta a Matera, correggendone gli errori e le storture, può realizzare nelle Gravine una gestione ambientale e urbana, un modello di rete di città e di territorio sostenibile. La proposizione di tecnologie innovative elaborate nella logica del sapere tradizionale e locale può risolvere i problemi urbanistici; conciliare l'uso abitativo e la promozione turistico culturale con le necessità di salvaguardia; affrontare i problemi dell'accessibilità, la mobilità, la pulizia, il ciclo dei rifiuti e quello delle energie, gli spazi per i bambini e per le attività sociali. Il modello proposto conferma il messaggio profondo di questi luoghi: piccole comunità sono state nel tempo capaci di intervenire in sintonia con l'ambiente esaltandone le potenzialità senza esaurirle. Il loro insegnamento consiste nella capacità di ribaltare le condizioni svantaggiose in risorse rinnovabili così che i luoghi di maggiore rudezza e difficoltà ambientale divengono quelli di più grande armonia e organizzazione ecologica. Utilizzare le acque di pioggia, riabitare le caverne, gestire in modo armonioso le risorse locali della natura non rappresenta un ritardo rispetto alla modernità: è una proposta per un futuro sostenibile.
Pietro Laureano
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