50 Rivista della Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali - NUMERO 50 - FEBBRAIO 2007
Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 50 - FEBBRAIO 2007



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Recensioni

Dalla nostalgia del territorio al desiderio di paesaggio

Elementi per una teoria del paesaggio
Claude Raffestin
Alinea Editrice, Firenze 2006
139 pp, 16 Euro

L'Autore, professore onorario dell'Università di Ginevra, già docente di geografia presso la stessa Università e in Canada e Italia, avverte sin dalle prime pagine, che non si tratta dell'ennesimo libro sul paesaggio perché non si occupa del paesaggio nel senso classico del termine. «Ciò che mi sta più a cuore è l'esplicitare, nella produzione dei paesaggi, una teoria della relazione che gli uomini hanno con la realtà materiale. Il paesaggio in sostanza non è una realtà materiale, ma una costruzione mentale che rende esplicito il rapporto dell'uomo con il territorio. Questo libro è un tentativo teorico e, per definizione, non può che fallire. Ogni tentativo teorico è destinato a fallire perché un altro ne prenderà il posto a più o meno breve termine (...) abbiamo sempre bisogno di far teoria per arricchire la nostra visione del mondo, fino al momento in cui comparirà un altro sistema teorico». Con queste premesse il saggio si sviluppa attraverso un'affascinante sequenza di considerazioni sul viaggio dei sensi, la costruzione della "natura", la ricerca e l'invenzione del paesaggio, l'invenzione dei paesaggi peculiari, il rapporto tra paesaggio e filosofia, i meccanismi della rappresentazione.
Si tratta di un lavoro sulla percezione e sulla costruzione del paesaggio o dell'idea di paesaggio il cui processo di formazione può utilizzare davvero tutti i sensi e, oltre, la pura fantasia.
Dunque paesaggio materiale e vivo, ma anche puramente estetico o immaginario. Si scopre che il paesaggio ha un doppio carattere, insieme concreto, perché riflette l'esperienza, e astratto o speculativo, in quanto fa sorgere il fondamento dell'esperienza. Da questi presupposti l'Autore parte per l'analisi delle grandi logiche che regolano il "mondo materiale", l'ecologica la biologica l'antropologica e ci conduce alla sua scoperta insegnandoci a distinguere tra guardare e vedere per scoprire che il paesaggio non è solo una questione fisica bensì metafisica e può essere costruita così come la "natura" prodotta dall'uomo. Il capitolo dedicato al mondo materiale è l'occasione per illustrare le strutture territoriali e la loro produzione, attraverso un modello per rendere conto delle trasformazioni in atto nel processo di territorializzazione, mostrando i meccanismi e i loro effetti sulle morfologie spaziali e territoriali. Il seguito riguarda il mondo materiale delle immagini, il bisogno di paesaggio, la sua ricerca, la sua invenzione sino a segnalare la difficoltà di una storia del paesaggio, sostituita dal concetto di genealogia.
Ma «l'uomo abita veramente il territorio solo se ha prodotto una rappresentazione paesaggistica del suo territorio». Ecco allora che, con Holderlin, bisogna abitarlo poeticamente mettendo in risalto la regione la memoria e l'immaginazione. L'idea di paesaggio dipende più dalla cultura che dalla natura, più dalla metafisica che dalla fisica più dalla metaspazialità che dalla spazialità, dunque il suo intreccio con la filosofia è inevitabile.
Ma l'idea di paesaggio, oggi più viva che mai, è fortemente condizionata dalla comunicazione pubblicitaria fondata sulla natura e dunque su una maniera di guardare il paesaggio e di rappresentarla.
Cosa che avviene attraverso meccanismi particolari la cui analisi fa dire all'Autore parafrasando Renè Clair (la poesia è l'amore realizzato del desiderio rimasto desiderio): l'immagine del paesaggio è il paesaggio del territorio perfetto rimasto desiderio. L'ultima parte di questo saggio di cui speriamo di avervi fatto intravedere i numerosi stimoli, discute dell'analisi delle immagini scientifiche, ovvero il paesaggio nelle scienze, pur non in una contrapposizione netta con quelle pittoriche o letterarie, ma anzi segnalandone possibili ponti come nel caso di Georg Forster o Alexander von Humbohlt.
Per offrire una visione generale della produzione delle immagini scientifiche Raffestin propone uno schema dei diversi elementi del sistema Terra sul piano naturale e culturale. L'Autore non trae conclusioni: «Il territorio, luogo del radicamento per definizione, non ha più un'esistenza stabile, ma cambia al ritmo della volontà dei grandi attori socio-economici. Si potrebbe dire che l'effimero è un creatore di identità più incisivo che il durevole».

I Parchi come sistema

Politiche e reti per un nuovo ruolo delle aree protette
Giuliano Tallone
Contributi di Renzo Moschini e Corrado Battisti
Edizioni ETS, Pisa 2007
314 pp., 18 Euro

Parchi, efficacia dei parchi, adeguatezza dei parchi. Temi avvincenti e insieme ostici, da addetti ai lavori e nemmeno tutti, argomenti delicati da affrontare per la preparazione richiesta ma soprattutto per l'onestà intellettuale e la visione d'insieme necessarie a individuare le questioni vere e le soluzioni possibili. Se dovessimo scegliere una frase, una sola, per riassumere i contenuti del bellissimo libro di Giuliano Tallone recentemente edito da ETS sceglieremmo questa: dove il progresso delle scienze ecologiche sta portando il moderno dibattito sulla biologia della conservazione, e perché questo tarda a trasferirsi ai modelli di area protetta e ai suoi meccanismi di gestione.
Basare le scelte di gestione sulla conoscenza della biologia delle specie e delle dinamiche ecologiche, sottoponendo poi le decisioni effettuate a protocolli di monitoraggio che ne valutino i reali effetti rispetto agli obiettivi determinati in precedenza, aggiustando quindi il tiro verso ulteriori attività di gestione: quanti parchi italiani possono oggi pienamente riconoscersi in quest'assunto? Forse semplicemente nessuno, e le ragioni spaziano dalle conoscenze scientifiche insufficienti all'assenza di sistemi di valutazione, ai lacciuoli che ingessano la conduzione quotidiana delle nostre aree protette.
In quattro ampi capitoli, preceduti da due saggi di Renzo Moschini e di Corrado Battisti dedicati rispettivamente al particolare momento che vivono i parchi italiani e alle basi teoriche delle reti ecologiche, il libro passa in rassegna passati, attuali e auspicabilmente futuri paradigmi delle politiche per i parchi. Dalle visioni romantiche della "frontiera" americana alle idee di Valerio Giacomini, al congresso Iucn di Durban, è l'evoluzione di un mondo oggi fotografato alle soglie dell'ennesimo passaggio cruciale. E le parole d'ordine stavolta si chiamano soprattutto coinvolgimento più intelligente delle popolazioni residenti e migliore adesione dei modelli gestionali agli obiettivi di conservazione e ai progressi della ricerca.
Ingessata, disinformata, talora opportunista. La critica alle modalità di conduzione delle aree protette di casa nostra non assume nel libro toni aspri e tantomeno particolarmente polemici, né potrebbe essere altrimenti vista l'esperienza gestionale diretta di Tallone (come direttore prima alla Val Grande e ora all'Arp-Agenzia Parchi del Lazio) che lo rende ben consapevole delle tante debolezze del "sistema", a cominciare da quelle di natura squisitamente anagrafica. Tuttavia il suo non può essere letto che come un richiamo a una più coerente ed adeguata risposta dell'insieme dei parchi italiani alle sfide cui oggi sono chiamati, tanto dalla società che dalla politica. Basterà citare il giudizio sulle reintroduzioni, definite nel libro "le più costose e più inefficienti metodologie per conservare le specie". Oppure l'ampio riferimento al modello della "teoria del disturbo", che nella moderna ecologia ha aggiornato quello classico delle "successioni" (dalle piante pioniere alla vegetazione dello stadio climax) con una conseguenza decisiva per le aree protette, riserve integrali comprese: che la gestione cioè deve essere necessariamente attiva o meglio ancora "adattativa".
Di particolare interesse, per i nuovi scenari che lascia intravedere, la parte che nel volume è dedicata alle "aree protette del patrimonio comunitario" o CCA, dalla definizione fornita dall'Iucn e in particolare dalla sua Ceesp, la commissione sulle politiche socio-economiche. Aree che nella realtà italiana sono da assimilare ad alcune proprietà collettive quali le Regole di Cortina di Ampezzo, la Magnifica Comunità di Fiemme, il Bosco della Partecipanza di Trino, le Università Agrarie del Lazio (queste ultime amministrano beni di uso civico in aree dall'eccezionale rilievo naturalistico quali i Monti della Tolfa, il più importante parco mancato del Lazio) e potenzialmente molte altre.
E poi in queste oltre trecento pagine gli spunti non mancano davvero, dalle riflessioni sul rapporto animalismo/ambientalismo in Italia (l'autore è anche presidente della Lipu, va ricordato) alle presunte wilderness di casa nostra, dal ruolo del Corpo forestale alle nuove politiche rurali, all'esperienza dell'Arp, alla cornice internazionale entro cui si muove – non di rado sembra suo malgrado - anche il pianeta-parchi. Ecco, forse se un rilievo può essere fatto al libro sta nel suo essere troppo denso, forse perché troppo ritardato: la successione di argomenti, livelli di interpretazione, riferimenti, è tale da poter impensierire qualche lettore meno motivato e meritava forse un approccio più disteso. Ma ciò nulla toglie alla sostanza del volume e allo sforzo di Tallone, che nel suo ancora breve (ha 42 anni) e già così corposo percorso professionale – dai ruoli rivestiti già ricordati alla scelta dei "maestri", da Luigi Boitani a Grazia Borrini Feyerabend, passando per Maurilio Cipparone – sta dimostrando di non lasciare nulla al caso. E Dio sa come il mondo dei parchi ne abbia bisogno.
(Giulio Ielardi)

Alpisudoccidentali

Tra Piemonte e Provenza – Viaggio tra immagini e nomi di luoghi
Michelangelo Bruno
Gribaudo, Coumboscuro Centre Prouvençal, Savigliano (CN) 2006
382 pp., S.I.P.

La montagna va prima di tutto vissuta. Va respirata la sua aria, calpestata la sua terra, percepita la sua luce, ascoltata la sua voce e amata la sua gente. Emozioni forti, impossibili da riprodurre in un libro. Eppure sfogliando e leggendo le pagine di questo atlante, sicuramente fuori dal comune, siamo travolti ed abbracciati da un eco forte di queste emozioni. A partire dall'introduzione di Sergio Arneodo che ci accompagna nell'intimità di una montagna fatta di uomini, di episodi della loro vita quotidiana, semplice, fresca e schietta. E' bello respirare la pazienza, la fatica e la forza di quegli uomini che nel loro intimo rapporto con l'ambiente hanno imparato ad amare la montagna e trarne energia, conforto ed ispirazione. Dall'introduzione si passa ad un'ampia e preziosa sezione di fotografie panoramiche (oltre 70) ove quelle splendide alpi che "pungono il cielo" ci vengono incontro con le loro vette, colli e valichi presentandosi puntualmente per nome ed invitandoci a riconoscerle e ricordarle. Una raccolta di tavole sinottiche che risulta utile e gradevole per tutti. Si rivolge invece soprattutto all'esperto o all'appassionato il "geoglossario" che segue, fatta eccezione per l'interessante introduzione corredata da una sezione di cartografia schematica che si rivolgono ad un pubblico più vasto. Il glossario geo-etimologico del settore alpino sud-occidentale è allo stesso tempo strumento di sintesi e lavoro di proporzione impressionante: un corpus che cataloga 3.660 voci che tra cime, abitati, valli, laghi, corsi d'acqua (e relativi oronimi, toponimi e idronimi) assommano a circa 8.000 nomi di luogo. Il glossario presenta in ordine alfabetico le località corredate dai ripsettivi dati principali: denominazione ufficiale, varianti linguistiche locali, punti trigonometrici, altimetria, comune, valle di appartenenza e riferimenti cartografici (IGM, IGN, CTR). Ogni voce reca al termine un cenno sul significato presunto da cui spesso è possibile dedurre interessanti indicazioni su caratteristiche geomorfologiche, storiche e socio-culturali del territorio in esame. Alcune località particolarmente note sono poi corredate da un breve testo che illustra le principali vicende della storia locale.
Chiude il volume, prima della ricca bibliografia, un prontuario dei valori altimetrici (in ordine decrecente) di cime, valli, valichi e laghi, suddiviso in due settori: Alpi Marittime (dal Colle di Tenda al Colle della Maddalena) e Alpi Cozie meridionali (dal Colle della Maddalena al Colle delle Traversette).
(Giulio Caresio)

Due notti di ghiaccio nel Parco del Gran Paradiso

Virgilio Giacchetto
Priuli & Verlucca, Torino 2006
96 pp. 6,50 Euro

Questo piccolo libro di un centinaio di pagine non è un racconto alpinistico e neppure un diario di un guardiaparco come altri che sono stati pubblicati con successo in questi anni. E' un po' l'uno e un po' l'altro con qualcosa in più. Virgilio Giacchetto infatti dall'82 all'89 ha fatto effettivamente il guardiaparco come suo padre e nel suo lavoro non gli sono mancate le piccole e meno piccole avventure alpinistiche. Ma il suo racconto con un misurato ricorso anche alle invenzioni di fantasia offre -diciamo così- uno spaccato di un territorio e di una realtà -quella appunto del più antico parco italiano- che nulla concede alla retorica sui tempi andati. A cominciare proprio dal duro lavoro del guardiaparco che in quelle valli specialmente negli anni del dopoguerra dovettero sostenere una dura e rischiosa lotta al bracconaggio. Giacchetto dipana questo racconto con episodi gustosi ma anche drammatici attiggendo anche alle testimonianze e ai ricordi del padre che ebbe un ruolo importante nella costruzione del parco. Ricordi e insegnamenti che spinsero anche il giovane Giacchetto a seguirne -sia pure solo per alcuni anni- le orme. La montagna nel libro non è solo il luogo di vita e di lavoro per piccole comunità che la tanta fatica spesso mal le ripagava. In quelle valli si combattè la resistenza a cui seguirono gli anni di una difficile ricostruzione e ritorno alla libertà in cui il parco –possiamo dirlo- divenne teatro di aspre vicende che non sono peraltro soltanto un lontano ricordo. Il libro specie per chi si interessa di parchi ricorda in maniera semplice ma convincente e avvincente come la costruzione di una grande area protetta che coinvolge due regioni non sarebbe stata possibile senza una dedizione e passione -possiamo dirlo senza nessuna particolare enfasi retorica- che affonda le sue radici nell'attaccamento alla propria terra, ambiente e cultura. Anche per questo il libro oltre che piacevole è utile di questi tempi.
(Renzo Moschini)