Lestate appena trascorsa ha visto una sorprendente -ma non inattesa- accelerazione nella criminosa attività dei cosiddetti piromani, che ha messo a fuoco vasti territori, compresi quelli di molte aree protette.
Archiviata definitivamente loltraggiosa giustificazione -per la comune intelligenza- dellautocombustione e nellattesa di analogo atteggiamento nei confronti delle sigarette buttate dalla strada, emergono con forza la colpa e sempre più il dolo, come cause reali della riduzione in cenere di numerose aree del Paese. Lautorevole e illuminato ex Presidente dellAspromonte, Tonino Perna, ha fornito suggerimenti preziosi che vorremmo maggiormente ascoltati.
Il Ministro dellambiente, da parte sua, ha invitato i Presidenti dei parchi a costituirsi parte civile nei confronti di coloro che armano la mano -insufficientemente collegata al cervello- degli incendiari. Ha fatto bene.
Come ha ben agito, anche nella sua veste di leader politico, nel promuovere quel Patto per il clima, sottoscritto, trasversalmente, da molte personalità, ivi compresi, molti responsabili di aree protette.
Per entrambi gli argomenti non sono tuttavia sufficienti né provvedimenti giudiziari, né risposte tecnico-scientifiche. Se ciò rimane comunque indispensabile per entrambe le situazioni, la cosa che più urge è un deciso cambio di registro culturale, di mentalità collettiva, unica chiave capace di aprire prospettive praticabili di futuro non solo sostenibile ma, a questo punto -come si evince dallo speciale sui cambiamenti climatici- possibile. Le energie ci sono, le donne e gli uomini capaci di interpretarle, operativamente e idealmente, pure, come diamo conto in questo numero con gli interventi del neo Presidente del Parco dAbruzzo, Lazio e Molise, e il cantore dellAltopiano, Mario Rigoni Stern.
I parchi possono essere, anche in questi casi, in prima linea. Proprio per le persone che in essi operano, quando sono le persone giuste al posto giusto.
Purtroppo non sempre questo accade. E linchiesta sui Consigli Direttivi, il perdurante problema dei Commissari, gli equivoci sulla figura del Direttore, lasciano aperti spazi a notevoli miglioramenti. Ad essi occorre poi affiancare la realizzazione dei tanto invocati, quanto omessi, strumenti applicativi di conoscenza scientifica e di operatività tecnica - dalla Carta della natura ai Catasti delle aree incediate- che il legislatore ha opportunamente previsto, per dare efficacia alle leggi, ma che, in gran parte, non hanno trovato attuazione.
Anche di questi ritardi ed omissioni bisognerà cominciare a farsi carico, individuando i responsabili affinché siano richiamati ai loro doveri istituzionali o rimossi dagli incarichi. La casta degli intoccabili, a volte, è più tra di loro che tra i politici.
Intanto continuiamo ad offrirvi riflessioni, da diversi punti di vista, sulle possibili migliorie da apportare al sistema delle aree protette, in attesa della promessa Terza Conferenza nazionale che, da notizie recenti di fonte ministeriale, dovrebbe convergere in una Conferenza nazionale sulla Biodiversità.
Limportante, da un lato, è che la riflessione sulle aree protette non ne esca annacquata e marginale. Dallaltro, che se si vuole davvero discutere di politiche per la biodiversità si affrontino, senza omissioni, le complesse tematiche che richiamano argomenti che vanno dalle politiche di gestione del germoplasma vegetale e animale (banche del seme, giardini botanici, tecniche di miglioramento genetico, tutela e commercializzazione delle varietà tradizionali ...), a quelle veterinarie, zootecniche, agricole, paesaggistiche, per accennare solo alle principali.
In una simile complessità di temi, come si può collocare il pianeta parchi che, sicuramente, trova la sua ragion dessere primaria nella gestione della biodiversità, ma deve poi affrontare la sua interazione sociale con le comunità locali, la gestione del territorio, le relazioni politiche, gli specifici strumenti gestionali e amministrativi?
Non meriterebbe, questo settore specifico, trattazione a parte per poter riprendere il cammino interrotto dopo Torino?
La gran parte degli argomenti prima richiamati sono stati ampiamente discussi nella Seconda Conferenza nazionale, grazie soprattutto al ruolo e al coordinamento efficace di Regione Piemonte e di Federparchi, in supporto al Ministero.
Ne è emerso un Documento conclusivo ricco di considerazioni di vasto orizzonte e di indicazioni di lavoro, tutte puntualmente ignorate e disattese nella loro necessità di applicazione.
Per questo sarebbe bello ripartire di lì per capire se le volontà politiche sono davvero mutate.
Per questo sarebbe bello avere occasioni di reale approfondimento e non di mera passerella, attrezzata solo per fingere condivisioni democratiche a supporto di decisioni assunte, per lo più, da una ristretta oligarchia di politici e loro consulenti. Cè bisogno di un confronto reale tra la tanto invocata società civile (Istituti di ricerca, Università, Accademie, Associazioni...), chi opera nei parchi e chi ne ha responsabilità politica a ogni livello.
Valter Giuliano
direttore.rivistaparchi@parks.it
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