Le Regioni non erano rimaste a guardare. Ma finalmente è stato varato il decreto ministeriale che fornisce il quadro normativo nazionale delle misure di conservazione per i siti. Per Sic e Zps è l'approdo di un lungo percorso, per la tutela della biodiversità italiana un significativo passo avanti. Non senza polemiche.
Un fatto storico. Così è stato definito il varo annunciato del decreto del Ministero dell'Ambiente relativo a Natura 2000, dopo la necessaria approvazione a fine settembre da parte della Conferenza Stato-Regioni. E di vera rivoluzione normativa si tratta, quasi un atto di nascita reale - anni dopo quello formale - della rete comunitaria di Sic e Zps che ormai avvolge l'intera Unione. Dopo un lunghissimo braccio di ferro istituzionale, carteggi al vetriolo tra Bruxelles, Roma e Bari piuttosto che Milano (a volersi limitare alle ultime infrazioni contestate, quelle su Gargano e Stelvio), leggi regionali in ordine sparso ma soprattutto vincoli disattesi e siti lasciati al degrado, è stato realizzato un quadro di regole nazionale e puntuale. Certo perfettibile, e che le Regioni dovranno adesso contribuire a definire meglio. Ma pur senza guadagnarsi i titoli dei giornali, questo provvedimento ha le carte in regola per essere considerato tra gli interventi potenzialmente più efficaci per una reale tutela della biodiversità nel nostro Paese messi in atto negli ultimi anni.
Partiamo innanzitutto da una veloce disamina dei contenuti del decreto. L'oggetto di tanta attenzione sono i 2.870 siti italiani della rete Natura 2000, vale a dire i Sic (siti d'importanza comunitaria) e le Zps (zone di protezione speciale) individuati ai sensi delle direttive Habitat e Uccelli. Nel nuovo provvedimento sono elencate misure di conservazione di base, da applicarsi a tutti i siti in questione, e misure più specifiche individuate per i siti appartenenti a determinate tipologie ambientali (tredici in tutto). Il decreto in sé non aggiunge o toglie divieti, bene chiarirlo subito, ma si limita a dettare le regole cui regioni e province autonome dovranno adeguarsi. E non si tratta di blandi decaloghi o scaricabarile istituzionali, e neppure soltanto di prescrizioni per appassionati di birdwatching. Per le Zps, in particolare, il nuovo atto a firma del Ministero di Pecoraro Scanio contiene misure relative a molti settori tra cui agricoltura, impianti da sci, elettrodotti, cave, pale eoliche. Oltre, naturalmente, alla caccia. Ce n'è insomma per toccare gli interessi di numerose categorie sociali, e infatti non sono mancate le reazioni anche accese. Vediamo più nel dettaglio, ma prima per comprendere appieno la portata delle novità è utile ripercorrere in sintesi le tappe che hanno condotto a tale risultato.
Aree protette o no?
Sembra lana caprina, eppure la presenza o meno di Sic & Zps tra le oasi doc del Bel Paese ha tenuto in stallo per anni gli uffici legislativi e ha dato fuoco alle polveri di associazioni ambientaliste e venatorie e adesso pure agricole e imprenditoriali. Tutto iniziò con un pronunciamento dell'allora Comitato nazionale per le aree protette, poi abrogato dalle "Bassanini", che inseriva i siti Natura 2000 nell'Elenco ufficiale delle aree protette. Era il lontano 1996. Quell'equiparazione d'ufficio senza ulteriori specifiche, si osservò in seguito, aveva soprattutto la conseguenza di estendere il più osteggiato dei divieti ben oltre il confine di parchi e riserve, vale a dire a circa il 20% del territorio nazionale: il divieto di caccia. Dopo anni di sordina la vicenda esplode, portando nel marzo 2005 l'allora ministro Matteoli a varare un decreto che annullava quella delibera del Comitato per le aree protette (nel frattempo sostituito, almeno sulla carta, dalla Conferenza Stato-Regioni). E' solo una tappa. Alcuni mesi dopo, in seguito al ricorso dell'associazione ambientalista VAS-Verdi Ambiente e Società, il Tar del Lazio dispone la sospensione del decreto Matteoli. E a inizio 2006 il Consiglio di Stato conferma la validità della sospensiva. Non può essere un decreto ministeriale e cioè del solo Stato centrale, questa la sostanza della motivazione, a sostituirsi a un atto bilaterale come una delibera del Comitato per le aree protette, composto da rappresentanti dello Stato e appunto delle Regioni.
Il Ministero ci riprova. Iniziano le riunioni dei tavoli tecnici con le Regioni, allo scopo di concertare le linee di un nuovo provvedimento che contenga misure di conservazione tanto generali che specifiche per le diverse tipologie ambientali. Allo scopo, esiste già un manuale tecnico per la gestione di Zps e Iba (le Important Bird Areas, sulla cui base vengono istituite le Zps) redatto dalla Lipu per conto del Ministero.
Alle pressioni del mondo venatorio, ansioso di cancellare il "nuovo" alt alle doppiette in tempo per la prossima stagione di caccia, si aggiungono le preoccupazioni degli agricoltori. In gioco, infatti, è pure l'approvazione da parte di Bruxelles dei programmi di sviluppo rurale avanzati da Regioni e Province autonome: niente rispetto pieno delle direttive sulla biodiversità - su cui le procedure d'infrazione aperte nei confronti dell'Italia ormai si accumulano - niente fondi comunitari.
Coordinato dalla capofila Calabria, il lavoro di Regioni e Province autonome è celere e prima dell'estate produce un documento che diventa la base del decreto-legge n.251 varato nell'agosto 2006 dal governo Prodi. Vi sono contenute norme che riguardano le sole Zps e non anche le Zsc (zone speciali di conservazione, cioè l'approdo finale dei Sic). Pure per l'individuazione delle tipologie ambientali si rimanda a un successivo atto ministeriale, da emanare entro quattro mesi. Nel decreto di agosto finiscono anche disposizioni sulla caccia, col giro di vite sui cosiddetti "prelievi in deroga", cioè in pratica l'apertura dell'attività venatoria a specie protette dalla direttiva Uccelli, come lo storno o il fringuello. Su queste ultime, in particolare, si concentra il fuoco di fila della lobby venatoria. In settembre ha luogo a Roma una manifestazione di protesta indetta dalle associazioni venatorie, che raccoglie adesioni trasversali anche in Parlamento e tra le Regioni, ritenute titolari del diritto esclusivo a legiferare in materia nonostante ripetute sentenze della Corte Costituzionale. Alla scadenza di metà ottobre il decreto decade senza ottenere la necessaria conversione in legge, punto e a capo.
A dicembre sempre dell'anno scorso ci riprova la Finanziaria. Presentato da alcuni senatori dei Verdi (De Petris, Ripamonti, Bulgarelli, Donati, Marco Pecoraro Scanio e Silvestri), un emendamento che riassegna al Ministero il compito di stabilire per decreto le misure minime di conservazione per Natura 2000 viene recepito da un comma - il n.1226! - del primo articolo della legge. Si riparte, ma con un altro metodo. Oltretutto, sono numerose le Regioni che nel frattempo hanno in pratica fatto propri con rispettive deliberazioni i contenuti del decaduto decreto di agosto.
Le situazioni regionali
Valle d'Aosta. Le Zps sono cinque: Mont Avic e Mont Emilius, Val Ferret, Parco Nazionale del Gran Paradiso, Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa, Zona umida di Les Iles di Saint-Marcel. Gli ultimi tre sono in parte coincidenti con Sic, che in totale sono invece 26. Del giugno 2004 è la deliberazione della giunta regionale riferita a Approvazione dei nuovi criteri per l'applicazione della valutazione di incidenza nei siti di importanza comunitaria e nelle zone di protezione speciale.
Piemonte. E' tra le Regioni che avevano approvato le misure minime di conservazione già prima dell'ultimo decreto ministeriale. Il relativo atto è la deliberazione 61-4135 del 23 ottobre 2006 dal titolo Misure transitorie di conservazione delle Zone di Protezione Speciale classificate ed istituite con Decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio del 25 marzo 2005, e non inserite in Aree protette regionali o nazionali.
Lombardia. La Regione ha dedicato alla propria rete di siti Natura 2000 diversi atti, tra cui le delibere dell'8 agosto 2003 (elenco dei pSic), del 30 luglio 2004 (enti gestori dei pSic e delle Zps), del 15 ottobre 2004 (procedure per la valutazione d'incidenza nelle Zps, e istituzione di nuove Zps). Nel gennaio 2006 la giunta regionale ha varato una deliberazione sulle misure di conservazione temporanee (fino all'approvazione dei relativi piani di gestione) dei soli Sic. Nel luglio 2007 la delibera 8/5119 contiene ulteriori aggiornamenti, considerato che per aggiunte, ampliamenti ed accorpamenti le Zps lombarde sono passate da 62 a 66. La gestione delle nuove aree viene affidata a parchi e riserve, nel caso in cui le Zps vi si sovrappongano per almeno metà dell'estensione, oppure alle Province. Nella delibera si specificano anche nuove modalità procedurali per la valutazione d'incidenza.
Provincia di Trento. Attualmente risultano istituiti 152 Sic e 26 Zps, questi ultimi pienamente sovrapposti ad aree già individuate come Sic. Nei due grandi parchi provinciali, quello dell'Adamello-Brenta e quello di Paneveggio-Pale di S.Martino, ricadono rispettivamente 6 e 5 Sic.
Provincia di Bolzano. Anche qui il territorio delle Zps, che sono al momento 17, ricade esclusivamente in aree già individuate come Sic (40 in tutto). In entrambi i casi si tratta quasi esclusivamente di zone già vincolate come parchi (naturali e nazionale) o biotopi.
Veneto. Al luglio 2006 data la deliberazione n.2371 relativa a Approvazione del documento relativo alle misure di conservazione per le Zone di Protezione Speciale. Successivamente, in seguito a una sentenza della Corte di Giustizia europea, nel febbraio 2007 la deliberazione n.441 ha sancito una nuova definizione dei perimetri delle Zps per il Delta del Po e la Laguna di Venezia.
Friuli Venezia Giulia. Natura 2000 qui si componeva inizialmente di 62 Sic e 7 Zps. Successivamente, per una più piena rispondenza alle aree Iba individuate nella regione, sono state istituite altre due Zps nelle Alpi Carniche e sul Carso. Nel febbraio 2006, inoltre, la giunta regionale ha individuato il pSIC Carso triestino e goriziano.
Liguria. I siti designati sono attualmente 124 Sic e 7 Zps. Nell'ottobre 2006 la giunta ha approvato prima con delibera n.1077 le Misure transitorie di conservazione nelle Zone di protezione speciale limitatamente all'attività venatoria, quindi con legge n.35 l'Attuazione dell'articolo 9 della Direttiva Comunitaria 79/409/CEE del 2 aprile 1979 sulla conservazione degli uccelli selvatici. Misure di salvaguardia per le zone di protezione speciale.
Emilia Romagna. Tra Sic e Zps il territorio interessato è più di un quarto del totale (26,6%). Di Natura 2000 gli uffici regionali si sono occupati molto, predisponendo una serie di atti di governo e studi tra l'altro interamente disponibili (assieme ai moduli per la valutazione d'incidenza, tra l'altro) sul proprio sito Internet. Anche qui, in particolare, nell'ottobre 2006 la giunta ha deliberato (n.1435) le Misure di conservazione per la gestione delle Zone di protezione speciale. Nel successivo dicembre sono state apportate alcune modifiche, mentre nello scorso aprile una determinazione del direttore del settore Ambiente e difesa suolo (la n.5188) ha elencato i Comuni e relativi fogli catastali riguardanti l'intera rete regionale di Sic e Zps. A luglio sempre 2007 la delibera n.1191 ha indicato i criteri di indirizzo per l'individuazione, la conservazione, la gestione e il monitoraggio di Sic e Zps, nonché le linee guida per le valutazioni d'incidenza. L'autorità competente alla valutazione d'incidenza di un piano nei confronti di un sito della rete Natura 2000, recita il testo dell'atto, è lo stesso soggetto pubblico cui compete l'approvazione del piano. Nel caso in cui il piano riguardi un sito interamente o parzialmente ricadente in un'area protetta (Parco o Riserva naturale, nazionale o regionale), l'autorità che deve approvare il piano deve acquisire preventivamente il relativo parere di conformità dell'Ente gestore dell'area naturale protetta previsto dalla normativa vigente in materia d'aree naturali protette (L.R. n.6/05) o, nel caso di parchi nazionali, del relativo nulla-osta. Infine, ad agosto la giunta regionale con delibera n.1288 ha modificato le sue precedenti disposizioni relative alle misure di conservazione nelle Zps individuate in zone umide. In particolare, viene prorogata di un anno, ossia a decorrere dalla stagione venatoria 2008/09, l'entrata in vigore dell'obbligo di utilizzo dei pallini alternativi a quelli di piombo per lo svolgimento dell'attività venatoria nelle Zps.
Toscana. Di poco più tardivo è il provvedimento che in sostanza recepisce le misure contenute nel decaduto decreto ministeriale dell'agosto 2006. Si tratta della deliberazione n.923 intitolata Approvazione di misure di conservazione per la tutela delle Zone di Protezione Speciale, varata l'11 dicembre 2006.
Marche. La delibera regionale su Definizione di misure transitorie di conservazione delle zone di protezione speciale è del novembre 2006 (la n.975), poi sostituita dalla n.1277 e quindi dalla n.60 del gennaio 2007, ancora modificata dalla delibera n.482 del maggio scorso per consentire alcune forme di caccia agli ungulati. A maggio nuova delibera che modifica e integra quella precedente.
Umbria. Anche qui la delibera con le misure di conservazione per le Zps (la n.1775) è dell'ottobre 2006.
Lazio. E' un comma della legge di bilancio 2006, il 75 della l.r. n.10 del 18 settembre, a introdurre le misure di conservazione per le Zps. Nella regione la rete Natura 2000 è costituita da 44 Zps e 183 Sic, che interessano complessivamente quasi il 15% del territorio regionale (più di 156.000 ettari).
Abruzzo. 54 Sic e 5 Zps compongono la rete Natura 2000 nella regione dei grandi parchi nazionali e regionali (uno solo, in realtà).
Molise. 25 Zps e 85 Sic per una delle regioni più povere di aree protette. Non risultano atti regionali a tutela concreta della rete Natura 2000.
Campania. Più o meno come le altre, si chiama Misure di conservazione e di salvaguardia per la tutela delle ZPS, dei SIC, dei pSIC della Campania la deliberazione n.23 del gennaio 2007. Nel territorio regionale i Sic sono 106 e le Zps 28.
Puglia. Risultano individuati 77 Sic e 16 Zps. Nel marzo 2006 la giunta ha approvato la deliberazione n.304 Atto di indirizzo e coordinamento per l'espletamento della procedura di valutazione di incidenza ai sensi dell'art. 6 della direttiva 92/43/CEE e del-l'art. 5 del D.P.R. n. 357/1997 così come modificato ed integrato dall'art. 6 del D.P.R. n. 120/2003. Nel febbraio 2007, la delibera n.145 dal titolo Adeguamento zone di protezione speciale - Procedura d'infrazione contro la Repubblica Italiana per insufficiente perimetrazione delle Zone di Protezione Speciale - causa C-378/01 ha modificato i confini delle Zps Laghi di Lesina e Varano e Paludi presso il Golfo di Manfredonia (in entrambi i casi si tratta di un ampliamento).
Basilicata. Risultano individuati 47 Sic e 17 Zps. Nessuna misura di conservazione risulta ancora varata da atti regionali.
Calabria. Qui i Sic sono 179 e le Zps 4. Non risultano deliberazioni di giunta relative alle misure minime di conservazione per Natura 2000.
Sicilia. Ad aprile 2007 due decreti dell'assessorato al Territorio e Ambiente hanno rispettivamente semplificato le procedure di valutazione d'incidenza in Sic (218 in tutto) e Zps (che sono invece 29) e disposto la loro non equiparazione alle aree naturali protette. Successivamente il Tar, su ricorso di Wwf e Legambiente, ha sospeso il primo provvedimento riportando i vincoli al punto di partenza. Inoltre ad aprile il Commissario dello Stato ha impugnato di fronte alla Corte Costituzionale il ddl n.513 approvato in aprile dall'assemblea regionale, dal poco equivocabile titolo Disposizioni a favore dell'esercizio di attività economiche in zone SIC e ZPS. Disposizioni in favore dell'esercizio di attività sciistica nell'aria del Parco delle Madonie di Piano Battaglia, perché "le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 1 del provvedimento legislativo in oggetto, in quanto escludono qualsiasi forma di valutazione dell'incidenza degli interventi sugli ecosistemi compresi nelle aree SIC e ZPS e quindi oggetto di salvaguardia, limitandosi a prevedere il solo rispetto degli strumenti urbanistici vigenti, sono pertanto da ritenersi non solo contrastanti con la normativa statale di attuazione della Direttiva comunitaria ma anche trasgressiva di quest' ultima, ed in contrasto con gli articoli 9, 11, 97 e 117, primo e secondo comma lettera s) della Costituzione, nonché con l'articolo 14 dello Statuto Speciale. Il 3° comma dell'art. 1, inoltre, laddove prevede la formazione del silenzio assenso sulla pronuncia della valutazione di incidenza dell'Assessorato regionale del territorio e dell'Ambiente, intervenuto in via sostitutiva in caso di inerzia delle amministrazioni competenti (comuni ed enti parco) si pone in contrasto con gli articoli 9 e 97 della Costituzione". Senza indugio, già nel successivo maggio l'Ars vara la legge n.13 relativa a Disposizioni in favore dell'esercizio di attività economiche in siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale. Norme in materia di edilizia popolare e cooperativa. Interventi nel settore del turismo. Vi è sancito, tra l'altro, che le valutazioni d'incidenza su interventi proposti al di fuori di parchi e riserve sono attribuite ai Comuni. Inoltre, in attesa dei piani di gestione dei siti, viene assicurato il proseguimento e l'ampliamento delle attività esistenti purché nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti. Insomma, tutto come prima.
Sardegna. Con delibera dello scorso marzo (n.9/17) la Regione ha designato 22 nuove Zps, dopo che il Ministero dell'Ambiente l'aveva diffidata ad adempiere agli obblighi della direttiva comunitaria Uccelli pena il pagamento di una sanzione dell'ordine di 100-300 mila euro al giorno. Né era stata valutata come sufficiente la designazione di 6 nuove Zps avvenuta con la deliberazione n. 52/19 di fine 2004. Attualmente le Zps sarde sono così 37, e i Sic 92. Secondo l'assessorato regionale il 98% dei Comuni interessati dai Sic è impegnato nella loro gestione, avendo già approvato i relativi Piani che al più sarebbero in via di ultimazione. Sarebbero solo 27 i Comuni che non hanno ancora concluso l'iter deliberativo.
Verso il nuovo decreto
A fine maggio 2007 gli uffici del Ministero dell'Ambiente consegnano una prima bozza del nuovo, sospiratissimo provvedimento alle Regioni e Province autonome. Seguono successive stesure a giugno, poi a luglio, infine a settembre. In quest'ultima versione dagli uffici romani di via Cristoforo Colombo vengono accolte nella sostanza le ultime richieste della controparte: escludere le Province autonome dall'applicazione del decreto e cancellare il divieto tassativo di caccia prima dell'1 ottobre nelle Zps assegnate alla categoria "zone umide". Sul primo punto il ministro Pecoraro Scanio si è dichiarato disponibile, "con la riserva di una verifica costituzionale". Sul secondo punto il divieto generalizzato è stato sostituito dal divieto di abbattere, precedentemente alla data stabilita, uccelli appartenenti alle specie elencate (anatre, rallidi e alcuni caradriformi). Nella seduta del 20 settembre la Conferenza Stato-Regioni infine esprime parere favorevole. Votano contro Lombardia, Veneto, Liguria e Sicilia. Contestualmente è sancito l'accordo di mettere all'ordine del giorno della successiva seduta la modifica della delibera "incriminata" del Comitato nazionale per le aree protette, sempre quella del '96.
Ma vediamo nel concreto le misure approvate, iniziando da quelle valide per tutte le Zsc. Riguardano, sintetizzando: il divieto di bruciatura delle stoppie e delle paglie, di sfalcio nella stagione primaverile (tra 1/3 e 31/7), di eliminazione di siepi e altri "elementi naturali e seminaturali caratteristici del paesaggio agrario", di pesca con reti da traino in acque marine con praterie di posidonia o habitat coralligeni, di caccia con pallini di piombo all'interno delle zone umide. Sulle Zps il discorso è più articolato. Il decreto prevede l'obbligo di adozione o adeguamento da parte di Regioni e Province autonome degli atti contenenti misure minime di conservazione entro tre mesi. Ribadisce poi l'ovvio, e cioè che in caso di Zps ricadenti in tutto o in parte all'interno di aree naturali protette la gestione rimane affidata all'ente gestore di quest'ultima. Elenca poi, stavolta, le tredici tipologie ambientali individuate tenendo conto dei criteri ornitologici indicati nella direttiva Uccelli e delle esigenze ecologiche delle specie presenti nelle diverse Zps. Stabilisce le misure minime di conservazione per tutte le Zps che, in sintesi, in aggiunta a quelle già menzionate per le Zsc sono: divieto di caccia nel mese di gennaio, tranne due giorni a settimana fissate dai calendari venatori regionali; divieto di preapertura dell'attività venatoria, con l'eccezione della caccia di selezione agli ungulati; divieto della caccia in deroga; divieto di caccia con pallini di piombo all'interno delle zone umide; divieto della tecnica dello "sparo al nido" per contenere le popolazioni di corvidi; stop ai ripopolamenti con esemplari di provenienza alloctona; divieto di caccia incondizionato a pernice bianca, combattente e moretta; divieto di costituire nuove zone di addestramento per cani da caccia o ampliare quelle esistenti; stop ai nuovi impianti eolici, se non già autorizzati o inferiori ai 20 kw, e a impianti di risalita o piste da sci, cave, nuove discariche di rifiuti e all'ampliamento di quelle esistenti (tranne se per inerti); divieto di circolazione fuoristrada ai non autorizzati. Sempre sulle Zps il nuovo decreto aggiunge alcune prescrizioni di meno stringente attuazione, ma ugualmente rilevanti, che riguardano: la messa in sicurezza degli elettrodotti di nuova realizzazione rispetto al rischio di elettrocuzione e impatto degli uccelli; la regolamentazione degli interventi di diserbo meccanico in canali irrigui e collettori; il monitoraggio delle popolazioni ornitiche protette dalla direttiva Uccelli. Infine, a Regioni e Province autonome è demandato pure il compito di incentivare alcune attività, dalla rimozione dei cavi sospesi degli impianti di risalita alla promozione di Natura 2000 tra i residenti, dall'agricoltura biologica e integrata al ripristino di zone umide permanenti e temporanee. Da notare, il testo del decreto è il frutto di una collaborazione tra il Ministero dell'Ambiente e quello delle Politiche agricole, sì da garantire la maggior possibilità di utilizzo dei fondi comunitari.
L'eolico
Tra le misure previste dall'art.5 del decreto, quello relativo alle misure minime di conservazione valide per tutte le Zps, quella che ha suscitato maggiori frizioni in particolare all'interno del movimento ambientalista è il divieto di "realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli impianti per i quali sia stato ultimato il procedimento di autorizzazione, di interventi di sostituzione e ammodernamento, anche tecnologico, che non comportino un aumento dell'impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della Zps, nonché di impianti per autoproduzione con potenza complessiva non superiore a 20 kw". Va detto subito che la norma appare ben più circostanziata rispetto a quella prevista, sullo stesso punto, dallo scaduto decreto di agosto dove si sospendevano senza eccezione tutti i nuovi impianti (quindi anche quelli già autorizzati) fino all'adozione dei piani di gestione delle Zps. Nel decreto ministeriale del 2006 si prescriveva inoltre, per le valutazioni d'incidenza, la realizzazione di un periodo di monitoraggio dell'avifauna presente "di durata compatibile con il ciclo biologico della stessa" - cioè in pratica un anno - e la subordinazione al parere obbligatorio dell'Infs. Nemmeno presente, infine, l'eccezione positiva per il microeolico invece adesso consentita. Correzioni di tiro che non sono bastate ad Aper, Anev e Assoelettrica - le associazioni di produttori di energia dall'eolico - da cui è subito partita una netta (e frettolosa: il comunicato si riferiva al divieto di nuovi impianti in Sic e Zps, mentre invece il decreto lo fissa nelle sole Zps) condanna del nuovo provvedimento "chiaramente in controtendenza rispetto agli obiettivi fissati dall'Unione Europea al 2020 che prevederebbe il massimo impegno di tutte le amministrazioni per favorire la diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili". Meno ovvia la reazione contraria al decreto di due importanti associazioni della galassia ambientalista. Pochi giorni dopo il passaggio cruciale del provvedimento in Conferenza Stato-Regioni, Greenpeace e Legambiente hanno preso carta e penna ed hanno scritto al ministro Pecoraro Scanio rimproverandogli "due leggi contro l'energia del vento" (l'altra era il decreto legislativo approvato il 12 settembre che istituisce la valutazione d'impatto ambientale nazionale per gli impianti eolici di potenza superiore ai 20 MW, pure ispirato dal Ministero dell'Ambiente). Va ricordato che Legambiente aveva già manifestato il suo disappunto, pochi mesi prima, per la sentenza del Tar della Toscana di bocciatura del parco eolico di Scansano inaugurato appena nove giorni prima ("è paradossale che si tema più l'eolico che la caccia", dichiararono i dirigenti dell'associazione del Cigno) nelle terre del Morellino, frequentate da rapaci rari e minacciati come il lanario. A difesa dell'operato del ministro è invece scesa in campo soprattutto la Lipu, l'associazione che con i Vas ha maggiormente seguito l'attuazione concreta di Natura 2000 in Italia, sottolineando che "l'eolico senza regole non fa bene a nessuno".
Le tipologie ambientali
Dagli ambienti aperti alpini agli hot-spot per i transiti migratori ("valichi montani, isole e penisole rilevanti per la migrazione dei passeriformi e di altre specie ornitiche", scandisce il decreto), le tredici tipologie ambientali sono ampiamente ispirate al "Manuale per la gestione di ZPS ed IBA" prodotto anni fa dalla Lipu su incarico del Ministero dell'Ambiente. E la seconda parte del nuovo decreto, più precisamente il lungo art.6, può dettare regole chiare e circostanziate suddivise in tre categorie: obblighi e divieti, regolamentazioni, attività da favorire. Obblighi e divieti sono mirati. Alcuni esempi? L'obbligo di integrazione degli strumenti di gestione forestale nelle Zps degli ambienti forestali tanto alpini che appenninici, il divieto di eliminazione dei muretti a secco nelle Zps di ambienti misti mediterranei oppure steppici, l'obbligo di segnalazione delle colonie di uccelli marini e di relativo divieto di accesso a cani&gatti entro un raggio di 100 m, il divieto di bonifica idraulica delle zone umide naturali e obbligo invece di relativo monitoraggio, il divieto di taglio dei pioppeti occupati da garzaie nelle Zps di ambienti fluviali o agricoli. Tutte prescrizioni, viene da pensare, decisamente necessarie perché fino ad ora non rispettate. Feriti e caduti non si contano, infatti, nella lista troppo spesso virtuale di siti "protetti" da Natura 2000 di casa nostra. E' soprattutto qui che il decreto dovrebbe cambiare le cose. Molte di più sono le attività da regolamentare, elencate diligentemente, e pure quelle da favorire per migliorare l'efficacia della rete. Ora la palla passa di nuovo alle Regioni, per adeguare o se occorre introdurre ex novo le misure di conservazione ciascuna nel proprio ordinamento. I mesi di tempo assegnati dal decreto a partire dalla sua entrata in vigore sono appena tre.
LE TREDICI TIPOLOGIE AMBIENTALI INDIVIDUATE DAL DECRETO
ambienti aperti alpini
ambienti forestali alpini
ambienti aperti delle montagne mediterranee
ambienti forestali delle montagne mediterranee
ambienti misti mediterranei
ambienti steppici
colonie di uccelli marini
zone umide
ambienti fluviali
ambienti agricoli
risaie
corridoi di migrazione
valichi montani, isole e penisole rilevanti per la migrazione dei passeriformi
e di altre specie ornitiche
Giulio Ielardi
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