Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 53



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Recensioni

I parchi nazionali: Agonia di un'idea?
Paolo Francalacci, Giuseppe Mureddu
Alinea Editrice, 2007
208 pp., 28 Euro
Distribuzione regionale o via internet:
www.ulisselibri.com
Fin dal titolo il libro esprime chiaramente un preoccupato allarme sul futuro dei parchi nazionali e sulla loro gestione. Dopo l'approvazione della legge quadro n.394 del 1991 che ha raggiunto tra l'altro, il risultato apprezzabile di far nascere diciotto parchi nazionali oltre ai cinque storici, purtroppo la situazione di parecchi di essi è insostenibile. Crescita e sviluppo non vanno di pari passo. Gli autori si interrogano sulle cause. Molti i problemi irrisolti, pochissima discussione su di essi. I motivi di questo silenzio si possono ricondurre prevalentemente a disinteresse e a delusione. Un diffuso giudizio critico circola su quanto è stato finora realizzato dai parchi. L'insoddisfazione crescente rischia di creare rotture insanabili. Che cosa non ha funzionato?
Dare una risposta potrebbe significare rimettere in discussione l'idea stessa di parco nazionale.
Lo scopo del testo è di riaprire il dibattito sull'attuale politica dei parchi nazionali e sulle sue possibili prospettive. Senza rinunciare ad una argomentazione sistematica e documentata l'intento degli autori è stato quello di costruire una sorta di pamplhet, di libello polemista.
In conclusione e in sintesi emergono alcuni aspetti positivi, come la crescita di aree protette e dei servizi connessi; la diffusione della sensibilità ambientale; la formazione di un quadro normativo-istituzionale forte; e parecchi negativi: l'insufficiente svolgimento delle funzioni istituzionali di alcuni parchi, l'insufficiente progettualità; il persistere di contrasti con istituzioni e popolazioni locali ecc.
Insomma, il quadro non è dei più felici, il paziente è malato e però agendo in fretta raccomandano gli autori, è possibile salvarlo.
Il libro si struttura in quattro grandi capitoli (articolati in paragrafi e sotto paragrafi):
• Quadro d'insieme degli aspetti normativo-istituzionali
• Natura, organizzazione e governo dei parchi nazionali
• Parchi nazionali ed economia
• Agonia di un'idea (conclusioni)
e ha una doppia presentazione, una in inglese del prof.ss David Sheppard (Head IUCN Program on Protected Areas) e una seconda in italiano a cura della Dottoressa Attilia Peano (Dipartimento InterAteneo del Politecnico di Torino)
Ricca e approfondita la sezione bibliografica; interessante la sezione relativa alla schedatura dei parchi nazionali.
(Anna Arbre)

Viaggio nella Toscana dei parchi
Giulio Ielardi
Edizioni ETS, 2008
140 pp., 14 Euro
Distribuzione regionale o via internet: www.edizioniets.com
Come recita la quarta di copertina: “un'inchiesta on the road, un ritratto appassionato, di una regione e di una comunità alla ricerca di un futuro più sostenibile.”
Articolato in sei agili capitoli, il testo di Ielardi racconta la Toscana meno conosciuta, quella naturale. Il viaggio si snoda in cinque tappe: il parco di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli; la straordinaria e leggendaria Isola di Montecristo, ossia il parco dell'Arcipelago toscano; i parchi dell'Appennino tosco-emiliano e delle Foreste Casenitesi; l'entroterra: da Siena a Rocconi, per terminare con il parco della Maremma. Il libro ha una struttura mista, una parte di intervista-inchiesta dove alle domande del giornalista si avvicendano le risposte dei vari direttori e non solo, e una parte più narrativa dove Ielardi racconta luoghi, animali e personaggi.
Le domande sono accurate e a volte provocatorie. Si comincia con il direttore “dell'area protetta dal nome più lungo”, Sergio Paglialunga. Parco enorme, seguito con efficacia anche grazie a piani di gestione mirati per le diverse aree, e al fatto che è il parco a gestire il vincolo paesaggistico. Problematiche diversissime, le più acute: il lago, l'erosione costiera, il cuneo salino.
Grande invidia per la visita all'isola di Montecristo. Riunione dei vertici con il direttore Mario Tozzi che spiega e illustra nuovi progetti e vecchie difficoltà. L'isola è, come scrive l’autore, “un campionario di forme di geomorfologia”. Eccoci sul sentiero verso le rovine di un vecchio monastero benedettino fino alla vista mozzafiato su Collo Fondo, Cima dei Lecci, e la baia di Cala Maestro. Ma, racconta Ielardi, sono ancora molte le cose da cambiare su quest'isola dal sapore di romanzo.
Ci spostiamo “sull'Appennino solitario”, nel parco tosco-emiliano: un lungo e articolato viaggio che tocca vari centri montani, da Castelnuovo di Garfagnana. Attrazioni principali: mufloni, caprioli e il bellissimo orso bruno, tutti in recinti però. E si prosegue nel dominio degli Este, signori delle terre dal quattrocento all'Unità d'Italia. Un'incursione a Castelnovo ne' Monti, con la famosa pietra di Bismantova, che come ci ricorda l’autore, è il roccione di dantesca memoria cantato nel Purgatorio. E poi la conseuta intervista al presidente, Fausto Giovannelli.
E' la volta dell'entroterra, da Siena, la cui campagna ha il sapore dei secoli scorsi, via via verso la riserva del Lago di Montepulciano, la val d'Orcia, la riserva naturale di Rocconi e l'incontro arricchente con Riccardo Nardi.
Per finire il parco della Maremma, con l'arrivo di notte alla ricerca del lupo. Nella radura del Lasco, con Lorenzo Manghi che con la tecnica del Wolf Howling cerca di stabilire un “contatto” con quest'animale meraviglioso e tanto demonizzato in passato. Sembra di sentirli gli ululati, cinque ripetuti per tre volte a distanza di un minuto e mezzo. E i lupi ci sono davvero, forse 9 esemplari.
Ultimo capitolo: visita all'Ufficio parchi della regione Toscana in via Novoli a Firenze.
Un po' inchiesta, un po' reportage il libro è ricco di spunti, con suggestive aperture arrichite da toccanti immagini di luoghi e animali simbolo.
(Anna Arbre)

State of the world 2008
Ideas and opportunities for sustainable econimies
AA. VV. - WorldWatch Institute
Earthscan, London 2008
260 pp., 14,99 Sterline inglesi
Uscito da poco nella versione italiana curata da Gianfranco Bologna per Edizioni Ambiente, e pubblicato in ben 28 lingue, il rapporto annuale del WorldWatch Institute (una delle voci più autorevoli sui trend ambientali del nostro pianeta) è arrivato come di consueto a inizio anno per festeggiare la sua venticinquesima uscita.
Noi abbiamo avuto sotto mano finora solo la versione anglosassone, pubblicata da Earthscan.
Il rapporto del 2008, senza tralasciare una visione su grande scala, si focalizza su una serie di temi legati alle realtà locali, la loro gestione ed organizzazione in termini di risorse, relazioni sociali e legami di comunità, nella prospettiva di creare micro-economie attente ai bisogni delle persone e sostenibili sotto il profilo ambientale. Un’ottica particolarmente interessante per le aree protette, perché fornisce elementi solidi, soluzioni ed esperienze per orientare lo sviluppo e l’innovazione veso la direzione tanto auspicata di compatibilità e armonia con le esigenze della conservazione della natura, della vita degli ecosistemi e delle persone che li abitano.
Molti sono gli argomenti trattati, dal ripensamento dei meccanismi di produzione e commercializzazione, alle riflessioni su alimentazione e stili di vita, spaziando dall’etica ad una attenta rivisitazione del concetto di benessere.
Particolarmente interessante è poi la sezione speciale intitolata “Pagare per i servizi della natura”, dove vengono passati sotto la lente vari sistemi di “monetizzazione” di risorse e danni ambientali. Si parte dall’esempio più consolidato delle “quote carbonio” per le emissioni di anidride carbonica, per passare ai problemi, ancora molto aperti, legati alla risorsa acqua e alla tutela della biodiversità.
Proprio di quest’ultima, che i parchi sono chiamati per primi a proteggere, poco si sente parlare in questi termini, spesso ritenuti troppo gretti e materialisti. Tuttavia le leve del nostro mondo sono mosse dall’economia e la tutela di specie ed ecosistemi non è certo cosa gratuita, per cui sarà sempre più importante essere in grado di rispondere a domande del tipo: quanto è disposta a spendere la nostra società per proteggere un insetto in via di estinzione? 10 euro, 1000 Euro, 200.000 Euro? Da cosa dipende tale entità? Dalla specie in questione? Dal suo ruolo nell’ecosistema? Da quali altre valutazioni o priorità?
Il senso comune porterebbe a pensare che molte estinzioni siano nella natura delle cose: anche i dinosauri in fondo sono scomparsi. La prospettiva cambia però se consideriamo, da un lato, che la diversità, come provano centinaia di studi di ecologia e biologia, è il fondamento su cui si basa la stabilità e la capacità di reazione alle emergenze del nostro mondo naturale, e, dall’altro, che negli ultimi trent’anni sono scomparsi, con velocità crescente, tra il 20 e il 50% delle specie marine e terrestri, per cause fondamentalmente legate all’attività dell’uomo.
Uno scenario in cui è troppo facile e comodo pensare che la situazione sia ormai irreversibile e non vi sia nulla da fare. Bisogna invece rimboccarsi le maniche. Sono necessarie iniezioni di fiducia e concretezza come quelle fonite dalle pagine del rapporto del WorldWatch Institute, una lettura che consigliamo vivamente a chiunque si occupi oggi di ambiente.
(Giulio Caresio)

L’Aquila dei serpenti
Francesco Petretti
Pandion Edizioni, 2008
272 pp., 25 Euro
Presentazione di Danilo Mainardi
Sconveniente: come uno starnuto senza mano davanti oppure l’accoppiata camicia a righe/cravatta a pois. Fare divulgazione scientifica in un Paese come il nostro non ha mai riscosso particolare interesse, né tantomeno la stima, da parte dei primi depositari del sapere e cioè i professori universitari. Difficile spiegarsene il perché. Forse il tradizionale primato delle discipline umanistiche ha sempre più relegato in un angolo i cultori di quelle scientifiche, a quel punto impegnati innanzitutto a difendere le posizioni acquisite e meno disposti ad aprirsi, a rilanciare. Ad assumere cioè quell’atteggiamento positivo e propositivo capace di influenzare fasce più ampie della società. Non so se è una divagazione ma questi pensieri sono stati i primi sfogliando e poi leggendo con avidità il libro “L’Aquila dei serpenti” di Francesco Petretti. Perché nei suoi libri, nelle trasmissioni televisive a cui partecipa assiduamente e nella rivista “Oasis” che da qualche tempo dirige, Petretti di questa posizione culturale è uno dei più convinti e anche convincenti assertori. Fare divulgazione e farla bene, facendola precedere da solide basi di conoscenza, oltretutto con un eclettismo di interessi da naturalista d’altri tempi – in questo, e non solo in questo, degno emulo di Fulco Pratesi – che in un’epoca di specializzazioni spinte è un ulteriore segno di distinzione. Questo volume è dedicato alla specie cui Petretti è maggiormente legato come biologo, e cioè il biancone. Un rapace tra i più eleganti dell’avifauna europea, tra i simboli stessi della natura mediterranea e ciononostante quasi sconosciuto ai non addetti ai lavori. Dalla tesi di laurea in poi, Petretti lo studia da trentacinque anni e in particolare nella Maremma toscana e sui laziali monti della Tolfa, un’area collinare a nord-ovest di Roma dall’enorme superstite interesse naturalistico. Undici sono i capitoli nei quali ogni aspetto della biologia del biancone viene illustrato con dettaglio ed anche esponendo dati inediti. E a rendere più scorrevole la lettura va segnalata la presenza di brani di testo più discorsivo in cui l’Autore racconta episodi presi dai taccuini di campo. Un libro certo non solo divulgativo, per il taglio scientifico prescelto, terminologia, tabelle. Da segnalare a tutti i cultori della materia, naturalmente, ma anche a chi ha scelto per sé un futuro da ricercatore nell’ambito delle scienze naturali e ai tanti operatori che si occupano di educazione ambientale all’interno dei parchi (per inciso, Petretti dal 2007 è il presidente di Roma Natura), tra l’altro supplendo a quei vuoti che si ricordavano all’inizio.
(Giulio Ielardi)

Oxygen La scienza per tutti
AA.VV.
rivista trimestrale edita da Codice Edizioni
127 pp., 12 Euro
Distribuzione esclusiva per l'Italia Arnoldo Mondadori editore.
La rivista, voluta da una grande multinazionale, l'Enel, per diffondere il pensiero e il dialogo scientifico ha un impianto ambizioso.
Fin dalla copertina dei primi 3 numeri publicati colpisce l'aspetto grafico, molto curato e intelligente: immagini suggestive e d'impatto. Il taglio è alto, testi articolati, discussioni a volte anche polemiche, con interessanti e accurate sezioni dedicate ai consigli di lettura per approfondire l'argomento trattato.
Grazie anche a un comitato scientifico di tutto rispetto, che vede la partecipazione fra gli altri di Umberto Veronesi, la rivista si propone come uno strumento d'analisi e riflessione piuttosto raffinato. Un tema principale caratterizza il numero, da lì a raggera partono gli articoli che ne sviluppano i vari aspetti.
Particolarmente interessante il numero di gennaio scorso, dedicato al Protocollo di Kyoto. Tra gli altri, interventi di economisti come Carlo Carraro, Saskia Sassen e Parta Dagsputa sulla possibilità e i limiti dello sviluppo; un articolo provocatorio del grande fisico Freeman Dyson che pone dubbi e domande sulle proiezioni statistiche della scienza; un'interpretazione dell'opera artistica di Giuseppe Penone sui cambiamenti nella natura.
Strutturata in due grandi blocchi, il primo con contributi internazionali tutti tradotti in italiano, un secondo più compatto con la versione inglese, la rivista ha un formato piacevole ed ha il grande pregio di essere stampata su carta Munken Lynx, prodotta dalla Artic Paper con criteri eco-compatibili rigorosi.
(Anna Arbre)

La volpe e la bambina
Regia di Luc Jacquet
Film avventura – Titolo originale:
“Le Renard et l'enfant”
2007, Francia, 91 min
Lucky Red (distribuzione)
Per strada talvolta lo scambio di uno sguardo è un incontro intenso che lascia intravedere la possibilità di un rapporto futuro d’amicizia o d’amore. Così accade tra una volpe e una bambina in questa pellicola in tutti i sensi favolosa di Luc Jacquet.
Uno spunto che deriva, come racconta lo stesso registra, da un episodio vissuto in prima persona: "Da bambino, nell'Ain, passavo il tempo correndo nei boschi e l'immagine del mio incontro con una volpe mi è rimasta scolpita nella mente. Lei si è girata, mi ha guardato con un'intensità che mi ha sconvolto, ed è fuggita via. Praticamente, è la prima scena di questo film".
La differenza è che l’energia di quegli sguardi spesso in città cade nel nulla, mentre nel delicato film francese, viene coltivata con pazienza e dedizione sia dalla bambina protagonista che dalla volpe Tatù, dando vita ad una relazione magica, intima ed allo stesso tempo misteriosa e non priva d’insidie.
Fanno da sfondo, ma sono i veri protagonisti, paesaggi e scenari incantati delle montagne francesi dell’Ain, ma soprattutto del nostro Parco Nazionale d’Abruzzo, dove la troupe ha osservato per sei mesi le volpi nel loro ambiente, e filmato lupi, orsi, maestosi faggi, e molto altro ancora.
Il film e la storia traggono forza dallo splendore e la varietà di una natura libera, mettendone in luce l’energia e il linguaggio delicato fatto di rumori lievi, silenzi, magie di luce e d’atmosfera, armonie di colori e profumi, tutti veicoli e porte per sentimenti grandi e diretti: amicizia, felicità, spensieratezza, ma anche inquietudine, incomprensione, rabbia e paura. Tutto ha un sapore semplice e genuino che risulta particolarmente piacevole e nutriente: evidentemente non ci capita spesso oggi di gustare questo cibo così importante per la nostra anima.
Il cinema francese si è sempre distinto per grande sensibilità, rara e preziosa virtù che, in questi ultimi anni, ha dato vita a quella che pare destinata a diventare una “nuova corrente” del cinematografica, sfornando una serie di pellicole straordinarie sulla natura. A partire dal 1996 con il microscopico mondo incantato di “Microcosmos” di Perennou e Nurisdany, passando allo strepitoso volo a battito d’ala de “Il Popolo Migratore” (2002) di Perennou, alla solidale e incredibile “Marcia dei Pinguini” (fatica precedente a quest’ultima proprio di Jacquet), uscita appena tre anni fa, nel 2005.
Film che nascono da un scuola documentaristica sempre coltivata con grande attenzione dai vicini l’oltralpe, contrariamente a quanto accade nel nostro paese dove l’insensibilità in tal senso regna sovrana.
(Giulio Caresio)