Costruire una "vision" delle aree protette: una necessità per lo Stato
Sulla soglia dei 18 anni della 394 la "cultura della natura" non è ancora maturata come visione comune.
Sulla soglia dei 18 anni della 394 la "cultura della natura" non è ancora maturata come visione comune. L'inverno in corso è nuovamente occasione di riflessione sulle aree protette con un prossimo appuntamento. Federparchi, l'organizzazione italiana degli enti gestori delle aree protette, va a congresso, tappa che assume un ruolo di particolare importanza.
L'AIDAP (Associazione Italiana dei Direttori e dei funzionari delle Aree Protette) ha raggiunto i risultati di un lavoro faticoso di riconferma del ruolo e della voce delle professionalità interne, ricordando quella visione che vuole che le scelte e i progetti di qualità si possano ottenere solo con la partecipazione alla loro costruzione di tutte le risorse culturali e professionali presenti. Un percorso non senza difficoltà, causate dal mal interpretato rapporto che nel nostro paese e esiste fra politica e tecnica, abituate entrambe, specie la prima, a fare invasioni di campo reciproche, invece di ispirarsi ad un virtuoso equilibrio fra di loro. Nel consolidare questo ruolo l'AIDAP, insieme l'AIGAP ed all'AIGAE, hanno dato vita ad una iniziativa di coordinamento fra le organizzazioni delle professioni, per rafforzare la voce dei tecnici delle aree protette. Nel frattempo gli strumenti finanziari e legislativi non aiutano la protezione e le politiche territoriali delle aree protette ed invece di investire su quelle politiche che sono strategiche, taglia, anche qui, indistintamente. Nel corso del 2008 si sono avvicendati momenti di confronto ancora non chiari e si sono acuite crisi gestionali come il caso purtroppo emblematico delle Aree Marine Protette.
Ma perché tutto questo? Perché perdura questa incapacità di vedere nella qualità del territorio, nei valori della natura, un valore aggiunto? Una delle spiegazioni può essere di carattere generale: il sistema di governo nel suo complesso a diversi livelli, non è maturo e segna profondi ritardi di "vision". Non è una questione di posizioni di governo o di politica, è una questione di "culture". I parchi per loro parte invece costruiscono vision, elaborano, propongono, cercando di colmare questo vuoto, in un processo a volte quasi esclusivamente "bottom-up". Il documento di Federparchi è un caposaldo importante, metodologicamente corretto e organico, un'insieme di ragionamenti stimolanti e costruttivi, capace di indicare i problemi ed anche le strade per le soluzioni. Per sostenere gli impegni individuati non esiste altro che il "governo della materia", e Federparchi, come le associazioni professionali come l'AIDAP, hanno la responsabilità di stimolare le scelte delle Regioni e del Governo in materia e devono quindi innanzi tutto crescere loro in qualità della rappresentanza e concretezza del lavoro di proposta e di sostegno al dibattito.Il documento di Federparchi, come già ricordato, traccia chiaramente e con metodo il percorso dal "cosa fare" nei parchi - adottando gli strumenti per la protezione - al "come ottenere" i risultati - programmando e gestendo con efficacia proponendo "con chi" attuare queste scelte incentivando la partecipazione.
Occorre tuttavia, a nostro giudizio, arricchire questo approccio metodologicamente organico, con due valutazioni fra le tante che possono contribuire a stimolare il confronto.
1.Sul cosa fare il documento richiama il principale obiettivo di lavoro dei parchi individuato nella protezione. E' tuttavia importante esplicitare con maggiore evidenza la tesi che vuole che la protezione si possa raggiungere non solo disponendo degli strumenti di tutela dalla Carta della Natura al Piano per la Biodiversità ma con una equilibrata azione gestionale sul territorio multiobiettivo ovvero operando contestualmente nei campi dell'educazione, del turismo, delle opere di recupero, della vigilanza e dei sistemi organizzativi interni in grado di sorreggere tutto questo, la "capacito building". Un ente che venga letto nella vision locale e generale come "Il governo della Natura", oltre a non venire compreso a livello locale, non riesce a radicare nella gestione la sua proposta di governo del territorio affidato alla sua protezione. Alcune posizioni recenti, specie delle associazioni ambientaliste, che giustamente richiamano i parchi a riprendere con maggiore chiarezza il loro obiettivo di enti di tutela che a volte hanno accelerato sul piano della promozione locale - devono nel contempo sostenere l'importanza di questo approccio alla gestione territoriale. In una parola il parco lavora su un territorio e su questo attua politiche equilibrate di governo in leale collaborazione e non solo di esclusiva tutela.
2.Inoltre sul tema del come fare deve essere chiarito in modo più forte la necessità non solo di garantire l'aggiornamento del personale impiegato, ponendosi domande di maggiore peso. Ovvero si deve spostare l'attenzione sulle modalità di gestione, pensando agli enti come vere e proprie organizzazioni, nelle quali solo la presenza di una politica organizzativa ed un piano di miglioramento della gestione interna, possono sostenerne l'impegno e garantirne i risultati. Credo che il ruolo di AIDAP e delle altre organizzazioni stia proprio su questo piano, stimolando l'attenzione a che non sia solo affermato il valore dell'aggiornamento ma il valore delle tecniche di organizzazione del lavoro, fra le quali esiste l'aggiornamento ma esistono anche altri problemi: la costruzione della "vision" interna e l'impegno nei lavori di rendicontazione come il bilancio sociale, il tema della dotazione organica e del personale, il tema dello stile e dei temi organizzativi interni. In una parola il parco non si deve intendere come un ente con amministratori e personale, ma come una organizzazione strutturata. Si dovrebbe riprendere l'insieme di questi temi per costruire progetti di dibattito e di costruzione della vision, stimolando perché questo lavoro di crescita dell'organizzazione interna sia svolto e condotto in primo luogo dalle organizzazioni di governo, che oggi non paiono invece, a diversi livelli, su questo terreno lanciare sfide e programmi. E' il tema, in altre parole, della politica proattiva, che a Feltre in occasione dei 15 anni del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi - è stato possibile conoscere nell'esperienza americana, illustrando le iniziative del centenario nel 2016 dell'NPS, un'interessante spunto a cui guardare. Un'esperienza che le iniziative come al Carta di Feltre a livello nazionale, o altre proposte di confronto, come il nuovo documento POTO.2010 del Parco del Po torinese su temi specifici e di scala regionale, contribuiscono a proporre, perché chi ha in mano le leve di governo ascolti ed operi. I 18 anni sono alla porta e le responsabilità ambientali sono le prime da assumersi nella società moderna.
Ippolito Ostellino
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