Costituzione, paesaggio, natura
Testimonianza di un padre costituente
«Ogni qual volta l'uomo calpesta in qualche modo la Natura, la Natura ferita risponde. Quando cerchiamo di sostituirci alla Natura, dobbiamo essere molto cauti, molto attenti.
Nell'articolo 9 della Costituzione ci fu coraggio e visione di futuro».
Salgo al secondo piano di Palazzo Giustiniani, in un'atmosfera ovattata e piena di rispetto che, quando guardo alla televisione i resoconti dell'attività politica, mi sembra essere andata in frantumi. Il senso dello Stato, l'onorabilità delle istituzioni, sta anche nei simboli e negli atteggiamenti di chi lo rappresenta, a ogni livello, dal più sperduto Comune, al Parlamento, al Governo. La decadenza della contemporaneità la si legge, purtroppo, ogni giorno, dalla televisione che entra in ogni casa... Sono pensieri che mi pervadono mentre salgo all'incontro con uno dei Costituenti, un "padre" della Patria. Oscar Luigi Scalfaro, Presidente emerito della Repubblica.
Il Presidente Scalfaro partecipò, giovanissimo magistrato, all'atto di nascita della nostra Carta Costituzionale che il Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, firmò proprio in questo Palazzo, il 27 dicembre 1947. In quell'atto fondamentale della nostra Repubblica, all'articolo 9 si legge: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione".
Questo è il motivo principale che spinge la mia curiosità in questo storico palazzo al centro di Roma, a due passi dal Senato della Repubblica, dal Parlamento e da Palazzo Chigi, sede del Governo. La chiacchierata con il Presidente dovrebbe fare riferimento, in particolare, all'introduzione nella Carta Costituzionale degli argomenti relativi alla tutela del paesaggio e dell'ambiente naturale. Mi interessa comprendere dalla viva voce di uno degli autorevoli Costituenti come si originò quella lungimirante norma. Mi piace chiedere al Presidente, inoltre, qual è il suo pensiero aggiornato all'oggi, sullo stesso argomento. Vorrei altresì cogliere un pensiero sulla questione dei parchi e delle aree protette del nostro paese. Queste le premesse.
Ma, com'è ovvio, la chiacchierata con Oscar Luigi Scalfaro non può non intercettare riflessioni su temi di interesse più generale, che si sviluppano tra ricordi personali e riaffermazione di principi che sono il fondamento della democrazia e della nostra civile convivenza in una repubblica cui ha contribuito a dare una Carta di riferimento. Il risultato dell'incontro è proposto all'attenzione di chi ci legge, con la consapevolezza che la parte di articolazione dello Stato democratico di cui, diligentemente, ci occupiamo appartiene a un tutto sociale che ha la stessa complessità del tutto ecologico, in cui nulla vive di vita propria, ma è collegato in una interdipendenza di persone e istituzioni che dovrebbe entrare a far parte dell'ecologia della nostra mente. La politica dei parchi può sembrare argomento marginale a chi la legge con superficialità. È, invece, parte costituente del nostro comune progetto di futuro. Allo stesso modo in cui lo fu la preveggente norma introdotta con l'articolo 9 della Costituzione.
Ma sentiamolo, il Presidente emerito della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro.
Accenno al motivo dell'incontro e all'argomento. Mi interrompe subito scandendo:
«Art.9! La Costituzione ce l'ho sempre qui, ben presente, perché la ritengo fondamentale per ogni cittadino del nostro Paese. Questi 11 articoli -dico sempre 11 e non 12 per il semplice fatto che il dodicesimo è la bandiera e la bandiera non è un articolo; per noi la bandiera è la Patria è la somma di tutti gli eroismi e anche delle nostre povertà e miserie, dunque di tutta la nostra storia, un punto di unione e di riferimento- ma non è un articolo. Gli undici sono formidabili.
Quando parlo di questo soprattutto ai giovani, ritorno a vivere i sentimenti che vissi nell'Assemblea Costituente, eletto a 27 anni quando ero già giovane Magistrato e con un periodo durissimo di professione alle spalle, che non auguro a nessuno. La giustizia è un problema delicato sempre, giudicare persone e fatti non è la cosa più semplice del mondo; pensare di giustizia nei momenti di agitazione, di rivoluzione, di crollo di una dittatura, fine di una guerra disastrosa, l'8 settembre, la tragedia dell'Esercito, il Re che ha abbandonato il campo andando in Puglia... Una serie di situazioni paurose. Questa Repubblica ha al centro la persona umana: art.1: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo...". La fatica è anche della bestia, ma il lavoro è solo dell'uomo e l'aver esaltato la persona dopo la tragedia della dittatura che alla persona aveva tolto tutti i diritti, fu un fatto straordinario e fondamentale al tempo stesso. Ero, allora, all'Università Cattolica a studiare legge, quando si diceva, da parte del regime fascista, che il cittadino - che non si chiamava cittadino ma suddito - non aveva nessun diritto personale. I diritti facevano capo allo Stato che li dava, li concedeva, li sospendeva, li toglieva definitivamente. Incredibile! La persona ridotta a un oggetto, a una cosa. Nella democrazia, viceversa, l'esaltazione della persona, posta al centro; dalla quale nasce lo Stato, fatto di persone, il popolo fatto di persone.
Democrazia: governo di popolo.
Ed eccolo, il rapporto persona-Stato con l'articolo 2: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti involabili dell'uomo ... e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". La Repubblica garantisce i diritti inviolabili! Per riprendere le parole della relazione di La Pira "la persona è un prius perché lo Stato nasce in quanto c'è la persona che lo costituisce e dunque lo Stato è un posterius. Viene dopo." Ecco come si spiega quell'articolo e l'applauso che lo accolse e che ricordo con emozione.
Venivamo da uno Stato moloch, compresa la scuola, eppure al catechismo dell'Azione Cattolica si diceva che l'uomo è creato da Dio con la pienezza dei diritti e la pienezza delle dignità; poi è certo che questa pienezza deve attuarsi, ma l'affermarla è già un atto enorme, formidabile.
Ci troviamo allora di fronte a una Repubblica che nasce e trova già la persona, senza la quale non sarebbe nato lo Stato.
Il diritto e il dovere del lavoro: il dovere dello Stato di rimuovere gli ostacoli perché l'eguaglianza sociale - sottolinea l'espressione con un vigore che va oltre l'enfasi che gli conosciamo e riconosciamo - è importante. Non ci sono le caste. Quello che zappa la terra ha la stessa dignità dello scienziato, del ricercatore, dell'industriale miliardario. La dignità è precisa.
Poi l'articolo successivo, con uno sviluppo che afferma i diritti fondamentali dell'Uomo, anticipando la stessa Dichiarazione dei Diritti Universali, e tra questi quelli religiosi. Proprio ieri sono stato a una bellissima riunione di chiese evangeliche che celebrano, sempre in febbraio, la grande giornata in cui Carlo Alberto, il giorno 17 con un suo Decreto diede i diritti di culto ai protestanti delle zone di Pinerolo, in Piemonte, anticipando la Costituzione del 4 marzo. Fu un passo enorme! Nel preparare questa assemblea di molte chiese protestanti, ho ripercorso la discussione nella Costituente e ne ho poi fatto il racconto - che è stato seguito con grande interesse - sottolineando come coloro che avevano discusso, con passione, su questo tema del diritto di libertà di religione, di libertà di culto, furono parlamentari molto giovani. Questo, che ho indicato simbolicamente con l'accenno ai primi tre, è lo spirito formidabile che si snoda in tutti gli articoli della nostra Costituzione, fino a quell'articolo 11 che rappresenta una pietra miliare: "L'Italia ripudia la guerra...", affermazione tutta proiettata nel futuro...
Così come lo sono i contenuti dell'articolo 9: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione". Ma proiettare nel futuro le questioni dell'ambiente è più facile. Anche per uno che non sa niente, le piante, i fiori, la frutta, tutto ciò che serve all'uomo, compresi gli animali, è pensiero che viene quasi naturale...
Ma dire che lo Stato è pronto a rinunziare a una parte della sovranità...
Perché l'articolo primo, nel secondo comma, dice che la sovranità risiede nel popolo. La radice del potere è il popolo. Per questo il Parlamento è la colonna portante di questa nostra Carta Costituzionale in cui la voce, la volontà del popolo è il punto focale della democrazia. Chi mai pensava alla rinunzia di sovranità? Un discorso che sembrava lunare. Invece no.
L'Italia è disposta a rinunziare, a parità di condizioni con gli altri Paesi, per la giustizia, per la pace. Un'affermazione enorme, che in quel momento è più che profetica.
L'articolo che riguarda la pagina della cultura, della ricerca, è oggi un tema di sofferenza. Perché, ogni volta che si discute la legge finanziaria, sentiamo quante richieste ci sono, quanti vuoti ci sono, quante istanze non si possono soddisfare perché mancano i fondi. Da anni si svolge un'attività abbastanza ampia di ricerca che, tuttavia, non viene fatta dallo Stato - che può, certo, averne un certo controllo - ma è quella industriale.
Certo, di quell'industriale più accorto che ha una visione, che non mette solo i soldi a parte, perché sa che un giorno o l'altro, pur essendo fiorentissimo, rischia di veder morire l'azienda. Sa che deve lanciarsi in prospettiva, perché lavora su temi che la ricerca affronta e risolve consentendo di andare avanti in maniera innovativa.
Questa ricerca, che nasce in qualche misura dalla base, è oggi la più fiorente, rispetto a quella pubblica.
Certo per scarsità di mezzi, ma anche per una scarsità di visione, di coraggio.
In quell'articolo non mancò. Lì il coraggio ci fu. E insieme c'è la tutela del paesaggio. Ricordo che allora sui giornali venne data una rappresentazione umoristica di questo fatto, con delle prese in giro per il fatto che si introduceva l'argomento tra i princìpi fondamentali del nostro ordinamento. Solo dopo, ci si rese conto di cosa voleva dire. Dell'importanza di questo principio. In quel principio c'è qualcosa che va oltre la devoluzione della grandissima foresta amazzonica, rispetto alla quale, giustamente, ci chiediamo quali danni si determinano... Quando vediamo la demolizione di strutture di sette-otto-dieci-quindici piani, costruite, senza regole, vicino al mare, togliendo respiro all'uomo, allora comprendiamo la lungimiranza di quell'articolo. Dobbiamo riflettere: quante volte diciamo che il buco nell'ozono o altre gravi ferite inferte alla Terra, sono determinate dall'abuso dell'Uomo? Ogni qual volta l'uomo calpesta in qualche modo la Natura, la Natura ferita risponde. Non posso dimenticare una frase che mi colpì da giovane e che ho sempre portato con me "Dio perdona sempre, l'Uomo qualche volta, la Natura mai". Anche per uno come me, analfabeta in queste materie, non è difficile pensare che l'armonia della natura non è solo ciò che vediamo. È l'intero Creato di cui conosciamo tanto, ma pur sempre solo una parte. Ecco allora che non dobbiamo meravigliarci di certe reazioni, come gli spostamenti completi di clima. Alcuni cambiamenti cimatici li posso comprendere anch'io, che non ne ho conoscenza scientifica, perché sono legati al Pianeta, alla sua mutabilità, al suo stesso moto. Io che sono nato a Novara da famiglia del Sud avevo i nonni a Bari.
Mio nonno calabrese, ogni settimana, inviava una cartolina postale in cui metteva non solo la data ma anche la temperatura. Allora, a Novara, avevamo venti-trenta nevicate invernali, con 60-70 centimetri di neve e temperature che scendevano di parecchi gradi sotto zero. Loro avevano soltanto un braciere e le case nuove disponevano di termosifoni che però non venivano mai accesi; quando faceva freddo, si arrivava a 8-9 gradi. Adesso è più facile che nevichi a Bari piuttosto che in Calabria e ci sono ragazzi che vanno ogni anno sulla neve, ma non conoscono quella che scende dal cielo: solo quella sparata dai cannoni. La neve non può nascere dal nulla, ha bisogno di acqua e questo - ho letto - determina una crisi ambientale, perché uno dei componenti della neve artificiale sarebbe dannoso per l'ambiente e influirebbe negativamente anche sulla nostra respirazione. Dunque quando cerchiamo, noi umani, di raffazzonare le cose, di sostituirci alla Natura, dobbiamo essere molto cauti, molto attenti.
Il nostro articolo 9 è stato quindi una previsione forte, lungimirante.
Tuttavia dobbiamo affrontare questi problemi con il buon senso degli esseri umani del mondo. Altrimenti corriamo il rischio di manifestazioni che destano un sorriso di compatimento, come quando sentiamo dire "abbiamo deciso che da noi l'energia nucleare mai!". Eppure sappiamo che, soprattutto nel Nord, appena si passa il confine siamo attorniati da impianti dai quali acquistiamo energia; e se uno di questi dovesse andare in crisi, avremmo danni ben più grandi di Chernobyl che è molto lontana. Quando passo in certe città con cartelli del tipo: "Questo territorio è denuclearizzato" mi viene da sorridere. Si tratta del voto del Municipio, del Consiglio Comunale che ha deciso: "se scende l'atomica qui non può passare perché noi lo abbiamo deciso!".
Sono manifestazioni ingenue».
Si, Presidente, ma il problema è che in casi come quello cui ha appena fatto riferimento, l'umanità scherza davvero con la Natura, cui pretende di sostituirsi sperimentando ciò che la scienza e le applicazioni tecnologiche mettono a disposizione, senza porsi dei limiti, senza interrogarsi sull'etica della responsabilità e sul principio di precauzione che in casi come questi sarebbero forse opportuni.
La scelta energetica nucleare, con le attuali tecnologie non consente ancora di dare ragionevoli garanzie di sicurezza...
«Chissà quando ci sarà la garanzia totale! Le cose fatte dall'uomo, anche quando ci sono le certezze assolute, non danno mai sicurezza assoluta. Scommetto che ci sarà sempre un primo caso: è un commento della storia e della vita dell'uomo. Tuttavia l'uomo sa che se si muove in contrasto, in contrapposizione, facendo guerra alle leggi di natura, fa un passo che è delittuoso.
Perché forzare la natura è un fatto assolutamente di danno all'uomo che vive nella natura e vive per il motivo che prende forza e salute dalla natura. Dunque sarebbe come se chi abita al primo piano decidesse di togliere il piano che è sotto, toglierne le colonne perché ritiene non stiano bene: sa che poi non riuscirà più a godere della casa. I nostri avi, di casi come questo, dicevano: " è l'uomo che taglia il ramo su cui è seduto". Se il ramo è, al massimo, a cinquanta centimetri di altezza si prenderà un danno minimo, ma se il ramo è in alto... Basterebbe guardare alle decisioni prese sul piano mondiale.
Basterebbe vedere che gli stessi Stati Uniti di fronte al Protocollo di Kyoto hanno resistito. Li ha trattenuti il pensiero che frenando la produzione industriale...
Ma l'uomo ha un ingegno che dovrebbe servire per fare cose che danno lavoro e quindi vita a tutti, senza creare danni che massacrano tutti».
Presidente, tornando all'art 9 cosa ricorda della sua gestazione?
«Il primo lavoro veniva fatto dalla "Commissione dei Settantacinque", presieduta da Meuccio Ruini, un Consigliere di Stato di grande preparazione, veramente di grandissima preparazione, che ha governato con sapienza ed equilibrio quel momento delicato, che era poi il cuore dei lavori nel quale venivano discusse le proposte. Lì si svolgeva la prima discussione, si confrontavano i primi pensieri diversi e si sviluppava il primo cercare un denominatore comune. Quanto vantaggio ci fu da quell'intesa sulla difesa dei diritti e della dignità della persona! Diventò il metro che andò poi bene per le impostazioni di principio, di filosofia materialista, atea, come quella comunista anche un po' estremista e andò bene per un mondo cattolico che aveva una filosofia tomista.
Tutti erano stati contro il fascismo. Allora bisognava, naturalmente, essere d'accordo nel sostenere le cose che il fascismo aveva calpestato. Dunque, starei per dire che c'era un passo di logica che spingeva in quella direzione.
Per la parte specifica bisognerebbe rileggere - se le servono glieli posso procurare con facilità - i verbali dell'Assemblea Costituente. Ogni tanto vado a rileggerli anch'io perché pur seguendo la memoria certe cose non possono ricordarsi tutte.
Qui si tratta di andare a rivedere - ripeto posso fornire i verbali sia della discussione generale sia della votazione di questo articolo - come si svolse il dibattito».
E allora andiamo a riprenderli questi verbali, le parole di quella discussione che portò a redigere forse l'articolo più originale della nostra Costituzione repubblicana, che trova poche analogie in altre Costituzioni. Il dibattito si svolse nella Prima Sottocommisione, ottobre 1946, dove il seme del dettato costituzionale fu concepito da Concetto Marchesi che ottenne il voto unanime della Commissione dei Settantacinque sulla proposta di un articolo 29 dalla quale uscì il testo portato all'attenzione del Comitato di redazione dell'Assemblea Costituente dai relatori Marchesi e Moro dopo aver superato anche il tentativo dell'On. Clerici (seduta del 30 aprile 1947) di dimostrare l'inutilità dell'articolo, con la motivazione che ci fossero già "delle leggi speciali assai specifiche e concrete che tutelano tanto il patrimonio artistico quanto il paesaggio".
Il primo testo recitava: "I monumenti artistici e storici, a chiunque appartengano ed in ogni parte del territorio nazionale, sono sotto la protezione dello Stato. Compete allo Stato anche la tutela del paesaggio". La discussione, in quella sede, lo modificò, e fu licenziato nella seduta del 30 aprile del 1947 nella formulazione: "il patrimonio artistico e storico della Nazione è sotto la tutela della Repubblica. Compete allo Stato anche la tutela del paesaggio".
Ma l'iter non era concluso. Dopo il coordinamento del testo della Costituzione, lo ritroviamo come art.9 nella definitiva stesura: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione".
Fu l'emendamento proposto da Lussu - di imputare alla Repubblica la tutela di patrimonio e paesaggio - che pose la premessa per la conversione di quell'articolo 29 in principio fondamentale, superando così le indicazioni delle allora vigenti leggi specifiche, la 1089 del 1939 e la 1497 del 1939. Ed è così che paesaggio e patrimonio entrano di diritto tra i principi fondamentali della Costituzione, dando loro la connotazione di elementi costitutivi dell'identità del Paese e attribuendo alla funzione di tutela -solennemente posta in capo alla Repubblica - un carattere primario e qualificante, intrinseco all'essenza stessa della nascente Repubblica Italiana. Una decisione che si è rivelata un lascito prezioso per le potenzialità programmatorie e precettive e per le conseguenti implicazioni giuridiche. E, a proposito di ordinamento giuridico, va segnalato come sia in atto una sorta di conflitto di interessi tra Stato e Regioni, in quanto lo Stato centrale, con le recenti modifiche del Codice dei beni culturali, ha nuovamente avocato a sè le competenze sul paesaggio, sia rispetto alle Regioni, sia rispetto agli stessi parchi.
Una domanda al giurista Oscar Luigi Scalfaro: è bene che il paesaggio sia sotto la diretta tutela dello Stato?
«Vorrei dire, intanto, che è bene che i parchi siano protetti.
Non si può negare che chi è sul posto ha diritto di una parola, però c'è una unità - anche scientificamente c'è una unità - quindi è necessario ci sia un accordo.
Io dico che la totale decisione del centro non mi vede mai favorevole, perché democrazia è sempre una volontà plurima e una volontà di persone; sul posto i Sindaci rappresentano il volere popolare maggioritario. Ma c'è bisogno di una autorità superiore, che faccia da sintesi: mai un'autorità centrale che vada e decida le sorti senza ascoltare il territorio. Io, che sono uomo di periferia, affermo con forza questa opinione, ho questo parere».
Il tempo scorre, in questa piacevole conversazione, che potrebbe durare all'infinito. Mi rendo via via conto che il Presidente è persona davvero sensibile, che si interroga sui temi dell'ambiente:
«Siamo in un mondo che ha delle modifiche. Però rimane un interrogativo per gli studiosi: quanto l'attività dell'uomo ha giocato in questa modifica e quanto invece sarebbe avvenuto comunque, perché lo spostamento naturale di tutto il Creato avrebbe determinato questa situazione?»
Al tempo stesso Oscar Luigi Scalfaro rimane un curioso osservatore...
«Oggi dobbiamo registrare un grande cambiamento. Io che sono nel novantesimo - perché quest'anno, se campo, compio i 90 - ricordo cosa ho vissuto: la neve che ho pestato, le battaglie e palle di neve a scuola, quante volte, era un momento... Roma era famosa per i goccioloni... Una pioggia anche un po' violenta, ma di breve durata... Non è più così. In compenso ci sono stati adesso dodici-tredici giorni di sereno assoluto, con un freddo intenso. Un mio collaboratore che abita nelle vicinanze di Castelporziano, la tenuta del Quirinale, l'altra mattina aveva sette gradi sotto zero.
Cose che a Roma non sono soltanto rare, ma quasi impensabili.
Sono solito dire "Roma ha un tempo più bello che buono". La prima volta che vidi nella zona dell'Eur - Assemblea Costituente - delle macchine che colavano, mi fermai perché credevo le avessero lavate. Invece era l'umido... Eppure, venendo da Napoli, l'Eur sembra in alto. Invece, tutto sommato, è una fossa, da cui si sale per arrivare a Roma, umidità a non finire.
Però i tramonti che si vedono, ancora oggi, a Roma sono una cosa spettacolare, commovente. Mi interrogo: quanto l'uomo ha determinato questi cambiamenti?».
La chiacchierata finisce qui. Con questa immagine degli imperdibili tramonti romani di cui gli auguriamo possa godere ancora a lungo. Lascio questo gentiluomo, che ha trascorso la sua vita nell'impegno politico pubblico, portando con me una lezione di serietà, di attaccamento allo Stato, di difesa dei principi della democrazia sanciti con la Costituzione di cui abbiamo appena celebrato il sessantesimo anniversario e che vede nel Presidente Scalfaro un cittadino sempre pronto a mobilitarsi per la sua difesa. Un grazie collettivo glielo dobbiamo proprio tributare.
Lunga vita, Presidente
Valter Giuliano
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