Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 58



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Copenhagen: un mondo senza testa

Ancora nulla di fatto per cambiare davvero la direzione del mondo. Stilata a Copenhagen in extremis quella che sembra più
una lettera d'intenti che un accordo.
Si "prende atto", senza approvazione per mancanza di unanime consenso, del "Copenhagen Accord" di cui vi diamo la traduzione integrale in italiano.
Di positivo c'è il riconoscimento per la prima volta a livello planetario del problema del "global warming" e della necessità di contenere l'aumento delle temperatura media entro i 2°C. Tuttavia nulla si stabilisce sui tagli e non si pone per ora alcun vincolo comunemente concordato.

Se ancora vi fossero dubbi, l'incontro di Copenaghen li ha dissipati, mostrando che al mondo della politica non mancano solo gli occhiali per vedere meglio la realtà, manca proprio tutta la testa.
L'atteso incontro in cui tutti riponevano le speranze per dare finalmente la virata e tornare in pista, o quantomeno nella giusta direzione dal momento che la boa è ormai superata da tempo, si è rivelato quasi esclusivamente una "superflua e nodale parata ecologica" come l'ha definita il maestro Ceronetti.
Non ha cambiato le cose neppure l'arrivo di Barack Obama, atteso come salvatore messianico quando già si vociferava di fallimento, come se il nobel per la pace conferisse a quest'uomo, già troppo carico di pressioni interne nel suo paese, poteri soprannaturali di mediazione internazionale.
Non intendo tuttavia fare qui una cronaca delle giornate ormai relativamente lontane di Copenhagen su cui è stato scritto tutto ampiamente e a più riprese.
Il nodo centrale su cui mi pare valga invece la pena di spendere alcune parole, è che la politica internazionale dovrebbe tornare ad esistere come percorso, come ricerca, associata ad un anelito alto di giustizia verso gli uomini e la biosfera, e non tanto come evento mediatico, come viaggio sotto i riflettori per "uomini che contano".
E' l'idea stessa di "evento", che da qualche tempo domina la nostra vita quotidiana e tutti i campi del sapere, che fa rabbrividire: mai è stata creatrice di risultati ed intelligenza, semmai levatrice di stupidità, al più donna precocemente gravida, sospesa tra abortire o partorire figli di cui non potrà poi, evidentemente, occuparsi come dovrebbe.
Ne siamo testimoni tutti dopo migliaia di G7, G8, G20, saloni, fiere, conferenze, convention e workshop. Vanno bene per far festa o per azzuffarsi, per scambiarsi il biglietto da visita o qualche manganellata, per riempire le prime pagine dei quotidiani nel giorno di apertura e poco più. Nella migliore delle ipotesi questi incontri sono utili per condividere risultati già pensati, ma il lavoro, la chiarezza, la riflessione stanno altrove.
E se questo altrove non esiste più (o quasi) con esso muore il pensiero e la possibilità di un mondo diverso: un mondo con la testa sul collo.
Anche nei parchi, cui viene promessa e poi negata a fasi alterne una fantomatica Terza Conferenza Nazionale, si respira da un po' di tempo questa aria di "eventi" che di sano ha, sinceramente, ben poco. Speriamo che almeno in questi luoghi si riesca, magari con fatica e stringendo i denti, a conservare non solo semi di biodiversità, ma anche quelli di pensiero e coscienza che possano germogliare e poi sbocciare in proposte differenti, capaci di presente e di futuro.
Da Copenhagen, va detto, escono purtroppo sconfitti, sul piano mediatico e diplomatico, l'Onu e l'Europa, entrambi relegati ad un ruolo di comparse di second'ordine.
Il primo risulta sempre più spogliato di autorevolezza e privo di ogni potere reale: una tendenza pericolosa che rischia di sradicare quella già debole radice di paritario dialogo internazionale. Speriamo che almeno riesca nell'obiettivo dichiarato di rendere vincolanteì l'accordo sul clima nel 2010.
L'UE, da sempre protagonista nella battaglia al cambio del Clima, promotrice del Protocollo di Kyoto e leader nella Conferenza di Bali del 2007, si scopre incapace di fare fronte compatto, di esprimere un portavoce credibile e di confermarsi trascinatrice.
Anzi l'Unione dei 25, pur classificandosi al terzo posto nella produzione mondiale di anidride carbonica, rimane all'ombra non solo dei due detentori di questo primato, Stati Uniti e Cina, ma anche di India e Brasile, prossimi candidati ad affiancare i big di questa classifica in negativo.
Del resto per fare i primi della classe ci vogliono i numeri: non basta all'Europa portare avanti il buon esempio del pacchetto 20-20-201, o aver giocato un ruolo chiave nella ratifica del Protocollo di Kyoto, quando ne ha disatteso ampiamente gli impegni e perso di conseguenza credibilità.
E così sulla scena internazionale, dopo 40 anni di guerra fredda Usa-Urss all'ombra di un conflitto nucleare mondiale, si affaccia la nuova era di duopolio Usa-Cina con la spada di Damocle di una catastrofe climatica. Non resta che sperare che un'anima europea possa davvero nascere e proporre una visione più lungimirante sul futuro climatico del pianeta.
Per ora il risultato di questa situazione sono i 12 punti del "Copenhagen Accord" di cui si è "preso nota" e tanto detto e scritto, quasi sempre con poco entusiasmo e poca chiarezza. Abbiamo pensato, per tale ragione, di non aggiungere ulteriori commenti, ma di fornire una traduzione in italiano (a quanto ci risulta inedita) del documento originale, lasciando così ai lettori il compito e la libertà di farsi un'opinione personale diretta.
Se l'Onu e l'Europa sono gli sconfitti visibili, ben peggiore è la situazione dei veri sconfitti che rimangono invisibili o quasi.
Come l'Africa (che si è probabilmente cercato di tenere buona permettendo al Sudafrica di partecipare alla stesura dell'Accordo, poi comunque giudicato dal Sudafrica stesso "non accettabile") che produce solo il 4% delle emissioni di anidride carbonica del pianeta e sta già pagando un caro prezzo del cambio del clima in termini di deforestazione, desertificazione e scarsità di risorse idriche (figura 1).
Esempio sintomatico e plateale è quello del lago Ciad (figura 2) che, al di là delle enormi fluttuazioni stagionali, si è oramai ridotto drasticamente e si prevede addirittura possa scomparire nei prossimi vent'anni. Problemi ambientali e problemi sociali a braccetto: una connessione cui dovremo pensare ed abituarci sempre più. Il bacino del lago interessa un'area in cui vivono più di 20 milioni di persone che già stanno subendo le difficoltà legate alla carenza di acqua per l'agricoltura, la pastorizia e la pescicoltura con cui si sostentano.
Un inaridimento che ha portato a registrare migrazioni ingenti e che, con ogni probabilità, non è slegato dal tragico e annoso conflitto nell'area del Darfur verso il Sudan.
Altro continente che sta già subendo pesantemente gli effetti del "global warming" è l'Oceania, e in particolare tutti quegli arcipelaghi di atolli del Pacifico che non spuntano dal mare più di quattro o cinque metri e che hanno visto in questi anni già radicalmente cambiare il profilo delle loro coste.
Il caso più noto è quello delle Isole Tuvalu (figure 3 e 4) che si prevede vengano in gran parte sommerse nei prossimi decenni e che hanno coraggiosamente capitanato il dissenso sull'Accordo di Copenhagen ritenendolo miope, ingiusto e limitato. Neppure questa posizione plateale ha dato loro più di qualche articolo di giornale nelle giornate calde del meeting.
Una posizione ferma e coraggiosa, che ha portato tra l'altro questa piccola nazione a rinunciare all'unica nota definita unanimemente positiva dell'Accordo di Copenaghen, quella riguardante i fondi. E' stato infatti dato il via al "Fondo di Copenhagen per il clima" in cui confluiranno 30 miliardi di dollari nei prossimi tre anni e in seguito 100 miliardi di dollari l'anno che i paesi industrializzati si impegnano a mobilitare dal 2012 al 2020. Tutte risorse destinate ai paesi poveri per rifinanziare misure di adattamento e riconversione ad un'economia a basso tenore di carbonio.
Molti paesi e gli stessi osservatori internazionali non si fidano completamente degli impegni presi: il timore è che tali fondi "si distraggano" da quelli già previsti per la lotta alla povertà.
Se così non fosse, tuttavia, è stato raggiunto un bel risultato concreto, no?
Le parole del premier di Tuvalu, Apisai Ielemia, svelano tutta la nostra miopia e dovrebbero servire a cambiare punto di vista: «Non voglio soldi. Sono semplicemente una carota dopo tante bastonate di carbonio. Che cosa ce ne facciamo? Se la temperatura sale, noi non esisteremo più. A cosa ci servono i soldi?» I fondi servono, ma non è con il denaro che possiamo porre rimedio a tutti i problemi.
A ben vedere da Copenhagen usciamo sconfitti tutti noi come uomini, bisognosi di ritrovare un percorso che abbia senso e futuro ed incapaci di farlo, reticenti ad ammettere questa nostra impotenza e pronti a prodigarci per fingere di avere a cuore il mondo, abilissimi a rendere impossibili soluzioni possibili, sempre accecati dal denaro e dalla tecnologia, malati di una povertà di spirito e di mente che oggi trova spietata e speculare espressione nella politica planetaria e non.
Cerchiamo almeno a livello personale ed a livello di parchi di lavorare per suggerire una strada diversa.

I 12 punti del "Copenhagen Accord"
Dal momento che riteniamo opportuno, quando possibile, leggere in prima persona i documenti originali per farsi un'idea dei reali contenuti, eccovi una traduzione in italiano (preparata da Parchi in linguaggio non giuridico e da intendersi quindi come solo documento informativo) i 12 punti dell'Accordo di Copenaghen, di cui come ricordiamo si è "preso nota" nell'Assemblea plenaria conclusiva dell'incontro di Copenhagen, non potendo essere formalmente approvato il documento per il dissenso di otto paesi (Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua, Costarica, Ecuador, Sudan e Tuvalu). Già il diritto internazionale non brilla solitamente per chiarezza, quando poi si aggiunge a tale quadro ulteriore confusione, pare ovvio che neppure agli addetti ai lavori risulti chiaro che validità tale documento abbia o avrà in futuro. Non si può inoltre non rilevare la povertà di pensiero ed il malcostume ormai generalizzato e trasversale nell'utilizzo della lingua nei documenti "politico-programmatici", sia a carattere locale e nazionale, che a carattere internazionale: risultano ingarbugliati da leggere e da tradurre e incapaci di trasmettere alcuno slancio sincero. E' inevitabile pensare che anche questo sia un segno di decadenza non indifferente di questi nostri tempi.

1. Teniamo a sottolineare che il cambiamento climatico è una delle maggiori sfide del nostro tempo.
Sottolineiamo la nostra forte volontà politica di combattere con urgenza il cambiamento climatico
conformemente al principio di responsabilità comuni ma differenziate ed alle rispettive possibilità. Per raggiungere l'obiettivo finale della Convenzione di stabilizzare la concentrazione dei gas a effetto serra in atmosfera a un livello tale da escludere qualsiasi pericolosa interferenza di origine antropica con il sistema climatico, noi, riconoscendo la visione scientifica che l'aumento della temperatura globale dovrebbe essere inferiore ai 2 gradi centigradi, sulla base dell'equità e nel contesto dello sviluppo sostenibile, rafforziamo la nostra azione a lungo termine di cooperazione per combattere il cambiamento climatico. Riconosciamo gli impatti critici del cambiamento climatico e i potenziali impatti delle misure di risposta dei paesi particolarmente vulnerabili ai suoi effetti negativi dello stress e la necessità di istituire un programma globale di adattamento, che includa il supporto internazionale.

2. Conveniamo che forti tagli alle emissioni globali sono necessari in accordo con la scienza e come documentato dalla quarta relazione di valutazione dell'IPCC al fine di ridurre emissioni globali in modo tale da contenere l'aumento della temperatura globale entro i 2 gradi centigradi, e di agire per raggiungere questo obiettivo in linea con la scienza ed il principio di equità. Noi dovremmo cooperare per raggiungere il picco delle emissioni globali e nazionali nel più breve tempo possibile, riconoscendo che il lasso di tempo per raggiungere il picco sarà maggiore nei paesi in via di sviluppo, e tenendo conto del fatto che sviluppo economico e sociale e sradicamento della povertà sono le prime e fondamentali priorità dei paesi in via di sviluppo, e che una strategia di sviluppo a basse emissioni è indispensabile per lo sviluppo sostenibile.

3. L'adattamento agli effetti negativi dei cambiamenti climatici e degli impatti potenziali delle misure di risposta è una sfida che devono affrontare tutti i paesi. Una maggiore azione e cooperazione internazionale in materia di adattamento è necessaria con urgenza per garantire l'attuazione della Convenzione consentendo e sostenendo l'attuazione di azioni di adattamento intese a ridurre vulnerabilità e costruire una maggior solidità nei paesi in via di sviluppo, soprattutto in quelli che sono particolarmente vulnerabili, in particolare quelli meno sviluppati, le piccole isole in via di sviluppo e l'Africa. Siamo d'accordo che i paesi sviluppati devono fornire adeguate, prevedibili e sostenibili risorse finanziarie, tecnologiche e progettuali per sostenere l'attuazione di azioni di adattamento nei paesi in via di sviluppo.

4. Le Parti di cui all'Allegato I si impegnano a realizzare, individualmente o congiuntamente, gli obiettivi fissati per il 2020 per le emissioni, che devono essere presentati nel formato fornito nell'Appendice I alla Segreteria dalle Parti di cui all'Allegato I entro il 31 gennaio 2010 per la compilazione di un documento INF.
Le Parti di cui all'Allegato I che aderiscono al Protocollo di Kyoto rafforzeranno in tal modo ulteriormente la riduzioni delle emissioni avviato dal Protocollo di Kyoto. Consegna di riduzioni e di finanziamento da parte paesi sviluppati saranno misurati, riportati e verificati in conformità alle leggi vigenti e ulteriori linee guida adottate dalla Conferenza delle Parti, e sarà garantita la valutazione di tali obiettivi e delle finanze in maniera rigorosa, solida e trasparente.

5. Le Parti non incluse nell'Allegato I della Convenzione attueranno azioni di mitigazione, comprese
quelle da presentare alla segreteria da parte delle Parti non incluse nell'Allegato I nel formato stabilito nell'Appendice II entro il 31 gennaio 2010 per la compilazione di un documento INF (ovvero a carattere informativo, ndr), coerentemente con l'articolo 4.1 e l'articolo 4.7 e nel contesto dello sviluppo sostenibile.
Paesi meno sviluppati e le nazioni costituite da piccole isole in via di sviluppo possono intraprendere azioni volontariamente e sulla base di aiuti. Azioni di mitigazione successivamente adottate e previste per le Parti non incluse nell'Allegato I, compresi gli inventari-reports nazionali, devono essere comunicate attraverso comunicazioni nazionali coerenti con l'articolo 12.1 (b) ogni due anni sulla base di linee guida che saranno adottate dalla Conferenza delle Parti. Tali azioni di mitigazione incluse nelle comunicazioni nazionali o altrimenti comunicate al Segretariato saranno aggiunte alla lista nell'Appendice II. Azioni di mitigazione adottate da Parti non incluse nell'Allegato I saranno soggette a misurazioni "in casa", il report e la verifica dei risultati sarà trasmesso tramite comunicazione nazionale ogni due anni. Le Parti non incluse nell'Allegato I trasmetteranno informazioni sull'attuazione delle loro azioni attraverso comunicazioni nazionali, con disposizioni in materia di consultazioni e analisi internazionali secondo linee guida chiaramente definite che garantiranno il rispetto della sovranità nazionale.
Azioni nazionali appropriate di mitigazione che richiedano il supporto internazionale saranno registrare in apposito registro, insieme con la tecnologia relativa, il sostegno finanziario ed il relativo sviluppo delle competenze. Tali azioni supportate saranno aggiunte alla lista nell'Appendice II. Queste azioni nazionali appropriate di mitigazione saranno oggetto di valutazione internazionale, comunicazione e verifica secondo gli orientamenti adottati dalla Conferenza delle Parti.

6. Riconosciamo il ruolo cruciale della riduzione delle emissioni causate dalla deforestazione e dal degrado delle foreste e la necessità di incrementare l'assorbimento delle emissioni di gas a effetto serra da parte delle foreste e concordiamo sulla necessità di fornire incentivi positivi di tali azioni attraverso l'immediata istituzione di un meccanismo, che includa REDD-plus (programma delle nazioni unite: "Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation", ndr), per consentire la mobilitazione di risorse finanziarie provenienti dai paesi sviluppati.

7. Decidiamo di perseguire approcci diversi, compresa la possibilità di utilizzare i mercati economici, per migliorare il rapporto costi-efficacia, e per promuovere azioni di mitigazione. Ai paesi in via di sviluppo, e in particolare a quelli con economie a bassa emissione devono essere forniti incentivi per continuare a svilupparsi su un percorso a bassa emissione.

8. Finanziamenti crescenti, nuovi e aggiuntivi, prevedibili e adeguati, nonché un relativo accesso migliorato devono essere predisposti per i paesi in via di sviluppo, in conformità con le pertinenti disposizioni della Convenzione, per consentire e sostenere il potenziamento delle azioni di mitigazione, incluse le risorse sostanziali per ridurre le emissioni derivanti dalla deforestazione e dal degrado delle foreste (Redd -Plus), l'adattamento, lo sviluppo e il trasferimento di tecnologia e competenze, per una migliore l'attuazione della Convenzione. L'impegno collettivo da parte dei paesi sviluppati è quello di fornire nuove e ulteriori risorse, ivi compresa la silvicoltura e gli investimenti attraverso istituzioni internazionali, per una cifra prossima ai 30 miliardi di dollari per il periodo 2010 - 2012 con equilibrata ripartizione tra adattamento e mitigazione. I finanziamenti per l'adattamento saranno indirizzati prioritariamente ai paesi in via di sviluppo più vulnerabili, come i paesi meno sviluppati, i piccoli stati insulari e l'Africa.
Nel contesto di significative azioni di mitigazione e di trasparenza di attuazione, i paesi sviluppati si
impegnano a un obiettivo di mobilitare congiuntamente 100 miliardi di dollari all'anno fino al 2020 per rispondere alle esigenze dei paesi in via di sviluppo. I finanziamenti proverranno da una grande varietà di fonti, pubbliche e private, bilaterali e multilaterali, incluse fonti finanziarie alternative. Saranno forniti nuovi finanziamenti multilaterali per l'adattamento attraverso efficaci ed efficienti modalità di fondo, con un struttura di governance che preveda una rappresentanza equilibrata di pesi sviluppati ed in via di sviluppo. Una porzione significativa di tali finanziamenti deve passare attraverso il Copenhagen Green Climate Fund. (Fondo Verde per il Clima di Copenaghen, ndr).

9. A tal fine, un High Level Panel (gruppo di alto livello, ndr) sarà istituito, sotto la guida della Conferenza delle Parti nei confronti di cui risulterà responsabile, per studiare il contributo delle fonti potenziali di entrate, comprese risorse di finanziamento alternative, per il raggiungimento di questo obiettivo.

10. Decidiamo che il Copenhagen Green Climate Fund debba essere istituito come un ente che gestisce il meccanismo finanziario della Convenzione a sostegno di progetti, programmi, politiche e altre attività nei paesi in via di sviluppo correlate alla mitigazione, inclusi REDD-Plus, adattamento, sviluppo delle competenze, sviluppo tecnologico e trasferimento delle conoscenze.

11. Al fine di potenziare l'azione per lo sviluppo e il trasferimento di tecnologia decidiamo di istituire
un Technology Mechanism per accelerare lo sviluppo tecnologico ed il suo trasferimento a sostegno
all'azione di adattamento e mitigazione, che sarà guidato da un approccio orientato dalle peculiarità
dei paesi e basato su circostanze e le priorità nazionali.

12. Chiediamo che una valutazione dell'attuazione del presente Accordo sia completata entro il 2015, anche alla luce dell'obiettivo finale della Convenzione. Tale valutazione dovrà tener conto dell'esigenza di rafforzare l'obiettivo a lungo termine, facendo riferimento alle varie argomentazioni presentate dalla scienza, anche in relazione all'aumento di temperatura di 1,5 gradi Celsius.

Giulio Caresio