Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 59


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DOSSIER
Parchi tra venti di tempesta e desiderio di nuova primavera

Investimenti e un nuovo ruolo per la tutela attiva

Scrivere di parchi in Italia non è mai facile.
Siamo un Paese senza memoria storica. Tra pochi giorni si celebrano i 150 anni dell'Unità d'Italia e ancora non si sa come, dove e purtroppo qualcuno si chiede anche perché.
Le cronache son piene di alluvioni, frane, smottamenti, valanghe… che in altre stagioni divengono incendi e crolli di beni culturali unici e inestimabili.
Un Paese che non riesce a rendere normale l'uso parsimonioso e il riuso delle risorse, come può affrontare la rivoluzione culturale della raccolta differenziata?
E allora la tragedia dei rifiuti di Napoli diviene autentica icona mondiale, facendoci vergognare.
Ma ogni disastro ambientale ha almeno due facce: quella civile e quella politica. I cittadini formano il Paese in cui vivono, con le loro storie, con le loro abitudini, con i loro sogni. Senza uno scatto d'orgoglio della gente del Sud, di tutta la gente, i rifiuti non raccolti e non smaltiti correttamente sono sempre colpa di qualcun altro. Ma senza la capacità della politica di guardare oltre l'orizzonte, senza sondaggi e senza scuse, pensando al bene comune, anche a costo di perdere voti, non c'è proprio speranza di un Paese migliore.
Ma un'Italia migliore può prescindere dalla cultura, dall'arte, dal paesaggio, dalla natura? Fate questa domanda e vedrete che nessun amministratore o politico avrà il coraggio di rispondervi di no.
Ma poi, nel grigio delle pieghe di bilancio accade di tutto.
Il 2010 passerà alla storia dei parchi italiani come un anno difficile. Caratterizzato da problemi di portata inimmaginabile. Chi avrebbe mai pensato che avremmo passato quasi tutto il tempo tra leggine, emendamenti, interpretazioni, assicurazioni, speranze, docce fredde, levate di scudi, manifestazioni, depressioni, minacce di dimissioni, riorganizzazione di interi bilanci?
Resta il fatto che il Parlamento ha approvato una norma che riduce del 50% lo stanziamento ai parchi dal 2011.
Il tutto proprio mentre il Ministro dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo, si impegnava molto con la conferenza nazionale sulla biodiversità, con l'accordo internazionale di Nagoya in Giappone dove è stato sottoscritto l'impegno di portare almeno al 20% la superficie nazionale protetta entro il 2020. Eppure questi obiettivi non si possono raggiungere senza fondi adeguati, senza che la Politica decida cosa i parchi debbono essere nel programma di riorganizzazione della vita civile.
Mentre scriviamo il Parlamento sta approvando un emendamento che reintroduce i 35 milioni di euro che dovrebbero garantire la sopravvivenza dei parchi nazionali, direttamente sul bilancio del Ministero dell'ambiente. Ancora non si sa se questi soldi saranno trasferiti ai parchi o gestiti direttamente dal ministero, quel che è certo è che servono per le "spese obbligatorie", cioè stipendi, affitti, luce, gas, telefono, mutui forse… si ma la gente si aspetta che i parchi facciano conservazione attiva… con quali soldi?
Questo è il problema oggi ancora irrisolto e che speriamo il Parlamento sappia risolvere entro la fine di questa traballante legislatura: possibile che non si riesca a dare certezza di bilancio ai nostri 23 parchi nazionali? E se parte il Gennargentu e i parchi siciliani e quindi i parchi divengono 28? Dove sono le risorse certe per far funzionare queste macchine?
Ricordando a noi stessi che parliamo dell'equivalente del costo di meno di un caffè a testa all'anno. L'Italia è davvero così messa male?
Ora non ci sfugge che sino a qualche giorno addietro lo scenario fosse nefasto, sembrava proprio che si andasse alla dismissione dei parchi.
Oggi un freno importante a questa deriva è stato posto. Occorre dar atto di questo al Parlamento che ha saputo introdurre le necessarie contromisure. Anche grazie all'impegno della Ministro e di deputati e senatori di vario orientamento che hanno attivamente operato per evitare il peggio.
Rammentiamo anche con orgoglio la lettera che il Presidente della Repubblica indirizzò proprio per richiamare il valore più alto della conservazione della natura e del paesaggio.
Tutto coloro che amano il confronto culturale, che aspirano a una Politica che si occupi davvero dell'interesse generale della gente, non possono dimenticare questi momenti importanti, non possono che essere soddisfatti della capacità di reazione che il mondo delle aree protette, con le sue associazioni, con gli amministratori, con la gente che vi lavora, unanime, ha avuto di fronte ai tagli.
Le preoccupazioni, certo, non sono finite. Le Regioni sono anche loro di fronte al problema dei tagli, con il rischio che la manovra si traduca a cascata in terribili condizioni di sopravvivenza di tutto il sistema delle aree naturali protette italiane, così come la vicenda dei parchi siciliani fa drammaticamente presagire.
Ma il problema del bilancio non deve far dimenticare che la manovra finanziaria ha tagliato ancora del 10% i posti di lavoro, già esigui, nei parchi e ha introdotto ancora lacci e lacciuoli che vanno nella direzione opposta della semplificazione amministrativa e dell'individuazione di un unico soggetto istituzionale responsabile per la gestione di territori delicati e ad alta valenza ecologica e umana.
Il problema è sempre lo stesso. Se i parchi sono o meno uno strumento di riforma del Paese. Se lo sono, come noi fermamente crediamo, non possono essere trattati alla stregua di un qualunque ente. Forse è venuto il momento di ragionare davvero: gli enti parco dovrebbero essere enti di secondo livello? Smettere di essere stazione appaltante? Divenire unico gestire del demanio pubblico nell'area protetta? Gestore dello sportello unico al cittadino istituito per legge? Avere una missione diversificata per categoria IUCN? Quali garanzie di imparzialità e oggettività viene data alla gestione del parco?
Ecco a queste e altre domande importanti dovrebbe rispondere la Politica, prima di parlarci soldi e di autofinanziamento.
Perché se non si chiarisce bene l'obiettivo gestionale, si corre il rischio di affrontare ogni cosa sotto l'aspetto meramente finanziario.
Ma non possiamo venderci l'aria, la salute. Ci sono montagne che devono restare senza alcun simbolo antropico. Ci sono spiagge che vanno lasciate alle tartarughe, mari alle balene.
Ci sono luoghi del cuore e dell'anima dove l'approccio deve essere economico sì ma in senso olistico e non economicistico.
Ci dicono che non ci sono soldi. È vero, lo sappiamo tutti. Ma non si potrebbe risparmiare sulle spese militari, magari facendo un'unica forza armata europea, senza che ogni stato debba ricomprarsi tutte le armi? È troppo facile o ci sono troppi interessi in gioco?
Possibile che tutto il problema del risanamento delle finanze pubbliche stia in qualche milione di euro che servono per dare speranza di futuro alla nostra natura, ai nostri paesaggi, alla nostra incredibile biodiversità?
Francamente non riesco proprio a crederci

Nino Martino
Direttore Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi,
Presidente AIDAP (associazione italiana direttori e funzionari aree protette www.aidap.it)