PARCHI | |
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 59 |
|
Ordina questo numero della rivista |
DOSSIER Parchi tra venti di tempesta e desiderio di nuova primavera |
Piemonte: malanni e nostalgia |
|
Quale è lo stato di salute delle nostre aree protette? Una cosa è certa: bene non stanno. Alla malattia infettiva che ha debilitato le politiche (principio, diritto/dovere) di tutela ambientale in Italia (che si chiami "manovra finanziaria" o depressione per solitudine o abbandono o disinteresse, poco cambia) vanno aggiunti i guai e i danni collaterali inventati a livello regionale da operazioni istituzionali abbastanza recenti, coltivate negli ultimi quattro/cinque anni e istruite da grandi saggi trasversali e multicolore. Il risultato: non un febbrone da cavallo, manifesto, aggressivo e quindi misurabile e contrastabile, ma un'ambigua febbriciattola ostinata e irriducibile che, lentamente ma inesorabilmente, è andata prosciugando anima, sangue e fantasia di un settore che della creatività aveva fatto, in passato, il suo segno. Le facce dei saggi: eccole! Ora sorridenti, concilianti e persuasive, ora accigliate, perentorie e impositive.Allo stesso modo poi le loro sollecitazioni, abbastanza univoche pur se animate da coscienza, competenze, volontà e buona fede assai disomogenee. Banalmente: un po' di carota, tantissimo bastone. In breve: con l'idea, anche giustificata, di mettere ordine nel disegno complessivo della protezione ambientale in Piemonte, per un'intera legislatura si è inseguita la chimera di una nuova legge che, nell'ampliare e collegare tutti le possibili opportunità di difesa territoriale, ne snellisse le procedure e ne alleggerisse gli aspetti normativi burocratici: sostanze e obiettivi condivisibili, ma che hanno finito, con l'evolversi dei tempi, con il succedersi e il ritinteggiarsi delle amministrazioni, per ridursi a: - una mera ipotesi di semplificazione di iter già ben ripagata con la realtà di un palpabile impoverimento di "cultura" e di indirizzi; - una classica "razionalizzazione" delle risorse e del personale sotto la sferza di una farraginosa operazione di accorpamenti o soppressione di Enti ancora oggi alle prese con nodi amministrativi non facilmente superabili (per es. il problema delle "zone di salvaguardia" cancellate ope legis e non si sa come rimodellate o rimodellabili; per es. la titolarità pianificatoria dei Parchi ridotta o dirottata a Comuni e Province più o meno coscienti e più o meno responsabilizzabili); - soprattutto una azione di progressivo accentramento a far capo alla Regione di decisioni e di potere, dopo anni passati a predicare di partecipazione, di condivisione, di attenzione e rispetto al cosiddetto "territorio"; il quale "territorio", ogni settimana che passa, cessa di essere soggetto e promotore di proposte e progetti, ma si ritrova, al di là delle ipocrisie di rito, mero oggetto o di controlli o di appetiti. Insomma, malanni seri. E sono, sia chiaro, malanni che con l'età c'entrano poco o nulla. C'entrano davvero nulla i trent'anni appena compiuti da molti dei nostri Parchi. Anzi, si respira - tra noi, "storici" addetti ai lavori - una malcelata nostalgia per le epoche in cui i Parchi piemontesi, dopo essere stati sogno istitutivo, diventarono sistema, progetto, processo e modello di tutela e di sviluppo territoriale; fino ad essere un esempio e uno stimolo citati e seguiti in ogni angolo d'Italia. La nostalgia, si sa, non è mai sola; ad essa, inevitabilmente, si mescolano altri sentimenti e altri stati d'animo che in parte la rigenerano fino a renderla struggente, in parte ne sono fastidiosa e petulante stirpe. Succede così anche nelle nostre teste, nella nostra memoria, nei nostri cuori. Ci tormenta: - l'incertezza assoluta per il futuro; - la perplessità e la confusione indotte dalla difficoltà di leggere indicazioni minimamente coerenti in materia; - la sofferenza per una progressiva e quasi quotidiana sottrazione di opportunità e di progetti (già predisposti, già annunciati, addirittura già avviati); - lo sconcerto per una traumatica anche se non sempre dichiarata rimodulazione della mission della rete. E ancora: lo spiazzamento, il rammarico, la rabbia per la graduale smobilitazione "culturale" - cui si accennava prima - su un tema generale e su contenuti specifici "culturalmente" alti, articolati,"difficili" e come tali fragili. Infine la percezione di un rischio che diventa ansia e timore. La paura di un stop crudo nella politica delle aree protette piemontesi e di una involuzione ineluttabile nella tensione e nella vivacità di azione e soprattutto di relazioni dalle quali si è sempre fatta ispirare e nutrire. Anche - come ovvia conseguenza - la possibilità di una sorta di analfabetismo di ritorno tra gli abitanti dei territori oggetto di tutela che, vedendosi appassire sotto gli occhi, proposte e promesse, sentendosi delusi in legittime aspettative costruite a fatica e in decenni di problematica acquisizione di scelte e di spazi, potrebbero acidamente rimbozzolarsi in fantasie e gelosie difensive, ben fomentate dagli imbonitori e dagli speculatori politico/economici di turno. I loro ammiccamenti, i loro slogan, i loro assegni sempre all'erta dietro l'angolo, specie in un momento in cui - in città come in campagna - i redditi cedono, l'occupazione cala, il bisogni crescono. Esaurita la verve di tutte queste considerazioni, si dovrebbe parlare di futuro. Dati i pallidissimi chiari di luna che ci perseguitano (nubi, nebbie, foschie dense!) affrontare il tema "prospettive" è francamente arduo; c'è di che spossarsi nell'antico rimpallo tra pessimismo della ragione e ottimismo della volontà. Con il secondo che potrà sommessamente accreditarsi soltanto se i Parchi piemontesi, alla faccia di tutto e di tutti, scommetteranno contro le difficoltà diffuse intensificando il senso e la concretezza di una rete che è stata, fino ad oggi, molto istituzionale, abbastanza virtuosa ma soprattutto virtuale nella pratica; oppure se gli Enti "residui" riusciranno a rilanciare la positività e la produttività di rapporti e azioni condivise con il territorio e i suoi abitanti. Nel merito e di recente si sono registrati nuovi e interessanti fermenti in convegni, tavoli di lavoro, momenti pianificatori. Buone sensazioni che potrebbero tradursi in tessuto pregiato di pulsioni e legami per celebrare una vera spinta dal basso capace di sconcertare e spiazzare remore, resistenze e renitenze degli imbronciati totem e dei surreali teatrini di governo, al centro come nelle periferie. Gianfranco Miroglio Coordinamento Federparchi Piemonte |