Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 59



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Sortirne insieme

Un programma di ricerca sui beni collettivi locali nei parchi

L'attuale fase di contrazione della spesa pubblica sta penalizzando in modo forte alcuni settori di primaria importanza per la capacità produttiva del paese: l'istruzione, la ricerca, la cultura, l'ambiente. È un paradosso che colpisce molte istituzioni, tra le quali le aree protette. La crisi dovrà essere attraversata senza disperdere i contributi essenziali dei parchi: la capacità di assicurare la riproduzione delle risorse naturali; la capacità di costruire sistemi di relazioni che, luogo per luogo, tengano assieme conservazione della natura, società ed economia. Su questo secondo versante è in corso un programma di ricerca dedicato ai beni collettivi locali nei parchi. Grazie all'impegno della Regione Emilia-Romagna, esso ha prodotto nel 2010 alcuni primi risultati.

Funzioni sottotraccia
La conoscenza delle attività dei parchi è molto disomogenea. Sistematica e profonda su alcuni segmenti specifici, come la tutela delle specie a rischio, la fruizione, l'educazione ambientale, tende a diventare sporadica e scarsa in materie quali la prevenzione del rischio idrogeologico, la gestione delle acque e dei rifiuti, la lotta all'inquinamento e al degrado dei suoli, la protezione dagli incendi, la promozione del risparmio energetico, il sostegno alle attività produttive, l'organizzazione del welfare.

L'informazione è ridotta negli ambiti in cui i parchi non hanno la titolarità esclusiva o preminente delle azioni, ma esprimono un contributo che va a integrarsi con quello di altri soggetti istituzionali del territorio in un quadro di cooperazione. Le questioni in gioco sono assai rilevanti per la vita dei cittadini, ma non centrali nel perimetro di specifica competenza giuridica delle aree protette e, come tali, restano relativamente in ombra.

Questa trascuratezza non è giustificata. La cooperazione tra istituzioni non è più un fatto incidentale, ma un tratto ormai ricorrente in tutti gli ambiti di politica pubblica. A partire dagli anni '90 si è affermato un modello di governance che ha progressivamente modificato il principio organizzativo di riferimento al livello dei sistemi locali. Le gerarchie settoriali guidate da ministeri e assessorati regionali hanno ridotto il loro peso, mentre hanno assunto rilievo le forme di coordinamento orizzontale, le logiche di aggregazione e di coalizione per il conseguimento di scopi di comune interesse, dall'attrazione di risorse dall'esterno allo sviluppo di progetti strategici. Da tempo i parchi sono parte attiva in questo contesto. Nell'ultimo decennio hanno partecipato a molti progetti integrati territoriali per lo sviluppo finanziati con i fondi strutturali europei (Natali, 2005) ed hanno sviluppato relazioni in questo spazio di interrelazione istituzionale locale, confrontandosi a tutto campo sui problemi dei territori.

I parchi hanno dunque ampliato le proprie aree non specifiche di intervento. Conoscere meglio cosa abbiano fatto in questi spazi, è importante per sviluppare una valutazione appropriata della loro azione. In una logica di cooperazione, l'azione si fa rilevante quando si interfaccia in modo adeguato, originale e creativo, creando al tempo stesso condizioni di integrazione e di consenso. Osservare cosa accade in questo spazio, quali iniziative e quali reti di relazioni vi prendono forma, permette di affinare le capacità di giudizio. Rende possibile, mediante la comparazione, valutare e comprendere il significato dell'azione degli enti nei rispettivi territori.

In breve vi sono funzioni sottotraccia e prassi di cooperazione istituzionale da mettere a fuoco in modo assai più attento e nitido di quanto fatto sin qui. Sarebbe importante sia avere più informazione sulle relazioni istituzionali dei parchi, sia elaborare parametri di giudizio condivisi circa la qualità e il rilievo delle attività che per il loro tramite vengono sviluppate. Con almeno due scopi: da un lato, dare evidenza al contributo dei parchi su versanti cruciali di vita pubblica sui quali essi sono sistematicamente sottovalutati; dall'altro, riconoscere la difforme qualità delle esperienze e costruire capacità valutative di cui gli stessi operatori dei parchi si possano avvantaggiare nell'impostare o attuare i loro programmi.

Alla giusta distanza
Alcuni ragionamenti importanti che è possibile riferire in questa dimensione cooperativa ai parchi, sono comuni a tutte le autorità pubbliche territoriali. Il discorso si può fare quindi per alcuni aspetti meno specifico. Si può osservare in particolare che sulle tematiche economiche, che occupano gran parte degli sforzi di coordinamento e di governance locale, ogni autorità pubblica è nelle condizioni di interpretare un ruolo responsabile per incidere sui funzionamenti e le attività. Molti aspetti rilevanti sono potenzialmente in gioco attraverso le scelte di politica pubblica: le infrastrutture, la politica urbana, il welfare, l'istruzione e la formazione, la ricerca, e numerosi altri. Le condizioni che le scelte pubbliche operate in questi vari settori creano nelle società locali, offrono risorse e possibilità diversificate per l'iniziativa privata. La loro incidenza è sempre significativa.

La responsabilità che accomuna tutte le autorità pubbliche, si accentua e si fa di speciale rilievo nel caso delle istituzioni intermedie. La ragione è che queste sono soggetti pubblici non troppo schiacciati sul locale, su interessi particolaristici e di corto respiro, e neppure troppo lontani da esso. Lo spazio in cui si muovono permette loro di interpretare i compiti di cui sono investiti, siano essi di regolazione o di intervento, in un modo meno vincolato alla contingenza e al breve periodo, un modo più strategico e attento alle esigenze di sistema.
Secondo gli esperti di economia regionale, le istituzioni intermedie hanno assunto nel tempo crescente importanza. Mano a mano che l'economia è diventata sempre più relazionale, legata a condizioni di contesto e a fattori non di mercato, esse sono venute a svolgere un ruolo cruciale; soprattutto nei contesti in cui vi siano economie di agglomerazione (città, distretti industriali, zone di agricoltura tipica, distretti rurali, distretti culturali, sistemi turistici ambientali). In queste realtà, le aggregazioni producono in modo spontaneo esternalità positive e negative, opportunità e criticità. In relazione a questi fattori si sviluppa l'iniziativa delle istituzioni intermedie, che può prendere la forma volta a volta di azioni a sostegno e valorizzazione di opportunità o, viceversa, di contenimento e contrasto di svantaggi e di contributo alla soluzione di conflitti.
Per questo loro carattere e ruolo, le istituzioni intermedie sono considerate decisive nei processi di sviluppo locale. Con il loro funzionamento, esse trasformano la capacità di coordinamento dei soggetti locali in beni e servizi, strutture organizzazioni, regole e accordi: soluzioni concrete a problemi specifici (Trigilia, 2005).
La loro azione è essenziale tanto per conservare il capitale territoriale su cui si reggono le funzioni produttive e riproduttive dei luoghi, quanto per progettare e gestire nuovi servizi a beneficio delle comunità locali.

Molti parchi naturali sono identificabili come istituzioni intermedie, che presiedono a sistemi locali, comprensori, aree vaste, alla cui scala si pongono esigenze di scelta strategica non localistica.

A ogni luogo le sue risposte
Le risposte specifiche che luogo per luogo le istituzioni intermedie (e tra esse i parchi) costruiscono, sono definite "beni collettivi locali". Questa nozione fa riferimento a beni pubblici particolari che generano esternalità positive per categorie definite di soggetti accomunati da interessi o obiettivi o la semplice condivisione di contesti di vita e di lavoro.
I beni collettivi producono benefici per i gruppi sociali a cui sono rivolti, tanto più significativi e rilevanti quanto più particolari e localizzati sono i nodi che trattano e cercano di avviare a soluzione. Questi nodi non sono riconducibili a uno standard, tale per cui ad una determinata categoria di problemi corrisponde una soluzione già pronta, ma per una serie di motivi vanno inquadrati nella loro originalità.
I beni collettivi locali sono espressione della capacità locale di riconoscere specifiche priorità e di mobilitarsi per conseguirle. Non è possibile produrli da fuori o dall'alto, perché solo all'interno della società locale si forma la conoscenza della domanda di intervento e si definisce il riconoscimento della sua rilevanza e della necessità di provvedervi. I settori interessati sono numerosi: tutti quelli che riguardano la capacità delle comunità locali di migliorare le condizioni di produzione e riproduzione sociale.

Produrre beni collettivi richiede organizzazione e coordinamento. Gli agenti devono decidere quale esigenza soddisfare, quale bene realizzare e con quale alternativa tecnica e progettuale, devono poi intraprendere l'azione, mobilitare le risorse (conoscenze tecniche, finanziamenti, consenso) per portarla
a esecuzione e, infine, attuarla. Le difficoltà si affacciano sin dal principio: spesso le alternative progettuali non sono chiaramente ordinabili, ma è facile che, per quanto si approfondisca l'analisi, si ottengano per ogni opzione risultati diversi senza che sia possibile ricavare un ordine di priorità assoluto. La decisione deve quindi essere presa sulla base di informazioni ed esperienze più complesse, sostenendo costi di ricerca sulla soluzione progettuale preferibile nelle condizioni date, e costi di allineamento dei piani individuali degli agenti a un unico piano generale e sovra-ordinato per interesse collettivo (Arrighetti e Seravalli, 1999). La somma di questi costi, definiti costi di coordinamento, è tale che solo al settore pubblico è possibile farsene carico, mobilitando una varietà di risorse e di contributi.

Alcune evidenze
In quanto autorità territoriali, i parchi trovano la ragione e il senso delle proprie iniziative nei contesti locali di cui si occupano. Le risorse tutelate sono fisiche e legate agli equilibri dell'ecosistema locale. Le attività umane sono espressione di ambienti sociali dove le relazioni e le propensioni culturali presentano un loro peculiare carattere. Nello svolgere i loro compiti, i parchi lavorano in costante interazione con i caratteri locali. il contesto degli attori, le loro intenzioni e programmi, le loro attività e le forme di cooperazione.

Ma si può dire di più. In quanto istituzioni intermedie, i parchi si applicano alla costruzione di beni collettivi locali in collaborazione con altri soggetti. Si fanno carico del lavoro oneroso di coinvolgimento degli attori pubblici e privati, singoli e collettivi, locali ed esterni, per la precisa identificazione del bisogno a cui occorre dare risposta, delle attività necessarie alla individuazione delle alternative, alla scelta fra le alternative, al reperimento e all'organizzazione delle risorse che la produzione del bene richiede. Nel progetto per la somministrazione di beni collettivi al servizio di un territorio e di una comunità si accollano, in sostanza, la direzione dei lavori (Arrighetti e Seravalli, 1999).
Del nesso tra beni collettivi locali e parchi, un tema emergente e di rilievo, si occupa un programma di ricerca che si propone di raccogliere evidenze empiriche e interpretare le prassi sviluppate dalle aree protette. Grazie all'impegno della Regione Emilia-Romagna, una prima indagine si è svolta nel corso del 20101 a ideale prosecuzione di una precedente ricerca valutativa sulle aree montane (Regione Emilia-Romagna 2009). L'indagine ha individuato e studiato alcune esperienze emblematiche di produzione di beni collettivi in ambiti territoriali peri-urbani, appenninici e di valle. La tabella che segue riassume in estrema sintesi i tipi di situazioni esaminate.
Nei casi studiati - una mera e incompleta selezione rispetto ai numerosi casi di produzione di beni collettivi locali in più di 20 anni di attività del sistema delle aree protette regionali - l'iniziativa dei parchi ha contribuito in modo decisivo a costruire beni e servizi di interesse collettivo, come risposta concreta a bisogni specifici e prioritari delle comunità locali. Il campo d'azione è risultato assai ampio, estendendosi dalla sfera dei beni per la sostenibilità ambientale, aspetto questo prevedibile, a quelle della sostenibilità sociale e della competitività territoriale, con risultati tangibili in ognuno di questi campi.

Appartengono alla prima sfera la riduzione del degrado, il freno allo sprawl urbano ed alla speculazione edilizia, la migliore gestione venatoria (Gessi e Carrega), gli interventi di gestione della risorsa idrica e il rimboschimento (Foreste Casentinesi), la conservazione dell'ambiente di valle (Delta del Po), il freno all'abbandono ed il recupero degli impianti forestali (Appennino Tosco- Emiliano), la tutela della biodiversità (Parchi di crinale). Appartengono alla seconda il rafforzamento delle reti relazionali locali (Gessi e Carrega), la collaborazione istituzionale (Foreste Casentinesi, Appennino Tosco- Emiliano, Parchi di crinale), il mantenimento della cultura materiale, dell'identità locale e dell'occupazione
(Delta del Po).
Appartengono, infine, alla terza la qualità delle produzioni agroalimentari (Gessi e Carrega, Delta del Po, Appennino Tosco-emiliano), la infrastrutturazione e la promozione turistica (Foreste Casentinesi, Delta del Po, Appennino Toscoemiliano, Parchi di crinale), l'approvvigionamento idrico (Foreste Casentinesi).
La ricerca ha messo in evidenza che i parchi contribuiscono alla produzione dei beni collettivi in forme volta a volta diverse. Di norma assicurano una efficace funzione di regia nei settori sui quali sono sorretti da robuste competenze tecniche ed amministrative. In generale, per tutti i beni collettivi locali di cui un sistema può avere bisogno, sono in grado di fornire un apporto specifico sul piano della conoscenza, o dell'organizzazione, o del coordinamento, o della facilitazione delle procedure, o della ricerca di fondi. Su questi diversi piani, svolgono un ruolo significativo in una logica di integrazione con le altre istituzioni del territorio.

Il modello di regolazione locale, che comprende la divisione del lavoro tra gli enti, esercita una forte influenza. Il contributo dei parchi è integrato con quello delle altre istituzioni, a seconda di come si presentano le consuetudini di collaborazione sedimentatesi nel passato, delle occasioni di progetto e di
cooperazione che la rete di relazioni esistente ammette o favorisce, del grado di sostegno che la Regione o altre istanze di coordinamento esprimono (Brusco, 2008).
In sostanza si è toccato con mano che i parchi agiscono esattamente come le istituzioni intermedie teorizzate dalla letteratura sullo sviluppo locale: focalizzano i bisogni, elaborano soluzioni, identificano le risorse che servono, assemblano i contributi di diversi attori.
Spesso si incaricano anche di una direzione lavori che porta a termine complicati processi di progettazione e intervento.

Sortirne insieme
«Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica». 2

L'arte nobile della politica, intesa come capacità di interpretare i bisogni comuni e costruire risposte condivise, è il cuore della produzione dei beni collettivi. Coloro che lavorano sul campo per la creazione di questi beni, puntano a creare allo stesso tempo legami di convivenza civile e di organizzazione economica, senza che sia possibile scindere nettamente gli uni dagli altri. Compiono atti di creatività e rigore che richiedono competenza e disponibilità a mettersi in gioco, dialogando con una pluralità di attori.

Gli atti creativi che costruiscono risposte adatte ai luoghi, risultano particolarmente importanti per la legittimazione e il funzionamento dei parchi. Il parco nasce da una volontà di preservare determinate specie naturali, per il pubblico godimento attuale e delle future generazioni.3 È una scelta che segna per quella collettività un momento storico, ma che non rappresenta in sé una garanzia per il futuro. Il compito di chi amministra un'area protetta è quindi non solo di preservare le risorse naturali, ma di rendere sempre attuale nella collettività quella volontà che ha ispirato la nascita dell'area protetta. Tale azione comporta in molti luoghi la necessità di "ricontrattare" con i cittadini, quasi quotidianamente, il mandato per la conservazione della natura.

I parchi che operano su territori a forte antropizzazione sono soggetti, in questo senso, a maggiori pressioni rispetto alle aree di montagna, dove la presenza antropica è ridotta. Queste ultime sono tuttavia più grandi.
Benché in forme diverse, l'agenda degli amministratori dei parchi è egualmente determinata dal dialogo e dalla mediazione con le comunità locali.
Fornendo diversi tipi di beni collettivi locali, i parchi operano come istituzioni intermedie che costruiscono soluzioni per la coesione sociale e lo sviluppo, assolvendo al tempo stesso alla funzione prioritaria di tenere alta l'attenzione dei cittadini sull'importanza della conservazione della natura. Sono una risorsa importante e – di fatto - poco costosa per affrontare problemi comuni sul territorio; sono un importante strumento per sortirne insieme.

Bibliografia
Arrighetti A., Seravalli G., 1999, Istituzioni intermedie e sviluppo locale, Roma: Donzelli

Brusco S., 2008, I distretti industriali: lezioni per lo sviluppo. Una lettera e nove saggi (1990- 2002), a cura di A. Natali, M. Russo e G. Solinas, Bologna: il Mulino

Natali A., 2005, Aree naturali e politica di sviluppo. Un contributo sull'esperienza in corso nelle regioni del Sud, In "Parchi" n. 45

Regione Emilia-Romagna - DG Programmazione - Nucleo di valutazione degli investimenti pubblici, 2009, Nati per combinazione. Risorse chiave e meccanismi generativi di beni pubblici locali nella montagna dell'Emilia-Romagna, Bologna www.regione.emilia-romagna.it/wcm/ERMES/[…] /Rapporto_valutazione_ Natipercombinazione.pdf

Silvestri F., 2005, Lezioni di economia dell'ambiente ed ecologica, Bologna: CLUEB

Trigilia C., 2005, Sviluppo locale. Un progetto per l'Italia, Bari: Laterza

Note
1 La ricerca è stata svolta nel quadro di una stretta collaborazione tra il Servizio Parchi e Risorse Forestali della Regione Emilia- Romagna, la DG Programmazione della Regione Emilia-Romagna (Nucleo di valutazione degli investimenti pubblici) e la società di ricerca eco&eco Economia ed Ecologia srl di Bologna. Le risultanze compariranno in un volume collettaneo a cura del Servizio Parchi, di prossima pubblicazione.

2 Da Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani e i ragazzi della scuola di Barbiana, 1967.

3 il termine godimento non tragga in inganno, associabile come è allo sfruttamento diretto o indiretto della risorsa ambientale.
Con esso si intende anche la famiglia di valori non strumentali, quali il valore di eredità ed il valore delle specie non umane, così come il plusvalore naturale ed il valore collante, riconosciuti dalla economia ambientale come parti integranti del valore di una risorsa naturale (Silvestri, 2005).

Anna Natali
eco&eco Economia ed Ecologia srl e Regione Emilia- Romagna, DG Programmazione
Francesco Silvestri
eco&eco Economia ed Ecologia srl