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Dopo sedici giorni trascorsi quasi esclusivamente sulla cresta dell'Appennino Tosco-emiliano, ecco finalmente venirci incontro una fresca brezza salmastra. Quasi all'improvviso il paesaggio intorno a noi cambia, i monti si riempiono di colori nuovi, impensabili nelle sterminate faggete o nelle nude finora attraversate. Il sentiero è ora vivacizzato da un pullulare di fiori giallo intenso e dallo strano scintillio di rocce argentate... La vegetazione tradisce ciò che le montagne davanti a noi tengono ancora celato: il mare.
La vicinanza percettibile del Tirreno è probabilmente ciò che ha reso per noi più affascinante la Val d'Aveto. Il che è senz'altro dovuto in gran parte al fatto che fossimo reduci da due settimane di crinali che, per quanto belli, a lungo andare risultano un po' monotoni. Anche se, a dire il vero, non siamo entrate in Liguria seguendo il tracciato della GEA, che ci avrebbe portato al Passo dei due Santi, ma abbiamo preferito accorciare il cammino seguendo la asfaltata e passando per S. Stefano, che invece l' escursione appenninica esclude. Certo, camminare sul ciglio di strade trafficate non è entusiasmante, però non abbiamo affatto rimpianto la nostra scelta, che ci ha consentito di ammirare le imponenti montagne che sovrastano S.Stefano con le loro inquietanti vette rocciose.
Da Cabanne di Rezzoaglio abbiamo poi ripreso il sentiero di cresta, non più la GEA bensì l'alta via dei monti liguri, con cui siamo in breve arrivate a Genova. Ma Cabanne, pur essendo un paesino minuscolo, merita decisamente qualche riga in più. Vi si trova infatti uno dei rarissimi posti tappa realmente funzionanti, convenzionato sia con il CAI che con la FIE, ampio, accogliente e gestito da un signore che vale davvero la pena di essere conosciuto: un ingegnere alle soglie della pensione, ex scalatore, che gira su una 2 cavalli con un tappo di sughero a chiudere il serbatoio e che si attarda volentieri a parlare con i suoi ospiti accanto alla stufa come un amico di vecchia data. |