Il sito web ARPAKIDS dell'ARPA Sicilia, pubblica periodicamente notizie inusuali sull'ambiente, la natura, gli animali, corredate da spunti e suggerimenti didattici: divulghiamo oggi la notizia e lo spunto di ricerca della settimana.
La tartaruga marina Caretta caretta, uno degli animali più antichi viventi oggi sulla Terra, è seriamente minacciata di estinzione: le sue popolazioni sono sempre più rarefatte in tutti i mari che frequenta.Una volta comune in tutto il Mediterraneo, questo rettile perfettamente adattato alla vita marina, giunto fino a noi da epoche antichissime, oggi è pressoché scomparso dai mari italiani. I fattori che minacciano la sopravvivenza della specie nelle nostre acque (e non solo) potrebbero essere usati come un esempio concreto degli impatti delle attività umane sull'ambiente: inquinamento, modificazione della temperatura media dell'acqua, pesca di frodo, catture accidentali nelle reti, soffocamento da buste di plastica ingerite (somigliano forse alle meduse, di cui le tartarughe anche si nutrono) e, tanto per completare questo quadro desolante, drammatica riduzione delle spiagge tranquille e disabitate dove deporre le uova. Oggi, i siti più idonei per la deposizione delle uova rimangono le coste sabbiose della Liba, ancora relativamente incontaminate, in cui recentemente sono stati censiti circa novemila nidi. Ma, proprio per quanto riguarda le spiagge, ricordiamo, a titolo di cronaca, che in Italia i pochi siti di nidificazione abituale e quelli occasionali sono tutti nel meridione e in Sardegna, Sicilia e in alcune isole siciliane minori; inoltre, su tutte le spiagge disponibili, le tartarughe devono vedersela con frotte di turisti e relativi ombrelloni. Negli altri Paesi del sud del Mediterraneo, dove ormai le nidificazioni si concentrano (Libia esclusa) la situazione non è migliore. Nel nostro Paese, le campagne per studiare e proteggere la Tartaruga comune sono state diverse e sono state condotte, con un certo successo, sia da diverse Associazioni ambientaliste, quali il CTS, Legambiente e MareVivo, sia da Università e Istituti di ricerca. La situazione rimane sotto controllo, almeno per quanto riguarda la protezione legale della specie, il monitoraggio delle spiagge, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei pescatori professionali. Tuttavia, se qualche progresso si registra da una parte, da un'altra il problema della conservazione della Caretta è simile a quello esistente per altre specie: le minacce non conoscono confini geografici o politici e si trovano in tutti i mari del mondo. Anche nell'oceano Atlantico, dagli USA alle coste dello Yucatan, in Messico, la Caretta è a rischio di estinzione, tanto che Associazioni americane, nel denunciare gli effetti dei cambiamenti climatici e le catture causate dalla pesca industriale, stanno creando una speciale alleanza per spingere il Governo a includere la specie nell'elenco ufficiale di quelle minacciate e specialmente protette.
Obiettivo della tutela sono le spiagge orientali degli USA, quelle della Florida in particolar modo, dove negli ultimi dieci anni il numero di tartarughe censite è diminuito del cinquanta percento. In un sito, i nidi da 15.645 che erano nel 2001, sono scesi a poco più di 10.000 nel 2006. Più a nord, sulle coste del Nord e Sud Carolina, la diminuzione media annua è stata del 2 percento. Il dato diviene ancor più preoccupante se si considera che il novanta percento dei siti di nidificazione conosciuti in America si trova proprio in Florida ed è per questo motivo che biologi marini temono che la specie sia avviata all'estinzione. La minaccia più subdola, però non è rappresentata dal disturbo antropico sulle spiagge, né dalla decimazione effettuata dalla pesca industriale, sebbene siano decine di migliaia le catture accidentali: i nemici invisibili della Caretta sono i cambiamenti climatici. Gli scienziati ritengono che l'innalzamento del livello dei mari renderà inutilizzabili tutti i siti di nidificazione della Florida e che l'aumento della temperatura dell'acqua modificherà il rapporto esistente, nella popolazione, nel numero di esemplari dei due sessi. In altri termini, con acque più calde è dimostrato che nascono più tartarughe femmina e questo comporterà un drammatico squilibrio nelle potenzialità riproduttive della specie.
Cosa fare, dunque? Inserire la Tartaruga comune nella lista delle specie particolarmente protette a livello mondiale, fare in modo che i siti di nidificazione attuali non vengano disturbati, identificare i siti di nidificazione che potrebbero essere scelti da questi animali per adattarsi a condizioni ambientali diverse, controllare più incisivamente la pesca e, infine, ridurre i rischi derivanti dal riscaldamento globale. Una prospettiva di impegni tutti molto difficili… ma non vale la pena di provarci?