Oltre 15 anni fa è stato realizzato il Geoparco del Monticino, in una cava abbandonata adiacente al Santuario omonimo in uno dei tre colli che dominano il paese di Brisighella. L'attività estrattiva ha permesso di esporre magnifici affioramenti rocciosi e di effettuare ritrovamenti paleontologici di eccezionale importanza. Una decina di anni fa questa cava di gesso, vero e proprio geosito, è stata recuperata per scopi scientifici e divulgativi grazie all'allestimento di un museo geologico all'aperto. Il GeoParco è realizzato attraverso un percorso didattico attrezzato fatto di sentieri, pannelli, area di sosta, mostra di rocce e un diorama con gli animali che popolavano il sito oltre 5 milioni di fa. Purtroppo, essendo totalmente all'aperto, il GeoParco ha subito negli anni un degrado che ha necessitato di una importante opera di manutenzione.
L'Ente Parchi e Biodiversità-Romagna ha incaricato Katia Poletti, guida speleologica ed esperta restauratrice, per la realizzazione di una manutenzione straordinaria che si è appena conclusa anche in relazione alla recente ispezione da parte dell'Unesco per la candidatura a Patrimonio dell'Umanità del Parco della Vena del Gesso Romagnola insieme ad altri siti regionali. A Katia Poletti abbiamo chiesto di raccontarci in prima persona l'operazione voluta dall'Ente Parchi.
Ci può spiegare tecnicamente come ha eseguito il lavoro di restauro?
Ho avuto la necessità di applicare tecniche diverse a seconda del materiale che ho dovuto trattare.
Per quanto riguarda il restauro del campionario di rocce dell'Appennino Romagnolo, per esempio, la grossa sfida è stata ripulire le superfici naturali da muschi, licheni e colonie batteriche. Questi organismi avevano intaccato le rocce sia da un punto di vista cromatico, sia fisico. Dopo aver utilizzato prodotti specifici per "attaccare" la microflora, ho effettuato una rimozione meccanica con diversi strumenti (bisturi, specilli, spazzole) a seconda della durezza dei materiali: l'arenaria, per esempio, è molto delicata da trattare, come anche il calcare a lucina dal quale emergono i bivalvi fossili. Infine ho distribuito un prodotto sulle superfici con azione preventiva contro l'attacco della microflora, in modo da preservarle il più a lungo possibile da nuovi attacchi. Per le didascalie, poi, ho volutamente scelto di stamparle su uno sfondo che riproducesse l'immagine della superficie della roccia di riferimento. Una piccola accortezza per mantenere una omogeneità visiva tra campione e spiegazione.
Il lavoro sulle riproduzioni degli animali del Monticino, mi ha visto impegnata, invece, con un materiale, questa volta, sintetico dalle caratteristiche completamente diverse: la vetroresina. Per prima cosa è stata eseguita una campionatura dei colori presenti, per preparare varie basi di colore da utilizzare nella fase finale; è stata poi eseguita la spazzolatura di tutti gli animali per eliminare i residui di vernice che si stavano sfogliando dalla superficie di vetroresina; poi è stato necessario lavare e sgrassare tutte le copie dei sette animali riprodotti dai residui di colore con un detergente al 2% di benzalconio cloruro. Dopo l'asciugatura, la superficie dove era assente il colore è stata trattata con carta abrasiva per prepararla alla stesura del fondo aggrappante bianco. Di seguito all'essicazione del fondo è avvenuta la colorazione con colori acrilici, utilizzando le basi preparate e mettendo a punto le tonalità più vicine a quelli originali. Impresa non facile considerando la dimensione di alcune statue, come il mastodonte, e il viraggio di colore durante l'asciugatura nonché l'alterazione visiva dello stesso, dipendentemente dalla luce sempre diversa nella giornata.
Solitamente chi esegue restauri lavora in laboratorio. Lei, invece, applica le sue tecniche direttamente sul campo. Dove ha maturato la sua esperienza e questa capacità di eseguire i restauri in loco?
Il restauro del Monticino non poteva che essere eseguito sul posto. Ma questo non è stato un problema. Dopo essermi specializzata in restauro ceramico a Faenza, ho avuto la fortuna di poter lavorare in ambito archeologico. In tanti anni di lavoro, mi sono occupata, all'interno di cantieri archeologici, del recupero e della messa in
sicurezza di reperti archeologici e della musealizzazione degli stessi, anche in sito, sia in giro per l'Italia sia all'estero in Siria. Spesso è stato necessario adeguarsi ai luoghi, intemperie meteorologiche, tempistiche e modalità differenti di intervento, dipendentemente anche dal lavoro in equipe con altre figure professionali quali archeologi e architetti. Per me il lavoro direttamente sul sito è molto stimolante e creativo, non ci si annoia.
In Siria, ha lavorato a stretto contatto con operai che le hanno insegnato la costruzione dei muri a secco e in vari altri luoghi si è dovuta confrontare con la visione di diversi architetti. Questo confronto secondo lei è arricchente?
Il confronto è sempre fondamentale e si apprendono tante cose ascoltando le persone con cui collabori o che fruiscono del tuo lavoro. L' interscambio rende il lavoro di restauro stimolante e "vivo". Lo stesso è stato con il lavoro al GeoParco del Monticino. Diverse persone in visita si sono incuriosite e avvicinate, soprattutto quando mi hanno visto all'opera con il mastodonte. Parlando con i visitatori, mi sono resa conto che le didascalie andavano ingrandite per essere più leggibili e che la segnaletica lungo il percorso andava implementata. Quando si lavora ad un restauro è sempre fondamentale mettersi nei panni del potenziale fruitore e potersi confrontare direttamente è utilissimo. Spesso l'occhio dell'esperto si sofferma sui dettagli e perde quella visione di insieme e di praticità di cui, invece, ha bisogno il visitatore.
I turisti, con i quali ho avuto modo di parlare, sono stati entusiasti nel rendersi conto che l'Ente Parco sta investendo risorse per la manutenzione dei suoi siti. Un museo all'aperto è una entità soggetta a continue sollecitazioni naturali: sole, vento, pioggia, neve, sbalzi di temperatura, crescita di vegetazione che mettono a dura prova le superfici dei reperti, le installazioni e i pannelli causando lentamente alterazioni e degrado. E' sempre importante avere un occhio vigile perché si tratta di luoghi che necessitano di cura costante. E questa cura il visitatore la apprezza.