Al Monticino di Brisighella e in altri remoti siti del Parco sono spuntati i tulipani. Introdotti dall'uomo già secoli fa, ma ormai inselvatichiti e anzi rari.
Con un certo anticipo rispetto agli scorsi anni, complice la primavera precoce, sono già fioriti i tulipani. Nella fattispecie, sono fioriti quelli del Santuario del Monticino (Brisighella) e dintorni, dintorni che comprendono anche il limitrofo, bellissimo Museo Geologico all'Aperto realizzato oltre dieci anni fa sull'area dell'omonima ex Cava.
Attualmente, i tulipani in Emilia-Romagna sono tutti protetti dalla legge regionale n.2/1977, quella appunto che tutela la flora rara o minacciata. Tuttavia, vi è un'eccezione rappresentata da Tulipa sylvestris, la cui presenza nel territorio regionale diviene sempre più comune procedendo verso ovest, fino a divenire addirittura infestante in alcuni ambienti agricoli delle province di Reggio, Parma e Piacenza. Al contrario, in Romagna, questa specie caratterizzata da steli sottili e fiori gialli non è così diffusa, e ancor meno invasiva. In Romagna manca anche il più raro di tutti, cioè Tulipa australis (Tulipano montano), legato agli ambienti rocciosi anche estremi, anche con severi fattori limitanti edafici (del suolo) come avviene ad esempio sulle ofioliti (le rocce verdi-viola dette anche "serpentini" caratteristiche per il loro contenuto di metalli pesanti ed altre sostanze tossiche al punto da avere una flora scarsa ma specializzata, estremamente interessante).
Tornando ai gessi, in particolare a quelli del Monticino, troviamo due specie, fiorite proprio in questi giorni, di remota origine coltivata, importate cioè anticamente dall'uomo a scopo ornamentale e poi inselvatichitesi, quindi reperibili oggi allo stato spontaneo. È proprio il caso delle pendici sottostanti il Santuario e rivolte verso monte (sud-ovest), dove la presenza dei tulipani è ipotizzabile ultrasecolare e dovuta probabilmente a diffusione "devozionale" (i primi esemplari saranno stati portati per decorare qualche pilastrino, o aiuola, del luogo sacro e da lì si sono poi diffusi, anche grazie ai bulbi).
Il più vistoso è Tulipa oculus-solis, l'occhio di sole, inconfondibile per il rosso vivo dei petali accompagnato a giallo e nero nelle parti interne. Nel territorio faentino-brisighellese l'occhio di sole è relativamente raro, o meglio: il censimento regionale del 1990, per quanto incompleto, segnalava solo 13 siti (selvatici o semiselvatici, comunque escludendo i giardini), nessuno dei quali in provincia di Ravenna. Poi sono stati trovati Tulipa praecox e Tulipa clusiana, quest'ultimo a fiore bianco con linee rosse, appunto reperito anche al Monticino.
Ma da dove vengono, in origine, questi fiori, visto che l'unica specie autoctona risulta essere la già citata Tulipa australis? Non certo dall'Olanda, dove sono coltivatissimi da almeno quattro secoli ma non spontaneizzati.
L'ipotesi più accreditata fa riferimento ai Turchi, che li avrebbero portati con sé dalle loro terre di prima provenienza, in Asia Centrale verso la Mongolia. Introdotti in Medio Oriente fin dal XV secolo circa (la presa di Costantinopoli, oggi Istanbul, è del 1453), sarebbero poi stati ceduti agli europei a partire dal '500. Una sorta di leggenda dice che i primi bulbi furono portati nel 1570 a scopo alimentare (!) da un commerciante di Anversa al ritorno da Istanbul. Piacquero, ma alcuni non mangiati vennero trapiantati in giardino. Nella sua monumentale «Flora d'Italia» del 1982, Sandro Pignatti dice che Tulipa clusiana fu portato a Firenze da Matteo Caccini, fratello di quel Tomaso Caccini del Tribunale dell'Inquisizione che diventerà famoso come accusatore di Galileo: «… era emulo del fratello per oscurantismo, intolleranza religiosa e spirito dogmatico – scrive Pignatti - però almeno gli piacevano i fiori!».
Sandro Bassi