Monte Pizzo è l'ultima propaggine della lunga dorsale che dal crinale principale, in corrispondenza del passo dello Strofinatoio, si sviluppa verso nord comprendendo il Corno alle Scale, La Nuda, il monte Grande e Le Tese. Il monte, dove si trova l'arrivo della seggiovia (non più in funzione), un tempo era noto come Pizzo delle Tese, ma in seguito il nome finì con l'essere abbreviato.
Il versante che sovrasta l'abitato di Lizzano in Belvedere, esposto a nord, scende a tratti in maniera repentina ed è in gran parte rivestito da boschi misti che per secoli hanno rappresentato la principale fonte di approvvigionamento per gli abitanti della comunità.
Il loro aspetto rivela il tipo di governo, al quale sono stati soggetti per un lungo periodo. Ampie porzioni si presentano come boschi cedui, nei quali venivano eseguiti periodici tagli per ricavare pali o legna da ardere, approfittando della capacità di alcune specie arboree, come faggio, carpino nero o castagno, di ricacciare dal ceppo residuo numerosi nuovi rami (i polloni). In seguito alle profonde trasformazioni economiche e sociali avvenute negli ultimi decenni, molti cedui sono oggi in stato di abbandono e vengono gradualmente ricolonizzati da varie specie spontanee, formando boschi misti dall'aspetto più vario e dal sottobosco più ricco.
In molte situazioni anche gli interventi forestali odierni tendono a favorire la presenza di boschi più maturi e vicini a condizioni di maggiore naturalità, con esemplari di notevoli dimensioni in grado di fornire legname di pregio; questo risultato viene accelerato anche mediante interventi di conversione del bosco ceduo in bosco ad alto fusto.
Grande rilevanza nel paesaggio hanno anche i piccoli castagneti distribuiti sulle pendici del monte, un tempo molto importanti per l'economia familiare; oggi sono in parziale abbandono e stanno lentamente trasformandosi in boschi misti di latifoglie. Presso la cima del monte una scalinata fiancheggiata da sempreverdi e faggi sale a un piccolo oratorio in sasso.
L'edificio sacro, da poco restaurato, è dedicato a S. Gualberto, protettore dei forestali. I piccoli oratori sono un prezioso elemento che caratterizza l'architettura della montagna bolognese; begli esempi si possono incontrare a Vidiciatico, La Cà e in molte frazioni e nuclei di case ai confini del parco, come Cà Gianinoni o Cà Berna (nei pressi di Madonna dell'Acero).