Parco Regionale La Mandria

   
 

Chiesetta di S.Giuliano

E' posta in adiacenza al complesso della Rubbianetta oltre il rio Torto, lungo la strada del Galiasso che da qui parte. Fu edificata intorno al 1263 quale cappella benedettina dedicata a San Giuliano e successivamente ricostruita nel XV secolo.
Al suo interno sono conservati affreschi coevi, mentre la facciata, molto semplice, è di epoca seicentesca. La chiesetta sorgeva ai piedi del castello che i Signori di Druento eressero a metà del XV secolo sull'area di un antico ricetto di cui si intravedono i resti sull'altura tra gli alberi.
Da molti anni la chiesa è chiusa al culto e viene riaperta ogni anno per celebrare la messa solo in occasione della festa di San Giuliano a fine agosto.
Nel corso del 2003, su incarico dell’Ente Parco, sono stati eseguiti interventi di restauro.

Cenni storici

La cappella di San Giuliano si trova all’interno del Parco Regionale della Mandria, in territorio di Druento, in prossimità della cascina Rubbianetta. Qui esisteva un borgo eretto in comunità indipendente appartenente al viscontado di Baratonia con una popolazione dedita soprattutto all’agricoltura e al commercio del legname di cui erano ricchi i boschi circostanti.
Secondo Monsignor Della Chiesa, scrittore di Patrie Storie nonché vescovo di Saluzzo, il nome Rubbianetta deriverebbe da un’antichissima famiglia detta “Rubineta”, ma non è da escludere che possa derivare dal latino Robur - roboris, cioè rovere, e che quindi volesse indicare un territorio coperto da boschi di querce, gli stessi che ancora oggi crescono folti nei suoi pressi.
Il borgo Rubbianetta fu posto sotto la protezione di San Giuliano martire in onore del quale fu edificata la Chiesa omonima.
Nel 1594 la giurisdizione religiosa su San Giuliano fu affidata alla parrocchia di Druent: da allora il parroco di Druento ebbe la totale amministrazione della parrocchia di Rubbianetta e si chiamò Prevosto di Druent e Curato di Rubbianetta; la nuova parrocchia, unione delle due, si chiamò parrocchia di Santa Maria della Stella e S. Giuliano in Rubbianetta e portò questo nome fino al 1986, anno in cui l’Ordinario Diocesano di Torino decretò che si sarebbe chiamata solamente più Santa Maria della Stella.
Gli anni dal ‘500 all’inizio del ‘600 furono caratterizzati da liti e pendenze su questioni legate ai confini tra i territori di Druent e quelli di Rubbianetta; dopo la grave pestilenza del 1612 che decimò la popolazione e una lite con i signori Provana legata alla onerosità delle imposizioni fiscali iniziò una lenta e irreversibile decadenza della Comunità della Rubbianetta i cui abitanti si spostarono oltre il Ceronda per dare vita all’attuale paese di Druento.
L’utilizzo stesso della chiesa diminuì ma si mantennero gli appuntamenti tradizionali del 28 agosto, giorno di San Giuliano, e del 18 aprile, annuario della consacrazione della chiesa. Una piccola ma significativa ripresa dell’attività religiosa coincide con la costruzione della cascina Emanuella, l’attuale Rubbianetta, dedicata da Vittorio Emanuele II al figlio Emanuele Alberto avuto dalla Rosa Vercellana.
In tale cascina si sviluppò una importante attività di allevamento dei cavalli finalizzata a rifornire l’esercito e successivamente a produrre cavalli di gran razza per competizioni di corse internazionali.

 

 

La cappella di San Giuliano

L’impianto tardoromanico originario della Cappella di San Giuliano, risalente alla fine del XII secolo, ha subito trasformazioni ed ampliamenti a partire dalla metà del secolo tredicesimo.
In un periodo che si pone intorno al 1440 viene realizzata l’abside poligonale in laterizio contestualmente all’arco trionfale a sesto acuto che separa il transetto dalla navata e ai due tratti di muro che congiungono i punti di innesto dell’abside con le pareti laterali.
Gli interventi secenteschi riguardano l’erezione della facciata barocca, tripartita e cadenzata sull’impianto architettonico e il modesto controsoffitto ligneo a doghe di pioppo, poi ripreso nel Novecento, in sostituzione del soffitto a cassettoni che nel Quattrocento completava la navata.
Alla fine del secolo XV, alcuni a firma di Giovanni Marcheto, sono databili gli affreschi interni della Cappella; sono riconoscibili S. Antonio Abate, S. Francesco, Sant’Anna, il Beato Antonio Neirotti da Rivoli, S. Friolo, S. Michele, S. Sebastiano, S. Andrea, S. Domenico, S. Pietro, S. Antonio, S. Giovanni Battista, S. Giacomo, S. Grato.
I resti purtroppo molto rovinati di affreschi presenti sulle pareti dell’abside risalgono alla seconda metà del 1600 e sostituiscono dipinti precedenti, forse cinquecenteschi.
La trave lignea porta un crocefisso dipinto su tavola di sapore iconografico bizantino (periodo Tre-Quattrocentesco), superstite di un trittico ligneo di cui sono andate perdute le parti laterali.

 

L’opera di restauro

Nel corso del 2003, su incarico dell’Ente Parco che  ne affida la progettazione all’architetto Gianfranco Gritella di Torino, vengono eseguiti interventi di restauro e consolidamento strutturale per opera dell’impresa Zumaglini & Gallina di Torino e, per gli affreschi, della ditta Nicola Restauri di Torino. I lavori consistono nel ripristino puntale delle parti ammalorate e nella sostituzione dove necessario di alcune di esse: si è proceduto al rifacimento del tetto, al risanamento statico-strutturale del fabbricato e delle sue pertinenze murarie (l’antico perimetro di Cinta del Ricetto), al restauro delle superfici interne e alla revisione dei pavimenti. Sono stati inoltre restaurati gli arredi della cappella, la Pala dell’Icona (tela dipinta a olio della metà del XVII secolo), l’altare ligneo, l’acquasantiera in pietra, la trave lignea decorata, le panche e le superfici pittoriche affrescate con eliminazione parziale degli intonaci ottocenteschi in modo da valorizzare l’impianto pittorico quattrocentesco enucleandolo dal contesto circostante che ripropone l’originale superficie muraria in ciottoli e laterizi.
E’ stata quindi realizzata e posizionata nella cappella una copia dell’antico crocifisso ligneo.
L’impiego della luce artificiale debitamente indirizzata mira ad accentuare il risalto delle scene pittoriche facendole emergere con forte contrasto cromatico dall’intorno circostante mantenuto prevalentemente in oscurità.