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Centro Studi Valerio Giacomini sulle Aree Protette |
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Valerio Giacomini, venti anni dopoSono ormai passati più di venti anni dal giorno nel quale Valerio Giacomini ci ha lasciato, ed oggi chi lo ha conosciuto ed ha avuto il privilegio di essergli vicino, può cercare di rievocare questo rapporto nelle sue linee essenziali, mentre i fatti di cronaca ed i singoli episodi sono ormai annebbiati oppure del tutto dimenticati. Io sono stato suo allievo, il primo in ordine di tempo; quando lho conosciuto avevo 17 anni da poco compiuti, e di fianco a lui mi sono sempre considerato un ragazzino; mentre scrivo, mi rendo conto però di aver ormai superato, da qualche anno, letà che Valerio Giacomini aveva raggiunto: il rapporto di età si è invertito, sono cose che avvengono, nella vita. Valerio Giacomini è nato a Sequals in Friuli nel 1913, ma la sua famiglia si è trasferita a Brescia durante la prima guerra mondiale, ed in questa città è cresciuto ed è stato educato, così da considerarsi in ogni senso bresciano; ha sempre ricordato con orgoglio di esser cresciuto in condizioni relativamente modeste. Frequenta luniversità a Pavia, dove si laurea in Scienze Naturali, poi ha un periodo di specializzazione, molto formativo, in Germania, a Mainz (?) con Herzog. Ritorna in Italia con una robusta formazione nei campi della briologia e della fitogeografia. Una breve esperienza come assistente nella Facoltà Agraria di Firenze lo mette in contatto con A. Fiori e con R. Ciferri; qui viene concepita la sua Fitogeografia delle Felci, che resterà una delle opere a lui più congeniali. Ma poi ricomincia la guerra, e nel 1945 si troverà di nuovo in Germania, stavolta internato in campo di concentramento; al ritorno, segue Ciferri, che si era trasferito a Pavia, e si stabilisce in questa sede. La sua presenza a Pavia continua per circa un decennio: Valerio Giacomini ha raggiunto la maturità e questo è un periodo di attività scientifica intensa e fruttuosa. A quel tempo mi ero abituato a distinguere i botanici italiani in due categorie: quelli che capivano il tedesco, e gli altri; Giacomini era ovviamente tra i primi, un fatto essenziale, data la sua specializzazione nel campo fitogeografico, nel quale gli studiosi dei paesi di lingua germanica erano maestri. Così si sviluppa il suo interesse per la fitosociologia, basato sulla collaborazione con Braun-Blanquet. Questo lo mette in polemica con lestablishment italiano, che difende le teorie di Negri, contrarie alla fitosociologia: si apre una confrontazione dura, e nei concorsi Valerio Giacomini si trova in una situazione impari, perché i suoi oppositori dispongono di una larga maggioranza. In queste vicende vengo coinvolto anchio, come studente, poi laureando, poi giovane borsista: non conto nulla sul piano universitario, ma ho un contatto quasi quotidiano con il mio giovane maestro.
Se ci chiediamo le ragioni del successo, entriamo in un campo, nel quale muoversi è difficilissimo. Infatti questo successo sfugge ad una spiegazione basata su fatti puramente razionali. Mettiamo anzitutto in chiaro il fatto che esso non è una conseguenza dei meriti scientifici, pure cospicui: Valerio Giacomini era sicuramente tra i più intelligenti e colti botanici italiani del suo tempo, ma non aveva molto interesse per gli sviluppi che si stavano preparando nei campi della biologia molecolare e più vicino ai suoi campi dindagine dallapplicazione della statistica e dei metodi sperimentali allecologia. Nemmeno nei campi ai quali dedicava la sua attività quotidiana, come la fitosociologia ed in seguito lecologia, si può dire che Valerio Giacomini abbia proposto una teoria innovativa, oppure un nuovo paradigma. Dunque, non vedo le basi per poter affermare che il suo successo sia stato dovuto ad una particolare realizzazione scientifica o intellettuale, di quelle che fanno vincere un premio internazionale oppure una cattedra universitaria. La mia opinione, è che il fattore essenziale sia da ricercare nella particolare personalità di Valerio Giacomini. Molti hanno notato, che da lui emanava un particolare carisma, che si rendeva evidente nella sua espressione, nel comportamento e quando aveva la parola, in privato oppure di fronte ad un pubblico. Difficile precisare questo concetto: si tratta in generale di una sensazione, che non si può spiegare razionalmente, ma tuttal più delineare con qualche elemento. Teniamo presente che si trattava di una persona profondamente religiosa, che seguiva i dettami ed i riti della chiesa cattolica con dedizione assoluta, tanto da venire spesso accusato di conformismo. Però il suo carisma agiva anche sui non credenti: dunque non è mai stato un uomo di parte. Chi era sensibile al suo carisma, probabilmente sentiva che si trattava di un uomo che credeva fino in fondo a quello che faceva, e che di questo faceva lo scopo di tutta la sua esistenza. Non aveva approfittato della sua posizione per arricchirsi oppure gestire il potere. Diviene essenziale la sua capacità di proporre un esempio: ma quale esempio? A questo punto il discorso si fa molto difficile: chi può avere la pretesa di guardare dentro allanimo umano? Nel mondo intellettuale di Valerio Giacomini mi sembra vi fossero alcuni punti fermi: il rispetto per i viventi e lambiente, il rifiuto delle soluzioni egoistiche, la percezione della crisi, ma anche la convinzione che lumanità abbia in sé la capacità di trovare la forza per uscirne. Si tratta di ideali condivisibili, che sono comuni a visioni del mondo molto diverse. In lui molti hanno visto un esempio, nel quale hanno saputo identificarsi. Egli era dunque in grado di portare un messaggio, che poteva sollecitare la fantasia dellascoltatore, quali che fossero le sue motivazioni, e che era reso credibile attraverso il suo carisma. Così lo ricordiamo tutti, non mentre annuncia una verità scientifica nuova, ma quando riesce a convincerci, che saremo capaci di passare il guado. * Professore della Università La Sapienza di Roma |