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  Notiziario Ufficiale del Parco Nazionale del Gargano
Anno V - Numero 4 - Aprile 2003




Speleologia

La Speoleopoiesi

Testi e foto di Carlo Fusilli - Gruppo Speleologico Dauno ONLUS

Nell’articolo pubblicato lo scorso mese sono stati esaminati i processi che conducono alla genesi ed alla successiva evoluzione delle cavità carsiche, prendiamo ora in considerazione il fenomeno della speleopoiesi, vale a dire della fase di riempimento dei vacui sotterranei con sedimenti connessi a fenomeni di natura fisica, chimica ed organica.
In seguito al verificarsi di taluni eventi imputabili al mutare delle condizioni topografiche esterne, a cambiamenti climatici o ad altre cause ancora, all’interno della grotta può diminuire o, perfino, cessare ogni attività idrica. Quando ciò avviene prevalgono i processi di fossilizzazione e i vari sedimenti, non essendo più soggetti all’azione di erosione e trasporto svolta dai torrenti ipogei, alla lunga finiscono per obliterare completamente i vani della cavità.
I depositi di riempimento possono provenire dall’esterno, trasportati dal corso d’acqua che alimenta la grotta (depositi allotigeni), o avere origine al suo interno (in tal caso si parlerà di depositi autigeni).
I più comuni depositi dovuti a fenomeni fisici sono rappresentati dai cosiddetti accumuli graviclastici, cioè da quei materiali derivanti dai crolli che avvengono all’interno della grotta per assestamento delle volte o fusione di ambienti attigui. Le terre rosse sono altri depositi che si rinvengono di frequente e costituiscono i residui insolubili della dissoluzione della roccia calcarea. Prendendo in esame i depositi chimici, parliamo ora delle concrezioni, cioè di quelle particolari mineralizzazioni che grazie alle loro forme bizzarre ed alla particolare bellezza, contribuiscono a creare gli aspetti più coreografici e suggestivi che un ambiente sotterraneo può offrire.
In precedenza si è presa in considerazione l’azione demolitrice delle acque sotterranee che, sia per via chimica, sia per erosione meccanica, aggrediscono le rocce carbonatiche. Quando le acque di stillicidio, contenenti in soluzione carbonato di calcio, incontrano un ambiente sotterraneo con diverse condizioni microclimatiche di temperatura e pressione, avviene un cambiamento dell’equilibrio della soluzione acquosa e si verifica la deposizione di minuscoli cristalli di calcite che, lentamente, goccia dopo goccia, edificano le concrezioni. In questo caso, quindi, si assiste ad un’azione costruttrice dell’acqua, che da corrosiva diviene concrezionante.
Le stalattiti sono tra le più comuni concrezioni presenti in grotta. Pendono dalla volta delle caverne, hanno forma allungata e si formano, come accennato, in seguito al lento stillicidio delle acque che, percolando dalle microfessure della roccia (leptoclasi), depositano il carbonato di calcio sotto forma di calcite. La morfologia più o meno affusolata delle stalattiti dipende in massima parte dalla velocità con cui avviene lo stillicidio.
Quando le goccioline d’acqua, anziché precipitare sul pavimento della grotta, scorrono lungo le pareti, si formano le cosiddette concrezioni a medusa o a canne d’organo. Se, invece, le acque concrezionanti percorrono un tratto di parete inclinata, si generano i drappi e le vele.
Le stalagmiti sono le più imponenti concrezioni calcaree che si possono osservare sotto terra. Si sviluppano e si accrescono grazie alle gocce d’acqua ricche di carbonato di calcio che cadono sul pavimento della grotta. Esse, talvolta, possono saldarsi ad eventuali stalattiti formando delle vere e proprie, monumentali, colonne.
Oltre a quelle citate, le concrezioni possono presentarsi con un’infinità di altre forme, ma tra tutte le più bizzarre sono le stalattiti eccentriche: cioè le concrezioni che non seguono la forza di gravità e si accrescono in tutte le direzioni. Diverse sono le teorie formulate per spiegare il fenomeno. La più accreditata ne attribuisce la genesi alla portata dell’acqua che le alimenta. Accade, infatti, che le goccioline affiorando molto lentamente all’estremità delle stalattiti si diffondono per capillarità, bagnando ed evaporando lentamente allo stesso tempo. Nelle condizioni di questi sottili veli d’acqua, le forze di coesione delle particelle fanno disporre l’accrescimento cristallino in tutte le direzioni e non solo verso il basso.
Altri depositi che si rinvengono in grotta sono di natura organica: il guano prodotto dalle deiezioni dei pipistrelli, le ossa di piccoli mammiferi che utilizzano le grotte come riparo temporaneo e le foglie o i rami secchi che cadono dagli alberi che si protendono sull’imbocco delle voragini.
Riepilogando quanto sin qui è stato detto, si evince quindi che le grotte attraversano varie fasi evolutive, passando da un periodo giovanile, durante il quale il torrente ipogeo scava ed amplia i condotti carsici, ad una fase senile che inizia quando il corso d’acqua li abbandona ed i depositi di riempimento tendono ad obliterare del tutto la grotta (carso olofossile completo).
Per finire, è importate evidenziare la notevole importanza che riveste lo studio dei riempimenti di grotta, poiché essi possono apportare elementi utili a risalire alla situazione climatica, vegetazionale e faunistica del passato, oltre a fornire eventuali reperti di interesse paletnologico.