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Parco Nazionale della Majella |
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Notiziario Ufficiale del Parco Nazionale della MajellaAnno 1 - Numero 1 - Gennaio-Marzo 2000 |
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La cultura della cementificazione e della rapina del territorio che tanti danni ha prodotto e continua a produrre, anche in termini di perdita di vite umane, basta pensare ai ricorrenti disastri ambientali, sembrava definitivamente sepolta nell'oblio di un passato scellerato. Almeno nelle aree protette, dopo la scelta campale di avvicinare l'Italia all'Europa e al resto del mondo realizzando, finalmente, un valido sistema di aree protette nazionali e regionali. E perlomeno in Abruzzo, la Regione Verde d'Europa, perno centrale del sistema più ampio di APE - Appennino Parco d'Europa -. Purtroppo si era trattato di una momentanea, pia, illusione. Da diverso tempo, in Abruzzo in particolare, è iniziato un vero e proprio attacco al sistema dei Parchi, proprio in coincidenza con l'affermazione del sistema e con l'emergere dei primi, buoni frutti, delle politiche di uso eco-compatibile delle risorse e di restauro del territorio.
Attacchi diversi, apparentemente disarticolati, in realtà collegati da un'unica matrice: nella forma usare il sistema dei Parchi come specchietto per le allodole, come finimento di facciata, per perseguire nella sostanza politiche di rapina e di devastazione degne dei migliori anni 60 e 70. Un ritorno di barbarie, inspiegabile, soprattutto in considerazione del fatto che quelle politiche sono le uniche responsabili dello spaventoso degrado ambientale in cui versa il nostro paese, dello spopolamento di buona parte delle zone interne, della devastazione di foreste e corsi d'acqua, dello sperpero di ingenti risorse pubbliche, a vantaggio esclusivo di pochi costruttori, cavatori e disboscatori senza scrupoli. Inspiegabile ma vero il rifiorire nel Parco Nazionale della Majella (ma i limitrofi Parchi del Gran Sasso-Laga, Sirente Velino e d'Abruzzo non dormono certo sonni tranquilli) della cultura del cemento: un vero e proprio ruggito nelle bocche di diversi politici e sindacalisti - la CGIL dei Parchi arrossirebbe di vergogna e di rabbia -, solo apparentemente agli antipodi. Lottizzazioni residenziali ad Ateleta e ai Piani di Tarica, megacentri alberghieri, nuovi impianti di risalita e piste di discesa in diverse aree del Parco, nuovi impianti di arroccamento in quota per nuove stazioni di sport invernali, captazioni di falda basale, nuove aree di cava, nuove discariche, ricerche petrolifere e si potrebbe continuare per molto. Cosa di particolare gravità, tutte regolarmente autorizzate, se non addirittura promosse e progettate, dai vari organismi competenti con celerità sorprendente - di contro si insabbia il Piano del Parco senza alcuna motivazione -, con il Parco a fare da ultimo, estremo, baluardo in compagnia di diversi comuni interessati. Ruspe, motoseghe, talpe (meccaniche) e milioni di metri cubi di cemento! Sono questi dunque i mezzi con i quali si vuole promuovere il Parco e tutelare la sua pregiata biodiversità? Questi gli interventi ecocompatibili per lo sviluppo socio-economico delle collettività locali? E' questa infine l'immagine dell'Abruzzo Regione Verde d'Europa che si intende proporre all'estero? E tutto ciò avviene proprio mentre il Parco, grazie alle iniziative di sviluppo intraprese, incardinate sulle politiche di conservazione, sta ottenendo ampi riconoscimenti in sede locale, nazionale ed internazionale. Il Parco, insieme alla maggioranza dei Comuni, i più convinti assertori dell'uso ecocompatibile del proprio territorio, continuerà nel perseguire con tutte le proprie energie le politiche di ecosviluppo che hanno dato i primi cospicui frutti:
Queste le cifre relative alla sola occupazione, inconfutabili, di quanto ottenuto in tre anni di lavoro, perseguendo politiche di conservazione e di vita: le uniche in sintonia con l'Europa del 2000, con le normative vigenti, nazionali e regionali, frutto di scelte illuminate, con i desideri e le speranze della parte sana della società civile, sempre a fianco dei Parchi. E non saranno certo i nostalgici rigurgiti di un passato di rapina né tantomeno gli interessi particolari, più o meno leciti e trasparenti, di gruppi di potere trasversale, a poter mettere in discussione direttrici di sviluppo basate sulla tutela di beni di interesse dell'intera collettività: l'essenza stessa della realizzazione del Sistema Nazionale delle Aree Protette e della Rete Europea Natura 2000. Nicola Cimini |