|
Parco Nazionale della Val Grande |
Atti del Convegno | |
Convegno Sport & Turismo
a spasso con lEducazione Ambientale |
|
Il perché della Mostra Parchi diversi a confrontoVal Grande: wilderness Ticino: parco antropizzatoConsidero una provocazione molto stimolante mettere a confronto fra loro Parchi completamente diversi come il Parco Nazionale della Val Grande ed il Parco del Ticino, vale a dire un Parco selvaggio e quasi dissestato, Wilderness come si usa dire, ed un Parco fortemente antropizzato. Ma il confronto non è interessante solo perché offre lopportunità di visualizzare contesti ambientali diversi (che pure sono stati evidenziati in modo molto sapiente nella mostra ai piani superiori che poi inaugureremo) ma soprattutto perché offre la possibilità di discutere su cosa è oggi un Parco, o meglio, che cosa vogliamo che sia un Parco. E molto diffuso un concetto secondo cui un Parco debba esclusivamente comprendere territori ad alta naturalità, possibilmente di proprietà demaniale, poco o nulla abitati, su cui impostare politiche di tutela degli elementi naturali e di valorizzazione di attività economiche marginali. Poter disporre di aree protette con queste caratteristiche è un fatto certamente importante; credere però che tutta la politica dei Parchi debba ricondursi ad individuare e proteggere esclusivamente aree con caratteristiche di alta naturalità e di proprietà pubblica, significa far decadere miseramente tutto il dibattito in corso dagli anni settanta ad oggi, circa il ruolo che le aree protette possono e debbono avere nel contesto più generale delle modalità di governo del territorio e del rapporto che lIstituzione Parco deve mantenere nei confronti delle altre Istituzioni preposte a redigere strumenti di pianificazione territoriale. Io sono convinto, invece, che il tiro vada tenuto molto alto e che, partendo da esperienze in corso da decenni, si arrivi, attraverso i Parchi, a ribaltare un concetto di governo del territorio che nel corso degli anni ha causato danni infiniti, non solo di carattere ambientale ma anche economico e sociale. La domanda cui bisogna rispondere allinizio di questo dibattito è la seguente:
E chiaro che io appartengo al partito della seconda ipotesi perché mi sembra che in tal modo si prospetti un percorso ideologico molto ambizioso che giustifica ampiamente il grande impegno profuso in questi decenni da coloro che, allinterno delle aree protette, hanno prodotto un vero e proprio patrimonio, di idee, di progetti e di interventi sul campo atti a dimostrare che i Parchi sono Istituzioni utili, nella misura in cui sapranno trasferire anche allesterno una cultura sulluso del suolo e degli elementi naturali in contro tendenza rispetto a quanto sperimentato nel mostro Paese nel corso degli anni cinquanta-sessanta e, in certe parti dItalia, anche nei tempi attuali. Non voglio con questo affermare che i Parchi di modeste dimensioni, istituiti esclusivamente per conservare contesti straordinari siano inutili o da abolire, anzi. Voglio solo ribadire che noi perderemmo una occasione favorevole se da questa fase storico-culturale che stiamo vivendo(e che in certe Regioni si vive da decenni) in cui si cerca di istituire nuove aree protette, non traessimo spunti per imporre ciò che la stragrande maggioranza delle popolazioni ci chiede: vale a dire che nei progetti duso del suolo la questione ambientale e paesaggistica abbia almeno pari dignità con quella della convenienza economica o del vantaggio di un ristretto gruppo di operatori. Io credo inoltre che siano auspicabili Parchi sufficientemente ampi per organizzare quelle politiche di governo di interi ecosistemi di cui parlavo allinizio, da usare come laboratori ideali il cui prodotto va esportato e tali da costituire capisaldi su cui impostare una nuova politica ambientale che interessi lintero territorio nazionale. E ormai scientificamente noto come Parchi piccoli ed isolati vadano incontro a processi di consunzione anche biologica, proprio perché circondati da territori progressivamente ostili con cui non viene mantenuta nessuna forma di rapporto o collegamento. A questo proposito infatti oggi appare più corretto parlare di sistemi di aree protette piuttosto che di Parchi singoli, e di corridoi ecologici che mettano in collegamento questi contesti privilegiati. Da questo concetto il passo per una stretta collaborazione fra il Piano del Parco ed i Piani Territoriali Provinciali è molto breve. Qui si tocca un altro argomento molto importante. Attraverso i Parchi occorre diffondere una politica dellambiente e del paesaggio che deve essere contenuta anche negli strumenti urbanistici di pianificazione ordinaria, cioè Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali e Piani Regolatori Comunali. Non è indispensabile (e forse risulterebbe anche troppo costoso) istituire un Parco ogni volta che si vuole prevedere un regime di gestione particolare per una porzione di territorio ambientalmente interessante. I Parchi devono essere punti di riferimento su cui impostare politiche di valorizzazione e di tutela di contesti ambientali di livello provinciale e comunale. Addirittura, quando la gestione urbanistica ordinaria non svolge le funzioni attribuitele dalle leggi (in molte parti del nostro Paese ci sono gravi e storiche carenze a questo proposito) il Piano del Parco può dare una spinta determinante verso una politica di gestione territoriale di area vasta a cui da tempo si fa continuo riferimento, senza peraltro fornire significativi esemplificazioni. Il Parco del Ticino sta svolgendo da decenni queste funzioni. Istituito 25 anni fa sotto la spinta di una forte volontà popolare il Parco, allinterno di un ambizioso progetto regionale col quale si è inteso proteggere le parti più delicate del territorio regionale: fiumi, zone prealpine e cintura metropolitana, il parco svolge il duplice compito di tutelare le acque del fiume ed i delicati ecosistemi della valle fluviale, nonché di coordinare lordinato sviluppo delle aree adiacenti, comprese le zone edificate. Il progetto risponde ad un convincimento che a 25 anni di distanza, di giorno in giorno acquisisce sempre più significato. Allindirizzo politico si associa ormai anche la certezza scientifica secondo cui, in un contesto geografico ad economia forte come quello lombardo, non si possa esercitare una corretta tutela di elementi naturali tanto pregiati quanto delicati, se non gestendo in modo attento una vasta area-filtro di carattere prettamente agricolo (su cui peraltro permangono testimonianze di carattere paesaggistico-architettonico di primordine) e dando indicazioni anche in ordine alle politiche di sviluppo urbanistico dei centri abitati inseriti nel perimetro del Parco. Questo modello di gestione del territorio consolidatosi nel tempo ha accresciuto enormemente la coscienza ambientale dei cittadini del Parco, tanto da portare attualmente ad una forma di collaborazione molto stretta tra Consorzio Parco ed Amministratori locali. Ritengo questo obiettivo molto più importante di quelli minimali ottenuti difendendo, (anche con intensa attività di repressione) piccoli lembi di suolo dalla distruzione diffusa di un territorio del tutto estraneo (quando non addirittura ostile) alle problematiche ambientali. Sono convinto che questa mostra e questo stesso dibattito, organizzato con rigore e competenza dalla Professoressa Franca Olmi ed a cui il Ticino ha dato il proprio modesto contributo, servano appunto per sottolineare le diverse funzioni che unarea protetta può avere e come la problematica ambientale assuma connotazioni diverse ed attuate attraverso mezzi idonei al raggiungimento degli obiettivi. Deve risultare chiaro comunque che le risposte che le Istituzioni devono dare possono e devono essere diverse ed attuate attraverso mezzi idonei al raggiungimento degli obiettivi che ci si pone. Sarebbe un grave errore culturale e politico dare una definizione standard di Parco ed una sola indicazione circa la metodologia di redazione del Piano del Parco. Luciano Saino - Presidente del Parco Lombardo della Valle del Ticino |
|