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Maggio 2004

Il Regno dei Funghi: studi promossi dal Parco del Po torinese

C’è leggenda, mistero, magia, insieme a tradizione gastronomica, intorno a quegli strani oggetti che spuntano nei boschi, nelle radure e nei prati, dopo la pioggia e nelle notti di luna crescente: i funghi. Ma c’è anche molto interesse scientifico che l’immaginario collettivo generalmente non valuta. Essi rappresentano la terza forza della natura, a pari merito con piante verdi e animali, essendo la loro attività fondamentale nei processi di decomposizione e di mineralizzazione della sostanza organica, quindi nel funzionamento degli ecosistemi terrestri e della biosfera.
La scarsa attenzione a questo mondo “vivente” ha portato ad attivare una Convenzione di ricerca tra l’ Ente di Gestione del Parco Fluviale del Po (dott. Ippolito Ostellino, direttore responsabile) su finanziamenti della Regione Piemonte - e il Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università di Torino (prof. Valeria Filipello Marchisio, responsabile scientifico della Mycotheca Universitatis Taurinensis), finalizzata allo “Studio della flora macromicetica del Piemonte con particolare riferimento alle aree protette regionali”.
Sono stati presi in considerazione per le indagini il Parco Fluviale del Po-tratto torinese (Parco del Valentino ed Area Attrezzata Le Vallere), il Parco Regionale La Mandria (Venaria), il Parco Colle della Maddalena, il Parco Naturale Regionale della Collina di Superga. Durante il primo anno di ricerca sono state effettuate 851 raccolte, che hanno portato alla identificazione di 300 specie, a diverso trofismo (saprotrofe, micorriziche, fitoparassite). Particolare attenzione è stata dedicata alle specie velenose, 11 velenose da crude, 33 anche dopo cottura, di cui 3 velenoso-mortali. Porzioni di corpi fruttiferi sono state conservate alla temperatura di - 80°C per successive analisi del DNA, al fine di una caratterizzazione molecolare e tassonomica. Le specie rare e critiche sono state conservate anche in campioni di erbario, depositati presso il Dipartimento di Biologia Vegetale. Dai corpi fruttiferi in buone condizioni è stato tentato l’isolamento in coltura pura dei miceli su vari tipi di terreni nutritizi. Sono state isolate in coltura pura 79 specie, depositate presso la Mycotheca Universitatis Taurinensis (MUT), ora in corso di studio per l’individuazione delle migliori tecniche di conservazione (olio minerale, liofilizzazione) e delle potenzialità enzimatiche da applicare in diversi casi di biorisanamento dell’ambiente (inquinamenti da IPA e da coloranti industriali). Collaborano alla ricerca Alfredo Vizzini, Giovanna Cristina Varese, Antonella Anastasi, Samuele Voyron, Valeria Prigione e la AMP (Associazione Micologica Piemontese). Si deve ricordare più in generale come i funghi costituiscano i principali attori dei cicli biogeochimici, compiendo attività uniche e indispensabili nel ciclo della materia, dal quale tutti gli organismi superiori, uomo compreso, dipendono. Senza contare i legami di ordine nutrizionale che instaurano con le radici della maggior parte degli alberi (simbiosi micorrizica), legami che pesantemente condizionano la buona salute delle piante e la loro produttività.
Grazie ad alcune peculiarità biologiche, i funghi (soprattutto i basidiomiceti) si sono spesso rivelati validi ed efficaci bioindicatori, atti a fornire informazioni utili circa lo stato dei vari ambienti e i loro cambiamenti in risposta a determinati stimoli, dall’influenza antropica ai cambiamenti climatici, ai temuti effetti dei contaminanti atmosferici. Le alterazioni della micoflora (diminuzione e/o scomparsa di specie) sembrano essere preziosi segnalatori spazio/temporali del declino delle comunità forestali: secondo alcuni studi il declino dei funghi ectomicorrizici precederebbe di 5-10 anni quello delle foreste. L’acquisizione di dati sulla distribuzione delle specie nei vari tipi di vegetazione e la successiva stesura di quadri, il più possibile esatti e completi, della composizione delle comunità fungine dei vari habitat risultano, quindi, elementi indispensabili per una valutazione dello stato di salute del patrimonio naturale e possono condurre alla pianificazione di interventi di conservazione degli ecosistemi, in cui i funghi vivono e svolgono le loro fondamentali funzioni e in ultima analisi a ragionate normative di protezione e di raccolta.
La valutazione e la comprensione delle loro attività nei contesti ecologici naturali permettono anche di gestire e di conservare le preziose risorse del nostro pianeta. Certi enzimi come le polifenolo-ossidasi e le perossidasi, che in natura vengono utilizzati dai funghi nella demolizione del legno, presentano una elevata applicabilità biotecnologica e industriale in quanto si sono rivelati in grado di degradare polimeri complessi e recalcitranti, trasformando così sostanze estremamente tossiche e pericolose come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) in prodotti più utili e/o meno nocivi. Questi funghi rappresentano, quindi, una risorsa genetica di immenso potenziale per lo sviluppo sostenibile del pianeta, così come per la salute dell’uomo, degli animali e delle piante.