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Parco fluviale del Po tratto torinese |
Problemi gestionali |
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(L.R. 9/2000) INTRODUZIONE Il cinghiale è senz'alcun dubbio la specie con maggiori implicazioni gestionali. E questo innanzitutto per l'impatto sulle attività agricole, decisamente pesante. La grande adattabilità e rusticità, l'alto potenziale riproduttivo, il comportamento gregario, la notevole mobilità, l'ampio spettro alimentare, hanno decretato il successo del cinghiale e nel contempo rendono la specie difficilmente gestibile. In passato locali gruppi di cacciatori hanno infatti potuto capillarmente organizzare a più riprese lanci clandestini e nel contempo sono sorti micro-allevamenti non autorizzati a scopo di ripopolamento, senza alcuna verifica sanitaria e senza accertamenti sull'origine degli esemplari utilizzati. Ricordiamo a questo riguardo che l'ibridazione con ceppi dell'Europa centrale e orientale e addirittura col maiale, oltre ad avere compromesso la purezza dei cinghiali italiani, ha aumentato la prolificità della specie ed esposto le diverse popolazioni a conseguenze di tipo sanitario. La forte pressione venatoria e l'interesse creatosi in sostanza non solo non hanno inciso sulla densità del cinghiale, ma si sono tradotti in un disturbo pesante, contribuendo alla stessa espansione territoriale della specie. E' accertato infatti che la braccata tende ad aumentare notevolmente la mobilità del cinghiale, che talvolta addirittura decuplica i propri spazi vitali o sposta del tutto il centro della propria attività (Cfr. Maillard e Fournier 1993). La mancanza di un prelievo di tipo selettivo può inoltre avere portato ad una destrutturazione sociale delle popolazioni di cinghiale: se infatti gli abbattimenti non colpiscono a sufficienza la classe dei piccoli si può avere un eccessivo ringiovanimento della popolazione, con conseguente aumento dell'erratismo, dell'utilizzo dei prodotti agricoli e dei danni alle colture. Il problema è risolvere lo squilibrio esistente, con la componente venatoria che ricava benefici economici, e la componente agricola che denuncia perdite. Nella fascia a prevalente interesse venatorio il contenimento delle popolazioni di cinghiali è affidato in buona parte all'attività di caccia, mentre nella fascia a prevalente interesse agrario, la presenza del cinghiale va contrastata con decisione senza tuttavia innescare alcun interesse venatorio. Nella fascia a prevalente interesse agrario il problema cinghiale è esclusivamente un problema di controllo, in capo direttamente all'Amministrazione Provinciale e all'Ente di gestione del parco del Po torinese, con l'eventuale coinvolgimento diretto degli agricoltori. Il contenimento resta comunque un obiettivo di difficile attuazione, dato l'ampio fronte e il possibile continuo irradiamento di nuovi esemplari dalle zone collinari; e deve prevedere sia l'uso di trappole (fisse e mobili), sia l'abbattimento. All'interno delle Riserve Naturali Speciali, particolarmente delicate per il loro valore naturalistico, si ritiene opportuno prevedere forme di prelievo con impatto minore rispetto alla braccata, come la cattura con gabbioni affidati agli agricoltori, la "girata" e la caccia individuale di selezione ad opera di personale specializzato. Contenimento dei danni: E' importante puntualizzare che spesso il danno alle colture agrarie non dipende dalla densità dell'animale. Questo significa che in diversi casi non basta aumentare la pressione venatoria per vedere diminuito l'impatto sull'agricoltura. Le colture, che rappresentano alimenti d'alto valore energetico concentrati in poco spazio, sono in ogni caso un'indubbia forte attrazione. Ma molti sono i fattori che concorrono a determinare il grado di utilizzo delle colture e l'entità del danno. Innanzitutto c'è una correlazione inversa con le disponibilità alimentari del bosco: in anni in cui il bosco produce forti quantità di alimento sotto forma di ghiande il cinghiale si rivolge solo in misura ridotta alle coltivazioni (Briedermann 1986). Inoltre il danno dipende dalla disposizione territoriale dei campi e dei boschi, dallo sviluppo del bordo forestale, dalla vicinanza delle aree di rifugio rispetto alle colture, dalla presenza di frutteti (Cfr. Meriggi e Sacchi 1991). Anche le caratteristiche demografiche influiscono sull'intensità del danno: popolazioni con un maggior numero di individui giovani, più mobili ed inesperti, tendono ad avere un impatto più forte. Ma anche l'origine dei cinghiali può essere determinante: il ricorso alle immissioni abusive di esemplari d'allevamento, privi di sufficiente autonomia alimentare e della naturale selvaticità, provoca puntualmente un aumento dei danni all'agricoltura. Per limitare i danni nelle zone agricole interessate dalla presenza stabile del cinghiale tre sono le strade possibili: difendere le colture con barriere (recinzioni, di tipo elettrificato o meno), fornire alimentazione complementare (campi con coltivazioni a perdere, foraggiamenti artificiali). La difesa con recinzioni mobili elettrificate non è proponibile su vasta scala, ed è vantaggiosa solo per coltivazioni di pregio estese su superfici limitate. L'uso delle coltivazioni a perdere per migliorare artificialmente l'offerta trofica sicuramente insufficiente nei nostri boschi, merita particolare attenzione, anche alla luce dell'esperienza positiva maturata in molti paesi europei (Massei e Toso 1993). La strategia consiste nel trattenere nel bosco il cinghiale grazie a coltivi predisposti ad hoc ("colture di dissuasione"), distogliendolo dalle aree agricole. Un altro metodo che può dare buoni risultati è costituito dal foraggiamento artificiale in foresta, con somministrazione di mais secondo modalità precise e capillarità d'intervento: studi in Francia hanno permesso di documentare un decremento medio dei danni alle colture agrarie circostanti pari al 70% (Vassant et al. 1992). Un contenimento dei danni si può ottenere anche con una pressione venatoria elevata. In realtà il problema è meno semplice di quanto possa sembrare: l'abbassamento della densità può talvolta indurre nella popolazione di cinghiali aumenti consistenti della fertilità in grado di vanificare tutto; la bassa densità diminuisce la competizione alimentare, l'accrescimento corporeo migliora, la pubertà viene mediamente anticipata e aumenta il numero medio di figli per cucciolata. Inoltre va considerato che interventi di carattere venatorio all'interno delle Riserve Naturali Speciali o lungo i loro confini creerebbero inevitabile disturbo alla fauna presente e in particolare per la Riserva del Baraccone, ove si auspica un intervento, alle popolazioni svernanti o nidificanti di anatidi. Monitoraggio: Per gestire il cinghiale è necessario conoscerlo. In questo senso è importantissimo raccogliere dati dagli abbattimenti: dati biometrici (soprattutto peso eviscerato) e demografici (perlomeno rapporto sessi e classi d'età). Quelle che a prima vista sembrano informazioni in qualche modo superflue e d'interesse esclusivamente scientifico, hanno in realtà ampie ricadute applicative e costituiscono strumenti utilissimi nella gestione. Permettono di caratterizzare le popolazioni, di avere "il polso della situazione", di prendere decisioni precise sui programmi di contenimento e sui piani di prelievo. La raccolta di ulteriori dati, con la collezione dei tratti riproduttori femminili di campioni sufficientemente ampi, permette di conoscere la fertilità della popolazione studiata (numero medio di feti, percentuale di femmine gravide) e di fare previsioni sulla dinamica demografica. Inoltre sono assolutamente necessarie indagini approfondite di tipo sanitario su vasta scala, data la possibilità di casi di lanci non autorizzati di esemplari d'allevamento e dato il forte rischio di contagio per i suini domestici. Si invitano pertanto gli ATC a raccogliere il maggior numero di dati e ad elaborarli annualmente così da fornire un quadro almeno sui capi abbattuti durante la stagione venatoria. Un elemento importante è costituito dal prelievo qualitativo: è verificato che i cinghialai tendono a trascurare il prelievo della classe dei piccoli, con rischio di destrutturazione sociale e possibili ripercussioni negative sull'entità dei danni alle colture. In un prelievo di tipo selettivo gli abbattimenti devono concentrarsi sulla componente giovanile, fino a costituire almeno il 70% del totale (Briedermann 1986, Massei e Toso 1993).
Censimenti e piani di prelievo: Il cinghiale è senz'altro l'ungulato più difficilmente censibile. Molti sono i metodi adottati nel resto d'Europa (conteggio delle orme sulla neve, conteggio degli animali da punti fissi con uso di esche alimentari, catture-marcature-ricatture, battute su aree campione, analisi dei carnieri ecc.). Il divario tra lo sperimentato modello vincente centroeuropeo e la nostra situazione pionieristica dà la misura delle difficoltà operative per arrivare a censimenti attendibili: solo una organizzazione territoriale nuova, con l'impegno attivo di personale di vigilanza, cacciatori motivati, tecnici faunistici e un controllo continuativo e capillare del territorio, potrà portare gradualmente a risultati positivi. In termini operativi si può iniziare dall'esame dei carnieri (analisi della struttura demografica degli abbattimenti, tassi di prelievo ecc.) unita a monitoraggi più approfonditi su aree campione (biometria, studio del rendimento riproduttivo). Gli elementi raccolti permettono di fare previsioni sugli incrementi utili annui e quindi di programmare correttamente il prelievo venatorio. In questo senso il Personale di Vigilanza del Parco del Po torinese ha eseguito alcuni censimenti notturni con fari dall'auto che hanno dato esito positivo anche se gli animali rilevati sono stati pochi e il rilievo delle tracce e delle "rumate". Inoltre sono state raccolte tutte le segnalazioni pervenute dai Comuni e le testimonianze dei coltivatori della zona.
SEGNALAZIONI E AVVISTAMENTI La tabella che segue illustra in modo schematico le segnalazioni pervenute all'Ente Parco in merito alla presenza di cinghiali a partire dal 1996. Già da queste segnalazioni si evince che la presenza dell'ungulato è particolarmente sentita nel territorio dei Comuni di Brusasco, Monteu da Po, Cavagnolo e Verrua Savoia.
CENSIMENTI E RILEVAMENTI EFFETTUATI DAL PERSONALE DI VIGILANZA DEL PARCO DEL PO Nel corso del 1999 e 2000 sono stati effettuati alcuni controlli notturni mirati a verificare la presenza e la consistenza della specie in questione. I censimenti sono stati effettuati dai guardiaparco sia con il metodo del percorso chilometrico con l'ausilio di fari da autovettura sia verificando tracce e danni alle colture. Tale verifiche, effettuate su tutto il territorio del Parco, hanno dato esito positivo nella Riserva Naturale Speciale del Baraccone dove sono stati avvistati alcuni esemplari e rilevate numerose tracce. Sono stati rilevati alcuni individui anche nei pressi della città di Chivasso, a ridosso della collina, da dove si suppone giungano per nutrirsi nei coltivi lungo il Po. Dai dati raccolti si evince come la specie non abbia una preferenza territoriale tra le due sponde del fiume che in alcuni periodi dell'anno, durante la magra è facilmente attraversabile. Le tracce e le "rumate" sono state rinvenute in ambienti molto diversi che vanno dal gerbido al pioppeto al campo di mais. Sicuramente la specie predilige nei periodi di semina i coltivi di mais come segnalatoci frequentemente dagli agricoltori della zona.
PROPOSTE D'INTERVENTO Le aree maggiormente interessate da fenomeni dei danni alle colture agricole e incidenti stradali è sicuramente l'area a valle di Torino, in particolare la Riserva Naturale Speciale del Baraccone. Si attueranno quindi interventi di controllo numerico della popolazione mediante l'utilizzo di "selecontrollori" (cacciatori abilitati, a seguito di un corso di specializzazione, a eseguire abbattimenti selettivi) in particolare con la tecnica della "girata", che consiste in una piccola battuta effettuata da 6 o 7 operatori e un cane limiere (segugio specializzato nel rintracciate la preda). Questa tecnica è poco impattante per l'ambiente e per le specie non target e da ottimi risultati, anche perché effettuata al di fuori dei periodi di nidificazione e riproduzione della fauna. Si potranno prevedere in futuro anche operazioni di trappolaggio in zone di passaggio della fauna dal fiume alla collina. |