PIEMONTE PARCHI
Numero 77 - Febbraio 1998

Piccoli grandi viaggi:
La via Francigena all'ombra della Serra d'Ivrea





Per l'uomo medievale il pellegrinaggio verso i luoghi sacri della cristianità costituiva il mezzo privilegiato attraverso cui purificarsi e ambire al cospetto di Dio. Seguendo la Via Francigena, i pellegrini provenienti dall'Europa d'occidente raggiungevano Roma, sede del papato e cuore del mondo cristiano. Una preziosa testimonianza della Via Francigena e della realtà europea del X secolo la fornisce l'arcivescovo Sigerico di Canterbury che nel 990 compilò un diario di viaggio durante il suo ritorno da Roma. Il percorso descritto da Sigerico è alla base dell'itinerario culturale promosso dalla Comunità Europea nell'ambito delle iniziative legate al Giubileo del 2000.

Il Canavese, posto allo sbocco della Valle d'Aosta, era attraversato dalla Via Francigena che dai valichi del Piccolo e del Gran San Bernardo perveniva in Italia. Nell'area circostante la città di Ivrea, quarantacinquesima tappa del viaggio di Sigerico, molte sono ancora le tracce riconducibili al medioevo perfettamente integrate in un contesto naturale delle peculiarità uniche ma purtroppo non appieno valorizzate.

La Via Francigena nel Canavese: storia e natura all'ombra della morena glaciale più grande d'Europa. Il percorso si sviluppa per una trentina di chilometri nei luoghi attraversati un tempo dalla Via Francigena, lungo carrarecce campestri, viottoli fra le vigne, sentieri nei boschi e mulattiere selciate, fra edifici romanici testimoni di mille anni di storia e scenari sempre diversi ove poter ascoltare la voce del silenzio e assaporare la calma natura del paesaggio. Come in una galleria d'arte si susseguono numerose le "opere" realizzate dalla natura e dall'uomo, a cominciare dalla Serra d'Ivrea, la collina morenica più grande d'Europa, originatasi con il ritiro dei ghiacciai .





L'itinerario prende il via da Carena, località ove il pellegrino medievale varcava il confine fra il regno di Borgogna e il regno d'Italia. Oggi Carema segna il confine fra Valle d'Aosta e Piemonte ed è celebrata per il vino D.O.C. prodotto dai suoi vigneti disposti a terrazze sui fianchi della montagna.

Seguendo una carrareccia, contraddistinta da segni bianchi e rossi, si giunge ben presto a contemplare dall'alto l'ampia distesa di vigneti sorretti da colonnine troncoconiche (i tupiun) poggiate su imponenti muri a secco. La strada si inoltra poi nel bosco divenendo mulattiera selciata che in breve conduce sullo sperone roccioso da cui i ruderi del castello di Castruzzone, dominano la valle della Dora Baltea. Da qui i signori del castello controllavano i traffici sulla strada Francigena, imponendo dazi e praticando spesso e volentieri la rapina ai danni degli sfortunati viandanti.

Si prosegue il cammino e dopo aver guadato il torrente Chiussuma si raggiunge una bella mulattiera selciata che, prima attraverso il bosco poi nuovamente fra le vigne, porta ai ruderi del castello di Cesnola; vale la pena abbandonare per un istante la strada e visitare quanto resta dell'antico maniero.

Riprendendo il cammino si giunge dapprima alla frazione di Cesnola, immersa fra le vigne, poi a Settimo Vittone dominata dal castello con il complesso plebano di S. Lorenzo, fra i più importanti monumenti alto medievali del Piemonte. Il complesso è composto dalla chiesa e dal battistero ottagonale e custodisce diversi cicli di affreschi, dipinti a partire dall'epoca romanica sino ai primi anni del XVI secolo. Aggirando gli spalti del castello si riprende il cammino per raggiungere la frazione di Montestrutto, dominata anch'essa dal castello e da una chiesetta romanica dedicata a S. Giacomo.

Seguendo sempre la mulattiera si sale verso Nomaglio attraversando la bucolica località di Pramagliasco affacciata sulla pianura della Dora. Nomaglio propone Interessanti esempi di architettura montana nonché il "burnel" probabile masso altare riutilizzato come vasca per la fontana. Da qui un percorso ad anello tra i castagni raggiunge Andrate incontrando le antiche fornaci di calce in un sito molto panoramico, e una palestra di roccia recentemente attrezzata.

Andrate è posta alle pendici del Mombarone nel punto in cui la Serra d'Ivrea si stacca dalla montagna. Fra le testimonianze della sua storia medievale va ricordato il campanile romanico di S. Maria sopravvissuto ai rifacimenti della chiesa a cui è annesso. Tornando a Nomaglio si imbocca l'ampia mulattiera che raggiunge il fondovalle nei pressi dell'abitato di S. Germano. Qui alle spalle del campaniletto romanico della chiesa si trovano i "balmetti" cantine ricavate negli anfratti della morena e ventilate naturalmente da una corrente d'aria fredda.





Proseguendo per carrarecce si raggiunge dapprima Borgofranco d'Ivrea poi Montalto Dora donde una bella strada acciottolata conduce al lago Pistono dominato dal maestoso castello. Si giunge così nell'area detta dei "Cinque Laghi" per la presenza di altrettanti bacini lacustri formatisi con il ritiro dei ghiacciai. La zona rappresenta per il Canavese uno dei siti più caratteristici dove, accanto a importanti peculiarità naturalistiche e geologiche, è possibile praticare sport e attività ricreative in un ambiente integro e incontaminato

L'itinerario costeggia per un tratto il lago Pistono per poi inoltrarsi nei boschi ove di tanto in tanto riaffiorano frammenti dell'acquedotto romano di Ivrea. Attraverso carrarecce e sentieri si giunge a

Chiaverano, località adagiata fra i colli dioritici e raccolta attorno ai resti del castello. Poco discosta dall'abitato, si erge su di uno sperone roccioso l'antica chiesa romanica di S Stefano, custode di affreschi dell'XI secolo e ultima superstite dello scomparso borgo medioevale di Sessano. Il sito regala un ottimo panorama sull'anfiteatro morenico ed è al centro di un programma di riqualificazione che dovrebbe portare alla nascita di un orto botanico delle piante officinali. Da qui la strada si inerpica sulle pendici della collina morenica e fra boschi di castagni ne guadagna la sommità per poi ridiscendere sino ad incontrare nel mezzo di una radura prativa il campanile romanico di S Martino, gigantesco "menhir" ultimo testimone dell'antico insediamento di Pcerno, abbandonato e smantellato nel XII secolo in seguito all'erezione del borgo franco di Bollengo.

Riprendendo la strada nel bosco si sale alla Broglina e da qui a Magnano in territorio biellese sede di un ricetto medievale con porta turrita Scendendo poi lungo il versante canavesano della Serra si giunge a Piverone, anch'esso borgo franco eretto nel XII secolo, che conserva ancora, la torre porta, consistenti parti della cinta muraria e il campanile romanico dell'antica chiesa di S. Pietro, adiacente una casa colonica poco sopra l'abitato. Lungo la strada che fra i campi conduce al lago di Viverone s'incontra il piccolo rudere del Gesiun, adagiato lungo il pendio ove un tempo sorgeva l'abitato di Livione. E questa l'ultima testimonianza romanica che si incontra prima di giungere al lago di Viverone, termine del cammino che per una trentina di chilometri ha cercato di cogliere gli aspetti significativi del territorio e allo stesso tempo di raggiungere il maggior numero possibile di edifici di culto riconducibili all'epoca dei grandi pellegrinaggi romei.


Andrea Scavini