(Tione di Trento, 27 Mag 20) "Sette o otto giorni a piedi, qualcosa di meno se vai con il mulo o cavallo". Così vi avrebbero risposto in un ipotetico viaggio nel passato, se aveste domandato quanto ci voleva per raggiungere Venezia e il mare da uno dei nostri piccoli borghi.
Venezia non è mai stata e non è tutt'ora per i territori della Riserva di Biosfera una città proprio "dietro l'angolo", anzi era un luogo lontano con cui il tenere contatti rimane tutt'oggi complesso. Ma un occhio attento aggirandosi soprattutto per la Valle del Chiese e la Val di Ledro, potrebbe iniziare a domandarsi: "Che ci fanno allora, nelle chiese di Storo e di Tiarno, in bella vista due quadri veneziani? Perché quasi in ogni parrocchia trovo dipinti che hanno il colore e lo stile di Venezia impresso nella tela? Come sono arrivate queste opere qui da noi, piccole comunità rurali disperse nelle montagne così distanti dal mare?"
La domanda è estremamente interessante, ma per potervi rispondere è necessario fare un salto nel passato fino al XVI secolo, tempo di grandi movimenti geopolitici che hanno interessato anche i nostri territori.
Nel 1426 infatti, le truppe della Serenissima occupano la Val di Ledro, per poi occupare Riva del Garda nel 1440 e rimarranno in queste terre fino al 1509. Nel 1487 invece, a seguito della guerra veneto-tirolese tutta la Valle del Chiese andrà sotto dominio veneziano per pochi mesi, tornando poi subito sotto il controllo del Principe Vescovo di Trento. Gli abitanti del Chiese e della Valle di Ledro seppero sfruttare questi brevi periodi di dominazione ottenendo da Venezia dei larghi privilegi fiscali e commerciali, vantaggi che per gran parte di questi territori rimasero anche dopo il periodo di dominazione delle truppe marciane.
Venezia diventò perciò, agli occhi dei nostri antenati, una sorta di "Terra Promessa" un luogo dove poter racimolare risorse da riportare nelle nostre povere valli alpine. Fu così che dal 1500 iniziò una costante emigrazione di uomini che per circa nove mesi all'anno si traferivano a Venezia dove venivano impiegati come bastasi e ligadori ossia i moderni facchini, oppure come segantini, all'interno dell'Arsenale del Doge. La maggior parte di questi emigranti svolgeva lavori umili e molto faticosi e ritornava in Valle con qualche soldo in più che aiutava il magro bilancio famigliare; per alcuni di questi invece, arrivare a Venezia fu l'inizio di un vero e proprio successo che lì portò ad arricchirsi in breve tempo e stabilirsi permanentemente in città.
Il legame di questi "nuovi ricchi" con le loro valli natìe era però molto forte, anche come il desiderio di mostrare a tutto il paese la posizione che erano riusciti ad ottenere; iniziarono così a spedire nei loro paesi di origine delle splendide opere d'arte a memoria perenne del loro successo e della loro devozione ai paesi natali, che è possibile ammirare ancora oggi.
Nella parrocchiale del paese di Storo troviamo per esempio una "Madonna col Bambino in Gloria", attribuibile alla scuola del Langetti di data 1659: nella cui scritta in calce al dipinto troviamo la scritta "L'ANNO 1659 IN VENETIA NOI MARTINO SCALLETTI ANTONIO POLI CAMPANER ANDREA ZONTINI MARTIN CUOGHI/ GIOVANNI BATTISTA BERTIO PIETRO SIMON POLI HABBIAMO FATTO FAR QUESTA PALA PER LA NOSTRA DEVOTIONE". Il legame di questi emigranti storesi era così forte che fecero addirittura rappresentare nel dipinto, in basso a sinistra il paese di Storo con i suoi due campanili. Altro esempio molto prezioso di queste opere è contenuto nella Chiesa Parrocchiale di Tiarno di Sopra, dove è custodita un dipinto del famoso pittore Bernardo Strozzi, operante "Madonna col Bambino", la cui committenza è da attribuire ai fratelli Sala anche loro ex emigranti delle nostre Valli diventati ricchi grazie ai commerci a Venezia; i due fratelli volevano così tanto rimarcare la loro posizione che si fecero addirittura ritratte all'interno del dipinto (in basso a destra).
Un rapporto di privilegio creatosi in pochi anni, ma un legame economico e culturale durato secoli quello di Venezia con le due Valli della Riserva di Biosfera, che ora vediamo principalmente grazie all'ampia diffusione di queste opere d'arte nelle chiese dei nostri borghi; una tale concentrazione che ha fatto arrivare qui anche critici d'arte del calibro di Vittorio Sgarbi, il quale ha attestato la qualità e l'importanza di queste opere, arrivando quasi a dire che siamo, dal punto di vista pittorico, una "Piccola Venezia delle Alpi".
Per ulteriori approfondimenti circa l'arte veneziana in Valle del Chiese e Val di Ledro si rimanda a:
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