(Storo, 08 Lug 20) Salendo da Storo verso la Val di Ledro a circa metà strada troverete il Forte Ampola, un luogo pronto a raccontarci un'altra delle splendide storie di cui la Riserva di Biosfera è estremamente ricca.
Avvicinandosi all'area del Forte ci accorgiamo di quanto la natura sia selvaggia in questo luogo; questa zona infatti, grazie al suo isolamento, costituisce una vera e propria oasi per specie floristiche e faunistiche di grande importanza. Ricordiamo per esempio che sulle montagne fra la Val d'Ampola e la Val Lorina da qualche anno è attestata la presenza di uno dei pochissimi esemplari di lince di tutte le Alpi; inoltre proprio all'interno del Forte Ampola grazie alla collaborazione con il MUSE di Trento e la Rete Riserve Alpi Ledrensi, si sta svolgendo un progetto mirato alla conservazione e allo studio dei pipistrelli nel loro habitat naturale.
Ma una stretta gola, dove passano le potenti acque del torrente Palvico, in corrispondenza di una cascata di rara bellezza, non poteva che attirare anche l'uomo; già a partire dal 1700 la nota famiglia Glisenti proveniente dalla vicina Val Trompia, terra bresciana, con cui questi luoghi sono sempre stati in contatto, decise di impiantare un'officina di lavorazione del ferro proprio appena sopra l'attuale costruzione del Forte; l'attività di lavorazione dei metalli si diffuse poi in tutta la Valle di Ledro e si ritiene che questa possa aver generato la tradizione dei ciodaròi, molto comune in Val di Ledro.
È però da metà del 1800, con la costruzione di quella che attualmente è la strada statale 240 che collega la Valle del Chiese a Riva del Garda passando per la Val di Ledro, che la remota Val d'Ampola, inizia ad assumere una grande importanza strategica venendo soprannominata la "chiave del Tirolo"; non serve ricordare che i territori della Riserva di Biosfera fino alla Prima Guerra Mondiale erano parte dell'impero Austroungarico e che molti di questi erano i veri e propri confini fra l'Impero e il Regno d'Italia. Fu lampante perciò la necessità di fortificare la Val d'Ampola per evitare che un eventuale attacco italiano potesse minacciare il Tirolo e quindi l'Impero.
Nel 1859 il Comando Austroungarico ordinò la costruzione di un forte moderno e sicuro a metà circa fra Storo e il Lago d'Ampola; due anni dopo il Forte d'Ampola venne terminato e fu posta a difesa una guarnigione di soldati.
Erano quelli gli anni delle Guerre d'Indipendenza italiane, i tempi di Garibaldi e della sua volontà di annessione dei territori di lingua e cultura italiana assoggettati all'Impero Austroungarico. Nel 1866 l'Eroe dei Due Mondi insieme ad un contingente di più di 2000 volontari partendo da Storo, risalì la Val d'Ampola e attaccò il Forte d'Ampola grazie ai 12 cannoni trascinati sulle alture circostanti; il forte resistette tenacemente al fuoco italiano, ma dopo tre lunghi giorni di cannoneggiamenti ininterrotti capitolò, cedendo il passo ai volontari garibaldini.
La vicenda della presa di Forte Ampola, che ebbe grande eco sulla stampa dell'epoca, diede anche vita ad una delle più belle pagine della letteratura garibaldina scritta dal celebre patriota e scrittore Giuseppe Cesare Abba. Quello che successe subito dopo è uno degli episodi più famosi del 1800 italiano: Garibaldi raggiunse velocemente la Val di Ledro pronto alla discesa verso Riva del Garda e quindi verso Trento, ma arrivato a Bezzecca, venne raggiunto dal celebre telegramma del Re, che gli imponeva di fermarsi; la risposta fu il telegrafico "Obbedisco", che tutti ormai conosciamo.
Poco tempo dopo la ritirata di Garibaldi, gli austriaci resisi conto dell'inutilità di quel fortilizio e scottati dalla bruciante sconfitta subita nel 1866 decisero di minarlo e di farlo esplodere, rendendolo di fatto inutilizzabile.
Durante la Grande Guerra quello che restava del Forte di un tempo, vide la presenza di un grosso accampamento dell'esercito italiano e proprio qui nel 1915 venne in visita il re Vittorio Emanuele III. Nel 1935 il forte trovò una seconda vita, quando i Carbonai di Bondone nella parte inferiore vi costruirono un carbonile per depositarvi il prezioso materiale prodotto nei boschi della Val di Ledro, della Val d'Ampola o sulle pendici della Rocca Pagana.
Quando anche l'epopea del carbone si concluse l'area del Forte venne completamente abbandonata almeno fino a circa una decina di anni fa quando, grazie ad un progetto di riqualificazione area da parte dei propietari, che ha visto coinvolte varie realtà istituzionali quali la Soprintendenza dei Beni Architettonici della Provincia di Trento, Il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto, la Fondazione Museo Storico del Trentino e il Muse, quest'area è stata recuperata e messa a disposizione alla comunità e dei visitatori, grazie ad uno percorso nel Parco Forte Ampola che racconta la Storia e la Natura del Forte, e con una particolare vista sulla piccola cascata creata dal torrente Palvico nei pressi del forte.
#staytuned: iscriviti alla Newsletter della Riserva di Biosfera e segui la pagina Facebook!