(Tione di Trento, 17 Nov 20) Uno o due piccoli frutti, acheni in linguaggio tecnico e un involucro spinoso che le contiene; cosa avranno mai da dirci questi frutti, queste semplici ed umili castagne?
È sufficiente parlare qualche minuto con Luisa Palmieri, una delle ricercatrici del progetto URBE, che subito da questo piccolo frutto escono storie e informazioni molto interessanti.
Luisa, che cos'è il progetto URBE e di cosa ti sei occupata in particolare tu insieme al tuo gruppo di ricerca?
"URBE è un progetto condiviso e cofinanziato dalla Riserva di Biosfera e la Fondazione Edmund Mach che vuole andare ad indagare il livello di biodiversità vegetale presente in alcune specifiche zone della Riserva di Biosfera per poter poi creare delle buone pratiche condivise con il territorio per la buona conservazione e gestione di questa. In particolare, il mio gruppo di ricerca si è occupato del castagno e del suo frutto, tanto conosciuto al grande pubblico, quanto ricco di questioni ancora da approfondire."
Qual è stato il vostro primo passo nella ricerca sui castagni?
"La prima questione che ci siamo posti è quella legata alla classificazione delle varietà ed ecotipi di castagni presenti sul nostro territorio; sebbene la specie più diffusa sia notoriamente la Castanea Sativa già ad un primo esame empirico era possibile notare differenze fra le piante spostandosi da un territorio all'altro. Qui ci è venuta in aiuto la genetica: abbiamo raccolto tessuti fogliari di castagno in 11 siti diversi, per un totale di 31 piante.
Quello che n'è uscito è un risultato molto interessante, in quanto ci si è accorti per esempio che il fiume Chiese è una barriera naturale che ha creato grosse differenze fra i castagni presenti sulle sue sponde; anche per quanto riguarda territori più omogeni come per esempio Tenno, Pranzo e il Bleggio, ogni luogo presenta piante con caratteristiche genetiche diverse. Questa scoperta ci porta a parlare per il castagno di ecotipi, ossia di adattamento di una specie a caratteristiche ambientali e climatiche diverse."
Com'è proseguita poi la ricerca? Abbiamo sentito parlare di analisi di metaboliti e dei composti volatili: non sono di solito ricerche che si fanno nell'ambito dell'uva e del vino?
"Proprio così, abbiamo provato ad applicare alcune delle tecniche usate anche nel settore enologico alle castagne e anche qui i risultati sono stati molto interessanti; innanzitutto, si conferma che la castagna è un ottimo alimento, molto ricco in carboidrati e "magro" dal punto di vista dei grassi; si è poi rilevato, un po' come per il vino, che le castagne hanno il proprio terroir, ossia ogni frutto riporta nel gusto e nella composizione organolettica le condizioni naturali, fisiche e chimiche e climatiche del territorio da cui proviene. Questo ci porta a confermare l'importanza di preservare e valorizzare ecotipi locali di castagne in quanto sono realmente "speciali" rispetto a quelle di altri territori."
Ricerche come la vostra coinvolgono anche altre conoscenze o competenze rispetto a quelle prettamente scientifiche?
"In un'analisi come questa su determinate specie di piante è fondamentale l'utilizzo delle fonti storiche per determinare la provenienza della stessa e le sue dinamiche nel tempo.
Grazie alla ricerca storica abbiamo scoperto come gli antichi chiamassero la castagna la "ghianda di Giove" in quanto l'imponenza dell'albero di castagno rimandava alle virtù e alla forza del dio Giove.
Interessante è stato anche scoprire come la castagna, oltre ad avere sfamato per secoli e secoli le comunità degli Appennini e delle Alpi, venendo chiamato il "pane dei poveri", è stato da sempre anche utilizzato come rimedio per alcune infezioni polmonari e per altre patologie, probabilmente grazie alle proprietà del tannino, un composto vegetale di cui la Castanea Sativa è estremamente ricca. Il valore del castagno poi non si limita solo alla produzione del famoso frutto ma è anche utilizzato per la produzione di pali per l'edilizia di alta qualità e resistenti agli agenti atmosferici; è innegabile poi il contributo al paesaggio che questo imponente albero dà in ogni stagione dell'anno, creando soprattutto in autunno, delle sfumature di colore meravigliose."
Una ricerca a tutto tondo quindi. Come sintetizzereste in poche parole il valore di azioni come queste per il territorio della Riserva di Biosfera?
"Ricerche come le nostre che coinvolgono materie complesse e distanti come la biologia e la genetica hanno in realtà delle grosse implicazioni anche per il comune cittadino e per il territorio; innanzitutto legittimano scientificamente i produttori di ecotipi locali a valorizzare il proprio prodotto come "unico ed inimitabile" e ciò permette una migliore valorizzazione anche economica del prodotto sul mercato, garantendo la sostenibilità delle coltivazioni anche in territori difficili come il nostro. La seconda questione è quella di creare conoscenza e buone pratiche circa la coltivazione del castagno e di diffondere queste fra i castanicoltori per avere un'agricoltura sempre più attenta al benessere dell'ambiente e alla sostenibilità. Proprio in questo ambito stiamo portando avanti uno studio su quale terreno sia più adatto al castagno cercando anche di comprendere come la componente biotica del terreno (insetti, vermi, microrganismi, batteri ecc.) lo condizioni."
La collaborazione fra ricerca e Riserva della Biosfera un po' come il castagno in questo periodo sta dando ottimi risultati che andranno protetti e valorizzati nel tempo per alimentare la vivibilità e sostenibilità del nostro splendido territorio.