1.4. studio delle politiche pubbliche.

 

Nel nostro paese, lo studio delle politiche pubbliche è stato riconosciuto come un autonomo campo di ricerca solo a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta [Ferrara, 1989].

Studiare le politiche pubbliche significa porre al centro della ricerca le specifiche azioni intraprese dalle autorità pubbliche per affrontare, rinviare o eludere i problemi sorti in un determinato ambito.

In generale gli studi sulle politiche pubbliche, indipendentemente dalle diverse specializzazioni, condividono alcune caratteristiche di fondo.

Innanzitutto, l'unità analitica fondamentale è costituita da uno specifico problema di pubblica rilevanza; questo significa che caratteristiche diverse, e anche contrastanti, possono essere predicate per uno stesso attore o per un determinato livello istituzionale, se ad essere esaminate sono diverse politiche pubbliche: l'omogeneità è un'evenienza possibile, ma non scontata.

Il secondo aspetto Comune a tutti questi studi è un qualche grado di interdisciplinarità. Ciò perché, c'è la necessità di utilizzare informazioni provenienti da settori scientifici diversi, per l'esigenza di comprendere e/o di valutare scelte che normalmente devono confrontarsi con vincoli che sono contemporaneamente tecnici, politici, finanziari, giuridici, culturali e organizzativi. Quindi, allo studioso di politiche pubbliche non si richiede di possedere tutte le competenze necessarie, ma si richiede la capacità di capire e di integrare gli specifici punti di vista di coloro che partecipano ad un progetto.

La terza caratteristica comune a tutti gli approcci consiste nel riconoscimento del carattere convenzionale della delimitazione del campo di indagine poiché i confini di una politica pubblica non sono oggettivi, scontati, evidenti. Infatti, ogni problema di policy può avere agganci e sovrapposizioni con molti altri settori, pertanto, delimitare l'oggetto di indagine è un passaggio fondamentale della ricerca, della cui importanza il ricercatore deve essere pienamente consapevole, esplicitando i criteri seguiti.

Un'ultima caratteristica comune a tutti gli studi riguarda la molteplicità dei filtri utilizzabili per selezionare i fatti significativi nella ricostruzione di una data politica pubblica. Il giudizio sulle dimensioni, ma anche sull'esistenza stessa dell'oggetto di studio, può essere molto discordante a seconda del tipo di processi su cui il ricercatore concentra l'attenzione. Così, per esempio, se l'idea è quella di esaminare i documenti ufficiali in cui esplicitamente sono esposte le linee di intervento in un determinato ambito, si può giungere alla conclusione che l'Italia non ha una politica delle risorse ambientali; mentre se si guarda al numero di persone che lavorano in uffici pubblici con competenze in questo campo, al numero di sentenze della magistratura su questi temi, ai referendum indetti etc., allora la conclusione è diversa, anche se non necessariamente più ottimista.

In Italia a mancare è stata, per ciò che riguarda lo studio delle politiche pubbliche, una riflessione esplicita sulle metodologie più adeguate, sui criteri adottati nel selezionare i dati, sulla generalizzabilità dei risultati [Dente, 1990].

Fra le ragioni di questo ritardo, va ricordato il fatto che il nostro vocabolario dispone di un unico termine - politica - per definire sia le relazioni tra autorità pubbliche, leader di partito, elettori, sia le linee d'intervento predisposte in determinati settori, mentre nei paesi anglofoni esistono due termini - politics e policy - per fare riferimento a queste due diverse sfere di attività con rilevanza pubblica [Heidenheimer, 1985].

Ma sarebbe riduttivo non considerare, tra gli elementi che hanno contribuito a ritardare lo sviluppo dei policy studies in Italia, anche motivi analiticamente più profondi. Come sottolinea Cotta [1989], la perplessità nei confronti di queste discipline dipende dalla diffusa percezione che il loro approccio tenda a rimuovere il problema della dislocazione del potere, cui la riflessione teorica italiana, da Machiavelli a Mosca, da Michels a Pareto, ha dato un impulso fondamentale. In effetti il confronto su questo terreno costituisce una sorta di passaggio obbligato perché gli studi sulle politiche pubbliche possano assumere nel nostro paese un distinto profilo teorico [Regonini, 1995].