2.6. IL QUADRO NORMATIVO ITALIANO.
L'organizzazione dello Stato in Regioni, prevista dalla Costituzione, che ha trovato attuazione a partire dagli anni Settanta e si è completata con il DPR 24 luglio 1977, n. 616, ha comportato tra l'altro, il trasferimento alle Regioni delle competenze relative alla protezione della natura, alle riserve e parchi naturali e all'urbanistica. I parchi nazionali e le riserve naturali di importanza nazionale sono rimaste di competenza dello Stato, così come la protezione del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico.
Per ogni parco nazionale una apposita legge istitutiva definisce le finalità, la regolamentazione delle attività, il regime autorizzativo e la struttura dell'ente di gestione. Nello stesso anno 1922 in cui ebbe inizio l'istituzione dei parchi nazionali, fu promulgata in Italia la prima legge sulla protezione del paesaggio e dei siti naturali, ispirata ad una concezione di tutela di elementi ìeccezionaliî per il loro valore essenzialmente estetico ed educativo - modificata con la legge 29 giugno 1939, n. 1497 sulla protezione delle ìbellezze naturaliî, tuttora vigente e integrata con la legge 8 agosto 1985, n. 431.
La tutela della natura e del paesaggio nasce e resta per lungo tempo in Italia separata dalla pianificazione del territorio. Storia, arte, paesaggio e natura, da una parte, e città e territorio dall'altra restarono separati in sfere autonome, affidati a responsabilità di diverso livello di governo (centrale e locale) e gestiti con strumenti diversi (vincoli legali e piani).
A partire dagli anni sessanta vennero predisposte numerose proposte legislative di iniziativa parlamentare o di organismi scientifici e ambientalisti per una legge quadro nazionale sulle aree protette.
Un sintetico richiamo delle principali tappe dell'iter legislativo che ha portato solo nel 1991 all'approvazione della legge-quadro nazionale può dare conto dell'evoluzione culturale e politica che la protezione delle aree naturali ha subito nel tempo, a partire dalla proposta di legge Ciffarelli del 1970, che ha rappresentato la traccia per successivi progetti. Tale proposta mentre considerava ancora i parchi come elementi isolati ed eccellenti da conservare, già introduceva l'esigenza della pianificazione del parco articolata per zone (zona di riserva integrale, zona di riserva generale, zona di protezione e controllo). Progetti di legge immediatamente successivi, dei primi anni Settanta (quello del Ministero dell'Agricoltura e Foreste e quello d'iniziativa parlamentare), oscillavano tra la volontà di recuperare il ruolo ministeriale nella politica dei parchi nazionali e l'individuazione dell'autonomia regionale per i parchi naturali. Veniva ribadita l'esigenza della pianificazione del parco ed emergeva come elemento di differenziazione tra parchi nazionali e regionali la finalità prevalentemente conservativa dei primi e quella anche ricreativa e turistica dei secondi.
A seguito del completamento della regionalizzazione nel 1977, si moltiplicarono i disegni di legge quadro nazionale in materia di parchi, facendo emergere una contrapposizione tra tesi ìcentralisteî e ìregionalisteî, mentre alcune regioni iniziavano a formare una propria legislazione sui parchi e ne avviavano l'istituzione (Lombardia, Piemonte, Toscana).
Nel corso degli anni Ottanta il problema della tutela delle aree naturali si inserì nel quadro più generale della tutela dell'ambiente naturale (progetto di legge Melandri del 1983). Anche le finalità della legge si modificarono, da quella strettamente conservazionistica a quella comprendente, oltre alla conservazione, la valorizzazione e l'ampliamento del patrimonio naturale, cui avrebbero dovuto concorrere iniziative statali e programmi regionali. Venne delineata in questa sede la proposta del piano del parco con la relativa zonizzazione e del programma di sviluppo del parco. Sembra affermarsi in questo momento una volontà di intervento attivo per la conservazione e valorizzazione delle aree protette e per l'integrazione della tutela con lo sviluppo delle comunità locali.
Nel 1986 l'istituzione del ministero dell'Ambiente consente di recuperare parte del ritardo accumulato nei riguardi degli altri paesi europei. Per quanto concerne le aree protette, il risultato più concreto è rappresentato dall'istituzione, tra il 1986 e il 1989, di sei nuovi parchi nazionali. Nel 1991 giunge all'approvazione la legge-quadro 6 dicembre 1991, n. 394 sulle aree protette.
In Italia, la legge quadro del 1994 assegna in generale alle aree protette un ampio ventaglio di finalità, tra cui quella dell'´applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionaliª. In particolare la comunità del parco, l'organo consultivo e propositivo dell'Ente parco, costituito dai presidenti delle regioni e delle province, dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle comunità montane interessate, ha il compito di promuovere ìnel rispetto delle finalità del parco, dei vincoli stabiliti dal piano e dal regolamento del parco (Ö) le iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività eventualmente residenti all'interno del parco e nei territori adiacentiî.
Queste formulazioni sono abbastanza generiche da dar spazio alle ben più precise determinazioni assunte da molte Regioni, in particolare quelle che per prime si sono impegnate nelle politiche dei parchi, come la Lombardia, il Piemonte, l'Emilia-Romagna, anche assai prima della legge quadro nazionale, per i parchi regionali. Cosicché l'esperienza dei parchi regionali italiani, ha assunto fin dall'inizio una netta caratterizzazione a favore di una concezione dei parchi assai più volta alla valorizzazione che alla passiva conservazione delle risorse naturali.
Con la regionalizzazione, compiutasi alla metà degli anni Settanta, ha preso avvio in Italia l'attività di produzione legislativa regionale e di istituzione e gestione dei parchi naturali. Molte regioni hanno introdotto la pianificazione dei parchi naturali, quasi vent'anni in anticipo rispetto alla legislazione nazionale.
Notevolmente diversificata è la mappa delle aree protette tra le varie regioni: si evidenzia una concentrazione di aree protette nel settore settentrionale (il 68,7% dei parchi regionali complessivi), mentre i settori centrale e meridionale mostrano carenze (rispettivamente, il 14% e il 17,3% dei parchi regionali complessivi). I tipi di ambiente tutelati a livello regionale sono in netta prevalenza montani; circa il 69% delle aree protette complessive comprende infatti ambiti montani o alpini, e fluviali e soltanto il 2% circa comprende aree costiere e insulari, nonostante la grande estensione del sistema costiero ed il significativo patrimonio insulare. Pur tra molti squilibri e contraddizioni, l'attività regionale ha portato in circa 15 anni, a quintuplicare la superficie protetta dei parchi nazionali: oggi esistono circa 200 aree protette (escluse le riserve), con una superficie complessiva di 1.467.000 ettari contro i 253.937 ettari dei cinque parchi nazionali di vecchia istituzione, a cui si aggiungono i nuovi parchi nazionali che coprono una superficie di circa 840.000 ettari. Notevole rilevanza ha assunto inoltre l'attività di pianificazione dei parchi, divenuta in alcune regioni prassi ordinaria. Spiccano, per l'attività di pianificazione, le regioni Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, provincia di Trento, Toscana, Friuli Venezia Giulia, mentre non hanno ancora avviato la pianificazione le regioni meridionali e numerose regioni dell'Italia centrale. Diversificate, anche nell'ambito della stessa regione sono poi le forme di gestione delle aree protette, anche se accomunate da una rappresentanza delle popolazioni locali all'interno degli organismi di gestione. La forma più semplice è quella di affidare in delega ai comuni le funzioni di direzione e di amministrazione della tutela, una modalità che viene utilizzata per le aree di limitata estensione nelle Regioni del Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Lazio e Campania.
In alcune regioni, invece, vengono istituiti Comitati di coordinamento (Liguria, Toscana, Abruzzo), affidando a rappresentanti di comuni, province e comunità montane la tutela delle aree protette, senza costituire un vero e proprio ente strumentale. Più diffusa è la forma di affidamento della gestione a consorzi degli enti locali (Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio). Ulteriore forma di gestione è la costituzione di un ente autonomo di gestione costituito da rappresentanti delle autonomie locali (Piemonte, Liguria, Sicilia, Provincia di Trento). Unico caso in Italia, la provincia di Bolzano provvede direttamente alla gestione delle proprie aree protette.