3.5.1. Il piano economico e i finanziamenti.

 

Tra le novità introdotte dalla legge 394 va senz'altro annoverato il piano socio-economico del Parco. I commentatori sono concordi nel porre questa "invenzione" in relazione ad un'altra innovazione introdotta dalla legge quadro e cioè la comunità del Parco.

Infatti, è a questo nuovo organismo che è affidato il compito di predisporre il piano economico, distinto dal piano del Parco.

Alcuni hanno osservato che questo potere della Comunità è forte soltanto in apparenza, in quanto è l'Ente Parco che deve esprimere sul piano economico un parere vincolante. Altri hanno invece sottolineato il fatto che anche questo piano è destinato a rimanere lettera morta se venissero a mancare i finanziamenti.

Un aspetto sicuramente interessante è che il piano socio-economico si ispira e attinge direttamente dall'esperienza dei Parchi regionali, i quali, a differenza dei vecchi Parchi nazionali, si erano posti il problema delle attività economico-sociali "compatibili" all'interno di un'area protetta.

Quel che in ogni caso è evidente è che non si sarebbe potuto ragionevolmente pensare di mettere mano al piano economico in carenza del piano territoriale del Parco. Ragion per cui proprio i Parchi nazionali nuovi, cioè quelli per i quali i due piani sono espressamente fissati dalla legge sono venuti a trovarsi in maggiore difficoltà, in quanto dovevano praticamente partire da zero non disponendo, come è invece il caso di molti Parchi regionali, del piano territoriale adottato o approvato.

Infatti, finora, nessuno dei Parchi nazionali, fra cui anche quello delle Foreste Casentinesi, ha predisposto il piano.

Ma a questo punto ci si chiede cosa deve essere il piano economico, quali prescrizioni si devono dare ai progettisti, chiunque essi siano. Per il piano del Parco leggi e regolamenti, oltre ad una consolidata anche se non sempre brillante esperienza, abbondano di indicazioni, criteri, parametri e quant'altro. Non è così invece per il piano economico che va in un certo senso "inventato".

Ora, dando per scontato cosa il piano non deve essere, e cioè un doppione, sia pure "semplificato" e ridotto, del Piano del Parco e non potendo essere, neppure se lo volesse, una "anticipazione" del Piano del Parco, qualora questo non fosse stato ancora adottato o approvato, è ragionevole supporre che il piano economico verifichi innanzitutto se e in che misura si può attingere gli incentivi finanziari che la legge 394 propone per gli Enti locali il cui territorio ricada anche in questa parte nei confini del Parco, finalizzati a determinate attività ed interventi compatibili e conformi al piano.

Il piano economico, dovrebbe, quindi, fissare le priorità operative, cadenzando i tempi di intervento in quei settori e attività che hanno bisogno di essere potenziate o convertite o quanto meno rese più "compatibili" con gli obiettivi e gli scopi del Parco.

Il piano economico valorizza le scelte e i programmi degli Enti locali, in quanto favorisce un sostegno per una più efficace politica ambientale, ed anche rispetto alle aree contigue, il piano può giocare un ruolo significativo, anche se queste non sono a tutti gli effetti aree Parco, ma non sono neppure a tutti gli effetti aree esterne.

Ora, il piano economico, al pari di quello del Parco, richiede e consente agli Enti locali, anche nel caso di un Parco nazionale, di definire le proprie scelte, progetti ed interventi relativamente all'area protetta. Gli Enti locali, ed in questo caso in maniera particolare i Comuni minori, possono far valere la loro volontà, in quanto all'interno della Comunità del Parco essi hanno pari dignità, e quindi concorrono su un piano di parità alle decisioni collegiali che debbono essere assunte. Quindi gli Enti locali non sono penalizzati, ma al contrario si siedono ad un tavolo intorno al quale i rappresentanti di un piccolo Comune hanno uguale titolo rispetto ai rappresentanti dei livelli istituzionali superiori.

Nessun piano economico infatti potrà prevedere una proliferazione e moltiplicazione, anche nell'ambito di un Parco di ragguardevoli dimensioni, di centri visita, musei, strade e così via; le scelte dei singoli Enti dovranno essere perciò riconsiderate, valutate e verificate alla luce di esigenze nuove, talvolta di pura e semplice razionalizzazione dettata da ragioni di buon senso, onde evitare investimenti assurdi e sperperi vari.

Tra le infinite peripezie dei Parchi italiani ed in particolare di quelli storici, quelle finanziarie figurano senz'altro tra le più estenuanti e ricorrenti. Limitandoci ai tempi più recenti non vi è stato praticamente anno in cui all'approvazione del bilancio, dipendendo dai finanziamenti dello Stato, non vi siano stati vergognosi ritardi, con comprensibili disagi e polemiche.

Con l'approvazione della legge quadro, le aree protette del nostro paese non sono più "clandestine" del bilancio dello Stato, dal quale ogni volta faticosamente entravano e facilmente sparivano.

Con la legge quadro esse hanno acquisito a tutti gli effetti e a pieno titolo il diritto ad esservi incluse sulla base di norme e poste precise e di programmi triennali. La legge quadro ha il merito di rendere trasparente una situazione per troppi anni rimasta in "nero", assolutamente aleatoria, in cui era del tutto normale che i miliardi stanziati potessero tranquillamente e misteriosamente sparire senza l'ombra di una spiegazione.

Le novità sono rilevanti per i Parchi nazionali ma anche per quelli regionali che dopo il 1970 sono diventati numerosi grazie all'impegno di alcune Regioni, ma che fino al 1991 non avevano ricevuto alcun "riconoscimento" ufficiale sul piano nazionale e perciò neppure una lira dallo Stato. Da ora in poi avranno diritto a figurare nell'albo nazionale con la stessa dignità di quelli nazionali e a ricevere la metà delle risorse che lo Stato ogni anno metterà a disposizione delle aree protette.

Ma sono significative anche le novità per gli Enti locali. Infatti, l'art. 7 della legge 394 prevede infatti che gli Enti locali territoriali il cui territorio sia compreso in tutto o in parte nelle aree dei Parchi nazionali e regionali avranno la priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali richiesti per l'effettuazione di interventi, impianti ed opere all'interno del Parco. Si tratta di un riconoscimento molto importante perché conferma che i Parchi meritano un trattamento di riguardo non solo per le risorse da mettere direttamente a loro disposizione ma anche per quelle destinate agli Enti locali.

Certo ogni anno, specie in tempi di duro risanamento finanziario, grava anche sui Parchi la minaccia di tagli e restrizioni.

Ma che il male non risparmi neppure i Parchi non può non preoccupare; ecco perché occorre urgentemente procedere alle indispensabili riforme e semplificazioni delle procedure e dei controlli.

Insieme alle Regioni, il Governo deve accrescere la capacità di utilizzare al massimo a favore dei Parchi le disponibilità finanziarie ed i programmi di sostegno comunitari che da alcuni anni sono sempre più finalizzati ad incentivare la produzione di ambienti naturali. Vanno programmati i nuovi piani territoriali con l'obiettivo della costruzione del sistema e vanno fornite indicazioni precise per la riprogrammazione dei fondi comunitari. » inoltre necessario favorire l'accesso al credito bancario agevolato per le imprese e le cooperative locali.

L'autofinanziamento non può essere inteso se non come aggiuntivo e complementare all'impegno finanziario dello Stato e delle Regioni; infine, i proventi derivanti dalle sanzioni irrogate dal corpo forestale dello Stato rimangono agli Enti Parco.