4.4. conclusioni.
Le Aree Protette italiane, prima con la legislazione regionale e successivamente in base alla legge 394, sono state inserite a tutti gli effetti, sia pure in condizioni, con modalità e soluzioni diverse, in un sistema normativo e in un assetto istituzionale che coinvolge direttamente le competenze e la titolarità dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali.
La presenza delle Aree Protette sul territorio nazionale è caratterizzata, per il diverso ruolo svolto dalle Regioni prima dell'entrata in vigore della Legge quadro e successivamente dallo Stato, a cui si affianca un intervento diretto delle Province e dei Comuni, da una variegatissima tipologia di Parchi, dovuta innanzitutto ai momenti diversi in cui essi sono stati istituiti, ma anche alle diverse situazioni ambientali, socioeconomiche e culturali dei territori interessati.
La politica delle Aree Protette deve essere rifondata nell'ambito di una nuova politica integrata di difesa della natura e del paesaggio, che riordini e coordini normative oggi separate e dispersive come quelle in materia di vincolo idrogeologico, paesistico e naturalistico e gestione forestale.
Su queste nuove basi sarà possibile riedificare un sistema integrato di aree protette, grandi, medie e piccole, caratterizzate da una più forte identità, come sistema di infrastrutture verdi da gestire con efficienza, capaci di garantire l'intera gamma dei servizi ecologici e sociali richiesti dalla società moderna.
Questo nuovo grande disegno politico richiede che si chiudano i vecchi favori tra Stato, Regioni ed Enti locali, ridisegnando per tutti i livelli istituzionali ruoli e competenze che permettano di rafforzare la capacità di indirizzo e di programmazione dei livelli centrali e regionali e di assegnare agli Enti locali più dirette responsabilità di gestione.
Insomma, un sistema multi livello per bilanciare poteri centrali e periferici, con ampi spazi di autonomia nell'applicazione delle direttive europee e delle leggi quadro statali, anche a tutela delle identità territoriali e comunitarie locali, che con la loro diversificazione concorrono alla ricchezza ed all'equilibrio complessivi. Poiché la politica ambientale è in continua espansione, essa non può che sposare le ragioni di un assetto istituzionale cooperativo, cioè poteri normativi condivisi dello Stato e delle Regioni in materia di difesa dell'ambiente che consentono ampia libertà delle Regioni di scegliere strategie, strumenti e priorità nell'ambito delle leggi quadro statali.
Quindi, anche i Parchi, in attuazione della legge quadro, devono diventare strutture specializzate di gestione del territorio a cui vengono demandati compiti che né i Comuni, né le Comunità Montane, né le Province sono in grado di effettuare. Agenzie specializzate, insomma, di valorizzazione e tutela del territorio; crediamo che il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, pur tra mille difficoltà, ci stia riuscendo, soprattutto grazie alla dialettica con le Comunità locali.
Il recente processo di riforma della pubblica amministrazione avviato con le leggi Bassanini, ha il merito di avere rimesso a fuoco anche il tema delle aree protette. Ce n'era bisogno perché alla notevole crescita dei Parchi e delle superfici protette non ha finora corrisposto una analoga crescita della capacità di mettere a frutto tutte le potenzialità del sistema.
E finora, malgrado gli innegabili passi in avanti nella messa a punto quanto meno di una "agenda" dei problemi, le cose non vanno come dovrebbero e non si capisce ancora cosa il governo intenda fare.
Ora che, alla luce delle leggi Bassanini, il cui senso profondo sta proprio nella grande ambizione di rinnovare l'insieme delle strutture ministeriali e delle amministrazioni territoriali, risulta chiarissimo che il compito dello Stato non è la gestione centralizzata tanto cara ad alcuni uffici ministeriali. Il ruolo a cui è chiamato il Ministero dell'Ambiente è quello di promozione e stimolo, dell'azione delle Regioni e degli Enti Locali che non possono più limitarsi ad aspettare e devono diventare gli attori protagonisti della politica ambientale.
Appare quindi evidente che si aprono nuove prospettive anche in materia di aree protette, con riferimento alla massiccia opera di decentramento e trasferimento di compiti e funzioni, sia da parte dello Stato che da parte delle Regioni, a favore di Province, Comuni e altri Enti locali.
In conclusione, è possibile affermare che il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, non è nato soltanto per proteggere la bellissima foresta e gli animali che la popolano, ma vede tra i suoi compiti anche quelli relativi alla valorizzazione culturale del territorio e alla promozione dell'economia locale attraverso lo stimolo di quelle attività umane compatibili con lo sviluppo del Parco, come il lavoro forestale, l'artigianato, l'agricoltura, il turismo.
Le modalità con cui il Parco delle Foreste Casentinesi sta assolvendo alle sue funzioni, mescolando ambiente, storia, economia e cultura che lo rendono un esempio importante, forse un modello, nel panorama dei Parchi Nazionali italiani.