2. MATERIALI E METODI
La Riserva Naturale 'Monte Rufeno', istituita con legge regionale nel 1983, fa parte del Sistema dei Parchi e delle Riserve Naturali della Regione Lazio ed è gestita dal Comune di Acquapendente (Viterbo). Si estende per quasi 3000 ettari nella punta settentrionale del Lazio, confinando a Nord con la Toscana e ad Est con l'Umbria.
Il territorio della Riserva, a morfologia collinare (quote medie 500-550 m), è prevalentemente boscato, con netta predominanza della formazione a ceduo di cerro (Quercus cerris) che è attualmente avviata a fustaia; a questa sono associate latifoglie quali Fraxinus ornus (orniello), Ostrya carpinifolia (carpino nero), Carpinus betulus (carpino bianco), Sorbus domestica (sorbo comune), Acer campestre (acero oppio), Acer monospessulanum (acero minore), ed altre. Tra la Fagaceae, oltre al cerro, sono presenti la roverella (Quercus pubescens), la rovere (Quercus petrea), la farnia (Quercus robur) ed il castagno (Castanea sativa), quest'ultimo rinvenibile solo alle pendici di M. Rufeno (734 m). Il sottobosco arbustivo è composto in prevalenza da: Juniperus communis (ginepro), Cornus mas (corniolo), Pyrus piraster (pero selvatico), Crataegus monogyna e C. oxyacantha (biancospini), Rosa canina (rosa selvatica), Prunus spinosa (pruno), Rubus ulmifolius (rovo) ed altre.
I confini della Riserva hanno ricalcato terreni demaniali che lo Stato acquistò verso la fine degli anni '50 in seguito allo spopolamento delle campagne; i circa 600 ettari che erano coltivati furono rimboschiti con conifere, perlopiù pino marittimo (Pinus pinaster), pino d'Aleppo (Pinus halepensis), e pino nero (Pinus nigra), che hanno oggi la fisionomia di perticaia.
Il substrato geologico è costituito prevalentemente da argille marnose, marne e arenarie facenti parte del complesso alloctono delle Liguridi, mentre solo la porzione meridionale della Riserva è parzialmente interessata dalla presenza di formazioni neoautoctone di origine vulcanica.
Il clima, di tipo mediterraneo, è caratterizzato da un alto indice di continentalità (ampia escursione termica tra il mese più caldo e quello più freddo) e da una aridità estiva mediamente inferiore rispetto ai valori tipici.
Gli ambienti acquatici abitati dalla tartaruga palustre consistono in piccoli stagni, o pozze, formatisi in aree di contropendenza probabilmente a seguito di eventi franosi; il terreno a prevalenza argillosa e l'affioramento del piano di falda hanno contribuito alla formazione di tali pozze che risultano perlopiù distribuite nella regione centro-orientale della Riserva.
Sotto il profilo idrico le pozze hanno un regime fortemente stagionale, tanto che alcune si prosciugano completamente nella stagione arida (luglio-settembre), e risultano quindi drasticamente dipendenti dall'andamento pluviometrico.
Da rilevare che non tutte le pozze di cui ci siamo interessati nel corso dello studio erano conosciute o segnate in cartografia, in considerazione presumibilmente delle loro limitate dimensioni e quindi del loro difficile rilevamento in zone della Riserva boscate e prive di sentieri. E' comunque merito di Massimo Bellavita, guardiaparco della Riserva, l'aver posto l'attenzione su alcune pozze per la presenza di E. orbicularis, anche attraverso delle osservazioni, a partire dal 1984.
La pozza di studio
Tra le pozze prese inizialmente in considerazione abbiamo preferito quella situata in località 'Vitabbiete' sia per motivi logistici, tra cui la comodità di accesso, sia per la consistenza della popolazione di Emys orbicularis che vi risiede, stimata da precedenti osservazioni, presumibilmente in conseguenza della presenza di acqua durante tutto l'anno e della varietà e abbondanza di vegetazione che forma una varietà di microhabitat.
La superficie della pozza, situata ad una altitudine di 540 m s.l.m., è di circa 800 mq con una profondità massima di 1 m che può ridursi a 40 cm e 1/3 della superficie in estate; è originata da una falda che affiora a pochi metri di distanza.
La vegetazione è costituita da specie tipicamente igrofile; tra gli alberi, il salicone (Salix caprea) radica nell'acqua ricoprendo con la chioma quasi la metà della superficie della pozza e costituendo un microhabitat peculiare, mentre un anello di frassini (Fraxinus oxycarpa) è presente lungo il bordo della pozza. Entro lo specchio d'acqua tra le piante erbacee sono diffuse: Juncus effusus e Juncus inflexus, Ranunculus tricophyllus e Ranunculus ophioglossifolius, Gliceria fluitans, Mentha aquatica, Galium elongatum, Lithrum salicaria, ed altre; tra le alghe verdi si rilevano sia Chara sp., sia alghe filamentose.
Altre specie caratteristiche della vegetazione di altre pozze sono Phragmites australis, Typha angustifolia ed Hottonia palustris, Primulaceae, quest'ultima, presente unicamente in una pozza rilevata durante la ricerca; tale stazione è la più meridionale dell'areale di questa specie, peraltro considerata minacciata (Scoppola e Picarella, 1994).
Per quanto riguarda la fauna, limitatamente ai vertebrati, sono presenti tra gli Anfibi Urodeli il tritone crestato (Triturus cristatus) ed il punteggiato (Triturus vulgaris); tra gli Anuri la rana verde minore (Rana sp. del complesso Rana 'esculenta') è presente abbondantemente, mentre sporadicamente sono state avvistate la rana agile (Rana dalmatina) e la raganella (Hyla arborea), questa unicamente in maggio. Tra i Rettili, oltre a E. orbicularis, la biscia dal collare (Natrix natrix) è soprattutto avvistabile in primavera.
Della comunità di macroinvertebrati presente nella pozza riporto il profilo qualitativo e quantitativo tra i risultati, essendo stato, tale aspetto, indagato in dettaglio.
Cenni sulle altre pozze
La peculiarità dei sistemi ambientali rappresentati da queste pozze, vere 'isole' ecologiche che interrompono l'uniformità del territorio boscato, merita un cenno descrittivo, anche in considerazione del fatto che prima del nostro lavoro non erano mai state oggetto di ricerca.
Mi limito ad elencare, in tab. 1, oltre ad aspetti geografici e fisici, il tipo di vegetazione dominante secondo lo stesso criterio usato per la pozza Vitabbiete, nonché le specie caratterizzanti. La descrizione è basata sul periodo primaverile, quando la vegetazione raggiunge il massimo rigoglio. La superficie è stimata in condizioni di massimo livello, presenti in media da ottobre a maggio-giugno.
Tab 1
2.2. Fasi della ricerca e metodi
Lo studio sul campo si è svolto dalla primavera del 1992 all'autunno del 1994 per circa 120 giorni di lavoro effettivo; complessivamente la ricerca si è articolata nelle seguenti fasi fondamentali:
a - mappatura e quadrettatura della pozza, sistemazione di punti di osservazione;
b - primi avvistamenti e cattura degli animali, posizionamento di trappole;
c - catture, marcature e stima di popolazione; prime osservazioni sull'attività;
d - applicazione delle trasmittenti e rilevazione (da ottobre 1993 a settembre 1994) di un ciclo annuale di attività;
e - campionamento di macroinvertebrati;
f - raccolta e analisi di campioni di feci;
g - analisi ed elaborazione dei dati.
2.2.1. Mappatura e raccolta di dati ambientali
La pozza Vitabbiete, scelta per lo studio, è stata cartografata col metodo della triangolazione, usando dei picchetti in legno come riferimenti dentro la superficie e tutt'intorno il bordo della pozza e operando le relative misurazioni tramite una rotella metrica. Il profilo, così ricavato, racchiude una superficie in cui ogni punto (posizione dell'animale) è codificato da due coordinate cartesiane; per facilitare il posizionamento di un punto sulla mappa, sul bordo della pozza sono stati lasciati dei picchetti di legno contrassegnati con diversi colori, riportati sulla mappa stessa e riferiti ad una griglia costituita da quadrati di 4 m di lato che divide in quadranti la pozza. E' stato in tal modo di volta in volta possibile disegnare, con buona approssimazione, i profili della pozza, le principali formazioni vegetali presenti, e altri eventuali caratteri dell'ambiente, suddividendo la pozza in aree di superficie determinabile.
Al centro delle due zone principali della pozza (est ed ovest) sono stati piantati due picchetti graduati in cm per rilevare la profondità.
Caratterizzazione microambientale e campionamento di macroinvertebrati
Per ogni periodo di acquisizione di dati la superficie della pozza veniva suddivisa, in base alla fisionomia della vegetazione, nelle seguenti categorie:
1) alberi (ALB): la parte sommersa è costituita dall'intrico dei fusti e radici, quella aerea dalla chioma (le foglie sono presenti da aprile a novembre);
2) vegetazione acquatica emersa (VAE): rappresentata dalle piante elofite, radicanti al fondo ed emergenti con gli steli dalla superficie dell'acqua (Juncus, Gliceria, Galium le più diffuse);
3) vegetazioe acquatica sommersa (VAS): rappresentata quasi esclusivamente da Ranunculus tricophyllus, che forma delle masse di steli e foglie estese in superficie (struttura a 'T');
4) alghe (ALG): in primavera ed estate invadono la parte sommersa non profonda e illuminata, arrivando a costiture dei cuscini in superficie;
5) acqua libera (ACL): non è presente vegetazione.
Ad ogni punto (sia visivo che radio) di localizzazione dell'animale ho potuto così successivamente, in fase di registrazione dei dati al calcolatore, assegnare la categoria microambientale relativa.
Per stimare la disponibilità di macroinvertebrati presente nella pozza sono stati fatti dei campionamenti stratificati, ovvero suddivisi numericamente in proporzione alle superfici delle suddette categorie vegetazionali ed eseguiti in modo casuale entro una stessa categoria.
Per il prelievo è stato utilizzato un 'cubo' in legno, delle dimensioni di 35 cm di lato, che veniva prima completamente immerso nell'acqua chiudendo poi la faccia inferiore con un cassetto, inserito lateralmente, su cui era stata montata una rete metallica a maglie di 1,5 mm. In tal modo quanto era presente dentro il cubo, compresa la vegetazione che veniva tagliata dopo la chiusura del cassetto, rimaneva nella griglia; il materiale prelevato veniva successivamente smistato e contato. I campioni conservati sono poi stati determinati a Firenze.
2.2.2. Cattura, morfometria e marcatura degli animali
Diversi tipi di trappole sono proposti in bibliografia per la cattura delle tartarughe palustri, funzionanti con o senza esca, legate o meno all'uscita degli animali in basking (Lagler, 1943; Braid, 1974; Vogt, 1980); in generale sono utili in ambienti in cui sia difficile un approccio agli animali direttamente da riva e risultano proficue per popolazioni consistenti.
E' il caso della trappola con esca, a chiusura automatica, sperimentata da Servan (1986) su E. orbicularis, per studi di stima di popolazione col metodo cattura-ricattura; sono a tal fine richieste esigenze particolari quali l'essere svincolati dall'emersione degli animali in basking, non intervenire con catture dirette e mirate, poter scegliere a piacimento vari punti di cattura.
A M. Rufeno, in considerazione della esiguità delle popolazioni di E. orbicularis, la cattura a mano degli animali, dopo paziente appostamento, è risultato un metodo efficace soprattutto se gli animali erano posizionati vicino a riva o fuori durante la termoregolazione, ma anche nelle zone centrali specialmente in periodo di siccità. Altro metodo che ha dato ottimi risultati, alla pozza Vitabbiete, è stato il posizionamento su un sito di basking di una semplice trappola. Si tratta di una rete da pesca (1,3 x 1,3 m) piazzata con dei pesi ben aderente alla vegetazione, in modo che non ostacolasse la salita degli animali e quindi la loro frequenza di emersione in basking; poteva essere ritirata, chiudendosi e intrappolando gli animali che si trovavano sulla vegetazione, tirando dall'altana una fune scorrevole in anelli fissati su un cavo teso sopra il punto di cattura.
E' stato anche usato un sito di basking artificiale, costituito da una tavola galleggiante con bordi inclinati e immersi sotto la superficie dell'acqua; data la posizione prossima all'altana gli animali che vi salivano potevano essere catturati direttamente con un retino da pesca oppure con una rete piazzata sotto la tavola e ritirabile con lo stesso meccanismo illustrato sopra. Tuttavia è stata poi impiegata prevalentemente come mezzo per lo studio del basking che non come trappola, risultando più efficace il metodo precedente.
Inoltre, in relazione ai diversi ambienti che altre pozze presentano, sono stati sperimentati sia l'uso di bilance da pesca munite di esca sia di trappole a caduta costituite da tavole galleggianti con un secchio al centro; solo il primo metodo è risultato efficace anche se impone un controllo costante.
Rilevamento di dati morfometrici
Gli animali catturati sono stati misurati con un calibro (precisione 0,1 mm) e pesati con un dinamometro; le misurazioni effettuate, secondo le convenzioni stabilite da Graham (in Harless-Morlock, 1979) già usate da Lebboroni (1989) sulla stessa specie, sono state le seguenti:
- lunghezza del carapace (LUC)
- lunghezza del piastrone (LUP)
- larghezza del carapace (LAC)
- larghezza del piastrone (LAP)
- lunghezza della coda dal centro dell'apertura cloacale all'estremità (coda1)
- lunghezza totale della coda, dal piastrone all'estremità (coda2).
Queste misurazioni, effettuate in corrispondenza dei punti a massima sporgenza del guscio di ogni individuo, sono più attendibili di quelle riferite ai due assi centrali di confine tra le piastre, che risultano meno indicative delle effettive lunghezze, trascurando i profili reali del guscio.
Sono anche stati all'occorrenza rilevati aspetti morfologici caratteristici, da utilizzare tra l'altro come ulteriore segnale per l'identificazione a distanza dei singoli individui.
Marcatura standard e radio-tagging
Per la marcatura è stato usato un metodo non permanente che permette il riavvistamento degli animali a distanza; è stato pertanto escluso il classico metodo di intaccare secondo un codice il carapace (Cagle, 1939), sia perchè permanente, sia perchè l' individuazione è subordinata alla ricattura dell'animale.
Sono state applicate sul carapace (a cavallo tra il primo e secondo scudo laterale), due targhette in PVC con numero nero su fondo giallo, delle dimensioni di 25x10x1,5 mm, fissate con colla speciale (Syntolit, indicato per marmo e ceramica), che potevano essere rimosse all'occorrenza senza danno per l'animale. Con questo metodo, applicato per la prima volta su E. orbicularis da Lebboroni (1989), sono stati complessivamente marcati 37 animali; solo nei giovani la resistenza nel tempo delle targhette è risultata limitata, verosimilmente sia perchè le minori dimensioni impongono l'uso di targhette più piccole, sia perchè l'accrescimento del carapace ne favorisce il distacco
Sono state complessivamente applicate 10 trasmittenti AVM tipo SM1-H (foto in basso), impermeabili, della durata di circa 400 giorni, incollandole sul carapace con il blocco costituito da pila e trasmittente in posizione centrale e anteriore (in tal modo, nelle femmine, non ostacola l'accoppiamento) e l'antenna, di 30 cm, fissata lungo il margine del carapace (la forme ellissoidale che assume migliora l'emissione del segnale); il collante è lo stesso usato per le targhette. Il peso della trasmittente è di 21 g.
Per la ricezione sono state usate una ricevente portatile AVM a 12 canali (mod. LA 12) e un'antenna YAGI a 4 elementi, oppure un'antenna pieghevole a 3 elementi più maneggevole per seguire gli spostamenti degli animali nel bosco.
Qui foto 2
2.2.3. Radiotracking e rilevamento di un ciclo annuale di attività
Avvistamento degli animali
L'avvistamento delle E. orbicularis da distanze il più possibile ravvicinate è questione non banale dato il carattere elusivo e diffidente di queste tartarughe. Abbiamo allora provveduto a sistemare dei teli per ripararsi intorno alla pozza e per poter lavorare senza disturbare, soprattutto con il movimento, l'attività degli animali. Si è resa inoltre necessaria la costruzione di un'altana piazzata entro lo specchio d'acqua, dato che le osservazioni dalla riva risultavano limitate oltre che difficili.
L'altana è stata costruita da Massimo Bellavita e dal 'collega' Laurent Soregaroli, con il quale ho condiviso le fasi preliminari della ricerca. Costruita con tubi per impalcature e chiusa da strisce di cannicciato, la struttura ha un piano di 1,3x1,3 m collocato ad un'altezza di 2 m dalla superficie dell'acqua, ed è raggiungibile dalla riva tramite un piccolo pontile in legno lungo circa 10 m. La posizione centrale e rialzata ha favorito notevolmente le osservazioni sul comportamento degli animali, anche in fase sommersa, senza peraltro arrecare loro nessun disturbo apparente. Per gli avvistamenti è stato usato un binocolo 7x35 cui sono stati applicati due filtri polarizzatori per eliminare il riflesso sulla superficie dell'acqua.
Fondamentale mezzo di documentazione, oltre alla trascrizione di quanto osservato, è stata la fotografia; è stata usata una macchina reflex 35 mm con obbiettivo zoom 70-200 e pellicole a sensibilità 100 ASA.
Gli avvistamenti hanno avuto inizialmente la finalità di localizzazione degli animali per la cattura e per la stima dell'abbondanza di popolazione, mentre osservazioni quantitative su aspetti etologici dell'attività sono state effettuate nel 1994, per un totale di circa 160 ore.
Radiotracking
Il rilevamento in qualunque momento della posizione dell'animale tramite radiotelemetria, con possibilità quindi di seguirne gli spostamenti, permette di intensificare lo studio di alcuni membri di una popolazione (Legler, in Harless-Morlock, 1979).
Tuttavia va osservato che il maggior livello di indagine individuale implica in genere un minor numero di animali della popolazione che possono essere seguiti.
Nonostante un successivo utilizzo delle trasmittenti per la rilevazione di spostamenti terrestri, l'uso esclusivo che in partenza ritenevamo di fare delle radio era la determinazione precisa e regolare di posizione degli animali entro la pozza, con riferimento ai vari microhabitat e per la durata di oltre 1 anno a partire dal settembre 1993.
I punti sono stati registrati, nei periodi di studio, ogni giorno per tutta la fase diurna, con frequenza minima di 3 ore e per un totale di oltre 60 giorni di rilevazioni effettive; ogni punto è stato derivato dall'intersezione delle linee di direzione -massima intensità del segnale radio- rilevate da almeno due posizioni opportune, al fine di ottenere la massima precisisione. Ad ogni turno di rilevamenti è stata compilata una scheda con la cartina della pozza per segnare i punti degli animali, integrati dai seguenti dati:
- stato di copertura del cielo (sereno, poco nuvoloso, nuvoloso);
- pioggia (assente, moderata, intensa);
- vento (assente, moderato, intenso);
- grado di illuminazione di ogni punto (diretto irraggiamento solare, situazione di ombra, situazione intermedia);
- tipo di rilevazione (tramite radio o visiva);
- nota eventuale sul comportamento dell'animale (riposo, movimento, alimentazione, basking, accoppiamento, manifestazione aggressiva).
Quest'ultimo punto vale ovviamente per i rilevamenti visivi, anche se tramite radio è possibile capire se l'animale è fermo o in movimento, sulla base della costanza o meno dell'intensità del segnale indicato dall'ampèrometro sulla ricevente.
Sull'altana è stata collocata una capannina meteorologica, ad un'altezza di 50 cm dalla superficie dell'acqua, munita di un termoigrografo, per la registrazione su carta della temperatura dell'aria e dell'umidità relativa.
La temperatura dell'acqua, con la stessa frequenza dei punti radio, è stata rilevata tramite un termometro digitale munito di sonda con termocoppia che è stata applicata all'estremità di un asta graduata in dm, al fine di regolare la profondità di misurazione (superficie dell'acqua, 20 e 40 cm di profondità, fondo, sotto-fondo); le misure standard sono state effettuate dall'altana, dove la profondità è di 50 cm in situazione di massimo livello. Dati quantitativi sulle precipitazioni sono stati forniti dal personale della Riserva e sono rilevati dalla stazione meteo collocata in cima a M. Rufeno.
Registrazione e analisi dei dati di localizzazione
I rilevamenti degli animali sono stati riportati su un foglio elettronico (microsoft Excel) inserendo, per ogni punto individuale, i seguenti parametri: data e ora di rilevazione, posizione espressa in coordinate XY, dato comportamentale, microhabitat corrispondente alla posizione, profondità, condizioni termiche e altri parametri meteorologici.
Attraverso l'applicazione di filtri automatici i dati potevano essere successivamente estratti, dall'insieme di circa 3400 record complessivamente inseriti, secondo i criteri desiderati; in particolare, per gli animali radiomarcati, ho effettuato una selezione di dati standard, cioè comuni a tutti gli animali e riferiti agli intervalli prefissati di rilevazione.
Sulla base di tali punti ho inoltre costruito delle mappe individuali per il calcolo dei parametri di moto giornaliero.
2.2.4. Prelievo e analisi delle feci
Gli studi sulle abitudini alimentari dei Cheloni hanno impiegato tre principali tecniche di analisi quantitativa della dieta:
1 - dissezione del tratto digestivo
2 - flushing stomacale
3 - analisi delle feci.
A queste, con importanza ausiliaria, possiamo aggiungere le prove di alimentazione in cattività e le osservazioni sul campo (Tucker e Fitzsimmons, 1992).
Escludendo a priori il primo metodo, che comporta il sacrificio degli animali, e in considerazione della drasticità e del rischio insiti nell'applicazione del flushing (Legler, 1977), abbiamo optato per la tecnica di analisi delle feci.
Per prelevare campioni di feci gli animali catturati venivano tenuti in dei secchi fino ad un massimo di 24 ore; i campioni, conservati in alcool, sono stati poi smistati e analizzati a Firenze tramite microscopio binoculare a 10 e 30 ingrandimenti.
La conversione dei dati numerici in dati di massa è stata fatta nel seguente modo: con una bilancia elettronica (precisione 1/10.000 g) sono stati pesati gli animali del campionamento conservati in alcool; i valori sono poi stati normalizzati assegnando il valore 100 alla preda più pesante (Triturus vulgaris) e gli altri in proporzione.
Per la maggior parte delle categorie si è considerato, per la stima in peso, un' unica classe dimensionale della preda, mentre per alcune si è ritenuto opportuno considerare almeno 2 classi dimensionali; nel caso, ad esempio, di Aeschna, dalle dimensioni della maschera boccale che si ritrova intatta nelle feci si ricava la dimensione della preda intera.
Il materiale vegetale è stato stimato qualitativamente in termini di frequenza sul volume totale di ogni escremento (indice v, variabile da 0 a 1).