Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 54



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Una selva di sigle per salvare la biodiversità

Una natura - un mondo - un futuro

Il ruolo chiave delle aree protette nelle politiche internazionali della conservazione della biodiversità alla luce degli impegni derivanti dalla Convenzione Mondiale sulla Diversità Biologica (CBD)

Che cos’è la CBD – Convenzione Mondiale sulla Diversità Biologica
Negoziata sotto l’egida del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente – UNEP, la CBD è stata firmata il 5 giugno 1992 ed è entrata in vigore il 29 dicembre 1993. La Convenzione conta oggi 190 Parti contraenti e ha l’obiettivo di favorire “la conservazione della diversità biologica, l’uso sostenibile e la giusta ed equa condivisione dei vantaggi derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche”. L’istituzione e la gestione delle AP sono, insieme alle iniziative di conservazione, di uso sostenibile delle risorse e di conservazione dei paesaggi terrestri e marini, centrali per l’articolo 8 della CBD (Conservazione in situ). La Conferenza delle Parti (COP), alla sua seconda – COP2 (novembre 1995, Jakarta, Indonesia) e terza riunione - COP3 (novembre 2006, Buenos Aires, Argentina) ha esaminato l’articolo 8 della CBD ed ha promosso una cooperazione regionale e internazionale evidenziando l’importanza della diffusione di esperienze nazionali.
Alla sua quarta riunione (maggio 1998, Bratislava, Slovacchia), la COP4 ha deciso di considerare le AP come uno dei temi principali da discutere, incoraggiando il Segretariato Esecutivo della CBD a mettere a sistema e rafforzare le pratiche di buona gestione nei numerosi settori attinenti alle AP, in particolare, l’approccio ecosistemico e bioregionale in materia di gestione delle AP e di uso sostenibile della biodiversità, i meccanismi per un finanziamento di queste attività e le AP transfrontaliere. E’ stato costituito un Gruppo speciale di esperti tecnici sulle AMP e costiere. A partire dalla COP4, le AP, dunque hanno formato l’elemento centrale del programma di lavoro tematico consacrato alla biodiversità terrestre, marina e costiera e ai sistemi di acque interne.
Alla sua sesta riunione (Aprile 2002, La Haye, Paesi Bassi) la COP6 ha adottato un programma di lavoro su “biodiversità e foreste” contenente un certo numero di attività legate alle AP e richiamando un lavoro specifico sul ruolo e l’utilizzo delle AP. Ha adottato una strategia mondiale per la conservazione vegetale che specifica che da qui al 2010 almeno il 10% di ciascuna delle regioni ecologiche del pianeta dovranno essere conservate in modo efficace implicando un accrescimento della rappresentazione delle differenti regioni ecologiche nelle AP e le aree più importanti per la diversità vegetale dovranno essere assicurate attraverso delle misure di conservazione efficaci, in particolare proprio all’interno delle AP. E’ stato costituito un Gruppo specifico per l’approfondimento e l’analisi di questo tema. Il Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile (agosto-settembre 2002, Johannesburg, Sud Africa) ha adottato il Piano di Azione di Johannesburg che sostiene l’obiettivo 2010 e al paragrafo 44 richiama, ‘inter alia’, il sostegno a iniziative per gli hot spots e altre aree essenziali per la biodiversità e per la promozione dello sviluppo di reti ecologiche nazionali e regionali e di corridoi (par. 44 g) e l’istituzione di una rete di aree marine protette, entro il 2012, conformi al diritto internazionale e create sulla base di informazioni scientifiche e criteri internazionali condivisi (par. 32).
L’organo sussidiario per i pareri tecnico scientifici (SBSTTA) alla sua ottava riunione (marzo 2003, Montreal, Canada) ha prodotto una raccomandazione sulle Aree Marine Protette e costiere sulla base del lavoro portato avanti dal gruppo di lavoro AMP, inoltre, basandosi sui risultati del Gruppo di lavoro AP, l’organo sussidiario nella sua nona riunione (novembre 2003, Montreal, Canada) ha ritenuto le AP tra i temi che necessitano un esame approfondito e ha proposto un programma specifico di lavoro.
Alla sua settima riunione (febbraio 2004, Kuala Lumpur, Malesia) la COP7 ha adottato il Programma di Lavoro Aree Protette. Il Programma consiste in quattro elementi interconnessi, consacrati ad azioni dirette di: 1) pianificazione, selezione, istituzione e consolidamento e gestione dei sistemi e siti di AP; 2) governance, e partecipazione delle comunità locali e indigene; 3) equo accesso e condivisione dei benefici; 4) normative. E’ stato costituito un gruppo di lavoro sulle AP al fine di garantire una valutazione dei progressi legati all’attuazione del programma di lavoro in vista dell’obiettivo 2010.
Il Gruppo di lavoro Aree Protette (WGPA1) si è riunito per la prima volta a Montecatini nel 2005 e ha adottato tre importanti raccomandazioni su: “L'istituzione di aree marine protette internazionali in alto mare per la protezione delle specie e degli habitat a rischio”; “Strumenti di Finanziamento per le Aree Protette”; “strumenti per l’identificazione, designazione, gestione, monitoraggio e valutazione dei sistemi nazionali e regionali delle aree protette”. La COP alla sua ottava riunione (marzo 2006, Curitiba, Brasile) ha esaminato l’applicazione del programma di lavoro AP nel corso del periodo 2004-2006 e ha deciso di convocare il gruppo di lavoro AP per valutare i progressi e fornire raccomandazioni per il miglioramento dell’applicazione del programma di lavoro. La COP8 ha, allo stesso tempo, invitato le parti ad elaborare dei piani finanziari che integrino le risorse nazionali, regionali e internazionali.

I risultati del gruppo di lavoro aree protette (WGPA) della CBD
Giugno 2005: il primo incontro, WGPA1, tanto entusiasmo e aspettative
In riferimento all'istituzione di aree marine protette internazionali in alto mare per la protezione delle specie e degli habitat a rischio, gli studi scientifici presentati e discussi a Montecatini hanno dimostrato che questi habitat, estremamente fragili, ospitano numerose specie a rischio e che i relativi ecosistemi necessitano di adeguati meccanismi di protezione. Da queste preoccupazioni sono stati studiati gli strumenti normativi per la definizione e l’istituzione di aree marine in alto mare. Per la prima volta è stato posto l’accento sull’esigenza di trovare un accordo tra i “tutori” dell’ambiente e i rappresentanti delle attività produttive legate al mondo della pesca e della navigazione. Alcuni sistemi di pesca e altre attività produttive hanno infatti un forte impatto sulla biodiversità delle acque internazionali e, ad oggi, non esistono ancora strumenti giuridici adeguati per affrontare tali problemi. Da Montecatini è uscito un monito a tutti i Paesi del mondo ad utilizzare meglio gli accordi internazionali esistenti e ad impegnarsi per il bene della collettività secondo i tre obiettivi della CBD: conservazione, uso sostenibile e condivisione di benefici. L’Area marina protetta viene individuata come principale strumento di conservazione e utilizzo sostenibile della biodiversità marina, le Aree Marine dunque come una giusta cornice per la gestione integrata ispirata al principio precauzionale e basata su un approccio ecosistemico.
Un’altra priorità individuata a Montecatini è stata la ricerca di sistemi di finanziamento per le AP complementari al Fondo Globale per l’Ambiente (GEF). L’Unione Europea ha molto insistito affinché i principali istituti bancari e finanziari mondiali - Banca Mondiale, Banca UE di Investimenti, Banca UE per la ricostruzione e lo sviluppo - includano i criteri della conservazione della biodiversità nelle linee guida per lo sviluppo e creino specifici strumenti finanziari. Parallelamente, i paesi in via di sviluppo dovranno attivarsi per considerare le aree protette come strumento prioritario di lotta alla povertà.
In questo contesto, le aree protette vengono cosi indicate come strumenti di crescita economica di politiche di cooperazione internazionale. In riferimento all’ulteriore sviluppo di strumenti per l’identificazione, designazione, gestione, monitoraggio e valutazione dei sistemi nazionali e regionali delle aree protette, a Montecatini è emersa una grande differenziazione di approccio metodologico, da un approccio universale volto ad identificare un quadro normativo mondiale di riferimento ad un approccio più regionale/locale. L’Unione Europea ha sostenuto la necessità che questi toolkits siano in grado di offrire una guida di riferimento lasciando libere le Parti nella loro implementazione e che questi strumenti debbano essere user-friendly e action-oriented. Tuttavia, sono rimasti dei vuoti nella copertura di tutti i possibili strumenti, dalle metodologie per condurre analisi di pianificazione agli strumenti normativi di definizione delle aree protette, all’applicazione delle categorie IUCN, alla ripristino degli eco-sistemi danneggiati e molti altri aspetti che impattano su una omogenea politica per le aree protette.

Febbraio 2008: il secondo incontro WGPA2, toni trionfali ma progressi modesti
Il Gruppo di Lavoro Aree Protette ha discusso l’attuazione del Programma di Lavoro Aree Protette, indubbiamente lo strumento più importante di attuazione della CBD.
I risultati del Gruppo di lavoro sono stati l’adozione di due importanti raccomandazioni a garanzia della effettiva e efficace attuazione degli impegni internazionali sulle politiche per le aree protette. Nella prima Raccomandazione per l’ “Esame dell’attuazione del Programma di Lavoro sulle Aree Protette” [UNEP/CBD/WG-PA/2/L.2] molte questioni sono state tagliate fuori rinviandone il dibattito nel SBSTTA13, come la biodiversità forestale la biodiversità marina e costiera e acque interne, anche se, purtroppo, neanche nell’ambito tecnico scientifico è stato possibile trovare un accordo sulle questioni più critiche come i biocombustibili, il cambiamento climatico e le aree marine, spostando il livello di confronto da basi squisitamente tecnico-scientifiche a politiche.
Se non altro la raccomandazione riconosce la validità delle best practices e indirizza sulla necessità di accelerare le analisi sugli ecological gaps, la valutazioni sulle effettive necessità finanziarie e l’esigenza di un reporting omogeneo in un ottica di un sistema internazionale di classificazione di AP, in cui le categoria IUCN giocheranno un ruolo primario di indirizzo. Certamente rimane notevole la discrepanza tra il buon progresso fatto nell’attuazione del PoWPA a livello nazionale e l’apparente assenza di volontà di sostenerne l’attuazione a livello internazionale. La Raccomandazione contiene molti riferimenti tra parentesi [] in quanto punti su cui non è stato raggiunto alcun accordo e che dovranno dunque essere discussi alla prossima COP. Anche nella seconda Raccomandazione per la ”Mobilitazione di risorse finanziare per l’attuazione del Programma di Lavoro sulle Aree Protette” [UNEP/CBD/WG-PA/2/L.3] non si è riuscito a raggiungere un accordo sulle questioni critiche. La spaccatura maggiore ha visto contrapporsi i Paesi Industrializzati che sostenevano nuovi e innovativi meccanismi finanziari e i PVS che lamentavano ancora una volta il non effettivo impegno di Paesi Donatori di dare seguito ai fondi promessi. La raccomandazione è per la gran parte tutta tra parentesi, include un testo concordato sulla mobilitazione di adeguate risorse finanziarie come una questione di urgenza per le Parti, altri governi e le istituzioni finanziarie internazionali al fine di fornire il necessario, adeguato e puntuale supporto ai paesi in via di sviluppo, includendo nuove e aggiuntive risorse finanziarie. Inoltre, include un testo concordato sugli impegni a livello di paese sulla valutazione dei bisogni finanziari e di piani di finanziamento sostenibile includendo, se appropriato, un portfolio diversificato, una equa condivisione dei benefici e informazioni sul progresso fatto su questa raccomandazione.
Richiede ai paesi donor di aumentare significativamente il livello di assistenza ufficiale di sviluppo diretta a sostenere la creazione e gestione di AP con la piena partecipazione delle comunità indigene e locali. Richiede ai paesi in via di sviluppo di rendere prioritaria l’attuazione del PoWPA e richiede ai donors di rendere disponibili fondi per consentire la designazione di nuove AP in quanto necessarie al fine di completare sistemi di AP nazionali e regionali globalmente ed ecologicamente rappresentativi e per migliorare la gestione delle attuali AP sotto finanziate.

Se anche la scienza si negozia, come si arresta la perdita di biodiversità?
Il SBSTTA13 ha analizzato l’attuazione del programma di lavoro su “biodiversità e agricoltura” e “biodiversità e foreste”, ha discusso questioni di rilevanza tecnico-scientifica per l’attuazione degli Obiettivi 2010 per raggiungere una significativa riduzione del tasso di perdita di biodiversità in riferimento alla biodiversità marina e costiera, acque interne, specie aliene invasive e cambiamento climatico, infine, ha anche considerato il modus operandi per indirizzare nuove ed emergenti questioni in riferimento alla conservazione e uso della biodiversità. Il significativo impegno del SBSTTA nell’approfondimento dei programma di lavoro sulla biodiversità e agricoltura è stato caratterizzato da nuove e sensibili questioni politiche. La maggior parte dei Paesi hanno introdotto le loro relazioni con inviti a migliorare la collaborazione con la FAO e altre organizzazioni. La discussione si è concentrata sugli impatti dell’agricoltura sulla biodiversità e le relative necessità di ricerca, sugli indicatori per il monitoraggio dell’implementazione, sulla conservazione in azienda, sulla raccolta e diffusione di informazioni e integrazione di politiche. Sono sorte controversie sui biocombustibili e sulle attività di mitigazione del cambiamento climatico. Anche l’approfondimento dei programmi di lavoro su biodiversità e foreste è stato caratterizzato da nuove e sensibili questioni politiche.
L’introduzione dei biocombustibili ha avuto come conseguenza di perdere di vista altri questioni rilevanti, in particolare la poca concentrazione nella raccomandazione sul legame foreste e cambiamento climatico, governance, commercio illegale, deforestazione illegale, conversione delle foreste, valutazione dei servizi ecosistemici.
Gli argomenti sulla mancata deforestazione hanno visto i PVS, specialmente paesi con una grande copertura forestale, come il Brasile, Malesia e Argentina, contrapposti ai paesi industrializzati che cercavano di focalizzarsi sulle strategie di mitigazione del cambiamento climatico per finanziare la conservazione della biodiversità.
Entrambe le questioni riflettono la rapida evoluzione dell’agenda sui cambiamenti climatici e il suo potenziale a compromettere gli sforzi verso altri obiettivi ambientali come la conservazione della biodiversità. Sicuramente, il tema del cambiamento climatico merita una immediata considerazione nei programmi di lavoro della CBD, alla luce delle implicazioni e legami con il commercio internazionale e il finanziamento per le strategie di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico.
Se i temi legati alla biodiversità e agricoltura e foreste hanno delineato un’empasse politica, la discussione sulle specie aliene invasive, aree marine protette e cambiamento climatico hanno evidenziato gli effetti di una sovrapposizione di mandato della CBD ad altre convenzioni internazionali. Ciascuno di questi temi ricade infatti nelle responsabilità di una o più organizzazioni creando inevitabilmente una difficoltà a identificare quali aspetti di un problema ricadono nel mandato della CBD o comunque creano confusione su come coordinare queste nuove attività con le altre organizzazioni o processi internazionali che lavorano su questi temi. L’evoluzione della considerazione delle specie aliene invasive ne è un esempio evidente. Le prime discussioni sono iniziate alla COP 5 laddove la CBD si è impegnata a elaborare un protocollo o set comprensibile di standards al fine di individuare e indirizzare i rischi alla biodiversità dovuti all’introduzione di specie alloctone. Il mandato è stato successivamente formalizzato con una raccomandazione al fine di analizzare le lacune nel contesto internazionale. Sulla base di questo indirizzo il SBSTTA ha adottato una raccomandazione specifica in cui ha evidenziato queste lacune invitando l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE) a considerare l’opportunità di “ampliare il suo mandato” e raccomandando alla COP di invitare la Commissione FAO sulla Pesca a considerare metodologie e strumenti al fine di indirizzare le lacune sulle specie invasive per la pesca e l’acquicoltura.
Oggi, il SBSTTA sta lavorando su campi di attività non coperti da altri enti, cambiando sostanzialmente il ruolo previsto per la CBD in materia, in particolare, le lacune legislative e normative relativamente alle specie aliene invasive, le Specie aliene invasive in pesca e acquicoltura e l’introduzione di specie aliene
Le Aree Marine Protette hanno beneficiato anche loro di un simile chiarimento di mandato a partire dalla COP8 che ha riconosciuto il ruolo chiave del “Gruppo di lavoro sulle AMP oltre la giurisdizione nazionale” dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite” e ha conferito mandato al SBSTTA di focalizzarsi sui criteri scientifici per l’istituzione di AMP. Tuttavia, purtroppo, il SBSTTA13 non è riuscito a raggiungere alcun accordo sull’utilizzo dei criteri sviluppati, d'altronde era difficile che non riaffiorassero divergenze sulle aree marine protette al di là delle giurisdizioni nazionali, divergenze che avevano bloccato le discussioni precedenti sull’implementazione del Programma di Lavoro AP, dato che la COP8 le aveva escluse dal mandato del Gruppo di Lavoro.
La Raccomandazione riguarda la lista dei criteri ecologici e sistemi di classificazione biogeografica per le aree marine da proteggere e le banche dati, inserimento di riferimenti a “organizzazioni di gestione della pesca regionale” e la Mappa Interattiva UNEP-WCMC. Per quanto attiene il dibattito sulle acque interne, ci si è focalizzati sulla necessità di fare riferimento a tutte le convenzioni attinenti ma i delegati non si sono trovati d’accordo sull’eventualità di “incoraggiare” le parti a ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sulla Legge sugli Usi diversi dalla navigazione dei corsi d’acqua internazionali e hanno cancellato i riferimenti alla Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite per la Convenzione sulla Protezione e l’Utilizzo dei Corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali. I delegati non si sono trovati d’accordo neanche su un paragrafo sulla cooperazione internazionale relativamente all’assegnazione di acqua per il mantenimento delle funzioni ecologiche degli ecosistemi delle acque interne. Altri commenti hanno riguardato l’aumento dei livelli dell’acqua nelle zone umide a causa del cambiamento climatico. In riferimento al cambiamento climatico nell’ambito delle tre convenzioni di Rio, il processo di chiarimento del mandato rimane il meno avanzato. La sfida per la CBD sarà di “rendere più verde l’UNFCCC” e di renderlo più sensibile alla biodiversità. La responsabilità della CBD e del SBSTTA è di dimostrare che quando vengono considerati i fattori ambientali e sociali, il mezzo più “economico” per raggiungere una riduzione delle emissioni non è necessariamente il migliore. In questa prospettiva, il SBSTTA nella sua raccomandazione ha stabilito un “Gruppo di Esperti ad hoc sulla biodiversità e il cambiamento climatico” con il mandato di sviluppare una guida rilevante per la biodiversità per il Piano di Azione di Bali. Con questo focus internazionale sul cambiamento climatico, molti ritengono che ora sia tempo che la CBD faccia un ultimo e definitivo sforzo di chiarire questi legami.
Purtroppo sono rimaste tra parentesi questioni di grande importanza, tra cui il riferimento alle misure di mitigazione del cambiamento climatico.

Valutazioni complessive dei risultati del Gruppo di Lavoro Aree Protette WGPA
Entrambi questi incontri sono terminati con un generale senso di frustrazione e disappunto, in particolare, circa l’enorme numero di virgolette, ben 150, lasciate in eredità da risolvere alla successiva COP9. Inoltre, nonostante gli sforzi di mantenere un profilo scientifico del SBSTTA, le discussioni hanno assunto una valenza politica che non hanno consentito di approfondire in dettaglio discussioni sugli aspetti scientifici, tuttavia, le raccomandazioni adottate sulle specie aliene invasive e il cambiamento climatico hanno segnato un sostanziale progresso considerando gli aspetti controversi sollevati nel passato. Quindi con tre mesi in anticipo rispetto alla COP9, il WGPA 2 e il SBSTTA13 hanno affrontato i punti critici dell’agenda mondiale sulla biodiversità in vista dell’obiettivo 2010. Mentre il WGPA 2 è stato ostacolato da una mancanza di volontà politica di trovare un compromesso e impegno sulla mobilitazione delle risorse finanziarie, paradossalmente, il SBSTTA è naufragato per una eccessiva enfasi su considerazioni procedurali e politiche privando la COP di pareri obiettivi su questioni scientifiche, tecniche e tecnologiche.
Le raccomandazioni del WGPA2 evidenziano la vera natura delle AP che, ricadendo interamente nelle giurisdizioni nazionali, rende estremamente complessa l’adozione di norme internazionali cogenti e politiche internazionali uniformi.
Il tono dei paesi nel dettagliare i loro risultati nell’attuazione del PoWPA era trionfale, molti delegati governativi evidenziavano gli obiettivi nazionali raggiunti, il ruolo dei loro focal points nazionali, i loro miglioramenti nella gestione e completamento delle analisi sugli ecological gap per l’identificazione di nuove potenziali AP mentre l’esame dell’attuazione del programma ambiva faticosamente al raggiungimento di una posizione comune e la discussione sulla mobilitazione delle risorse evidenziava una profonda spaccatura sulle più varie visioni per il futuro del finanziamento per le aree protette. Attraverso l’analisi del PoWPA, i PVS enfatizzano i limiti finanziari dei loro sistemi di AP che compromettono i loro sistemi di monitoraggio, i quadri legislativi e la capacità tecnica. Per rispondere a questa esigenza, hanno richiesto “nuovi e aggiuntivi” fondi per le AP in linea con gli impegni dei Paesi Donatori di assistere i PVS nell’attuazione della CBD. Dall’altro lato, i Paesi industrializzati, sostengono che una strategia di finanziamento sostenibile deve poggiare su diverse fonti di finanziamento, inclusi meccanismi innovativi come il pagamento per i servizi ecosistemici, la promozione di partnership pubblico-private, rendite da turismo o pagamenti per la carbon sequestration e mancata deforestazione.
I risultati di queste contrapposizioni sono stati raccomandazioni pesantemente virgolettate ad indicazione che c’è poco spazio per un accordo internazionale.
Le raccomandazioni del SBSTTA dimostrano una forte “politicizzazione” della scienza che è sempre stata al cuore delle attività dell’organo sussidiario. Le discussioni si concentravano più se utilizzare “welcome” “take note of” o “adopt” i report scientifici, come i criteri ecologici per la definizione di aree marine che necessitano protezione. Questo ha comportato che l’organo sussidiario più che rappresentare un foro scientifico e preparatorio alla Conferenza delle Parti si sia trasformato in una Pre-COP.
Lo dimostra il fatto che una delle questioni più importanti nell’agenda del SBSTTA - lo sviluppo di un modus operandi per la considerazione di nuove ed emergenti questioni- non è stata risolta. Mentre un po’ di progresso è stato raggiunto sulla definizione dei criteri per selezionare le questioni emergenti, la procedura per identificarne nuove è rimasta irrisolta, starà dunque alla COP9 decidere se adottare una procedura che consenta non solo di rispondere in modo puntale alle questioni emergenti ma anche di fornire un chiaro mandato al SBSTTA affinché possa rimanere focalizzato sugli aspetti scientifici. In conclusione, il WGPA2 richiede maggiori impegni politici e il SBSTTA meno coinvolgimento politico, perché altrimenti la prossima Conferenza delle Parti rischia di essere un fallimento, anzi che aiutare a facilitare l’adozione di decisioni in Bonn, entrambi gli incontri si sono conclusi aggiungendo criticità e appesantendo la già carica agenda della COP. Il costo della non azione, come l’obiettivo 2010 ci ricorda, non fa altro che accelerare il tasso di perdita della biodiversità.

Un’analisi dei risultati del lavoro dell’ultima Conferenza delle Parti - COP9
La nona Conferenza delle Parti (COP9) della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) si è tenuta dal 19 al 30 maggio 2008 a Bonn, Germania, immediatamente dopo la quarta conferenza delle Parti sul Protocollo Biosicurezza di Cartagena (COP4/MOP4). Più di 4000 delegati in rappresentanza delle Parti e degli altri Governi, agenzie dell’ONU, organizzazioni governative e non governative, rappresentanti delle comunità indigene e locali, università e industrie hanno partecipato all’incontro.
La COP 9 ha adottato ben 37 decisioni su un’ampissima gamma di questioni: biodiversità agricola [UNEP/CBD/COP/9/L.34], biocombustibili e biodiversità [.../L.35]; la strategia globale per la conservazione delle piante [.../L.8]; le specie aliene invasive [.../L.18]; biodiversità forestale [.../L.33]; misure di incentivo per la biodiversità [.../L.16]; approccio eco sistemico [.../L.11]; progressi per l’attuazione del piano strategico e per l’obiettivo di ridurre significativamente il tasso di perdita della biodiversità entro il 2010 e gli obiettivi del Millenium Development Goals (MDGs) [.../L.10]; risorse finanziarie [.../L.37] e meccanismi finanziari [.../L.38]. Altre questioni sostanziali e di strategia hanno riguardato: accesso e condivisione dei benefici (ABS) [.../L.27], articolo 8(j) e le questioni annesse come trasferimenti di tecnologia e cooperazione [.../L.5], monitoraggio, valutazione e indicatori di biodiversità [.../L.19], biodiversità e cambiamento climatico [.../L.36], biodiversità e zone umide [.../L.26], aree protette [.../L.30], biodiversità e acque interne [.../L.28]; biodiversità marina e costiera [.../L.20]; biodiversità nelle isole [.../L.31]; la Global Taxonomy Initiative (GTI) [.../L.22]; la cooperazione tecnico scientifica e il clearing-house mechanism (CHM) [.../L.6]; la guida ai meccanismi finanziari; la comunicazione, educazione e consapevolezza sulla biodiversità (CEPA) [.../L.13]. L’adozione dei criteri scientifici e di linee guida per la definizione di aree marine che necessitano di protezione e l’adozione della strategia per la mobilitazione di risorse finanziare per la Convenzione sono stati in alcun dubbio i maggiori risultati della COP9 verso il raggiungimento dell’obiettivo 2010.
Notevole attenzione è stata dedicata al cambiamento climatico, inclusi i riferimenti alle politiche di mitigazione e adattamento, fertilizzazione degli oceani e biocarburanti.
Mentre un linguaggio forte è stato concordato nel richiamare il principio precauzionale per la fertilizzazione degli oceani, non c’è stato alcun accordo sull’adozione di criteri di sostenibilità per la produzione ed il consumo di biocarburanti.
Sugli alberi geneticamente modificati - AGM, argomento che ha destato un considerevole interesse pubblico, la COP ha riaffermato la necessità di un approccio precauzionale e ha richiamato le Parti nell’autorizzare gli alberi geneticamente modificati solo dopo aver condotto studi sul controllo così come sul aver effettuato valutazioni del rischio basati su criteri scientifici e trasparenti, una decisione che è stata criticata come insufficiente da molte Parti e osservatori.
“One Nature – One World – Our Future”, Una Natura – Un Mondo – Un Futuro, questo è stato il tema della COP9 ma è stato in evidente contrasto con la diffusa percezione che sia stata una delle più frammentate Conferenze che la CBD abbia mai avuto. Sessioni informali di gruppi di lavoro su “hot issues” – questioni calde - correvano in parallelo ai gruppi di lavoro formali – ma molte delegazioni trovavano estremamente difficoltoso seguire tutte le sessioni, di conseguenza, le valutazioni dei delegati sui risultati della COP9 variavano in funzione delle questioni che sono riusciti a seguire. La maggior parte di quelli che hanno partecipato alle discussioni sui biocarburanti o sugli alberi geneticamente modificati hanno sostenuto che molto altro poteva essere raggiunto mentre altri ancora hanno sostenuto i grandi obiettivi raggiunti sulla biodiversità marina o sui meccanismi finanziari. Discussioni sull’ABS e il cambiamento climatico hanno catalizzato l’attenzione rispetto a tutte le altre questioni in agenda. L’adozione di un processo per continuare la negoziazione per un regime internazionale di ABS è stato dichiarato una priorità. Similarmente, la necessità di indirizzare l’interdipendenza tra biodiversità e cambiamento climatico è stata generalmente accettata e le aspettative sono state alte per la COP9 di trovare appropriati approcci per indirizzare la “mitigation troika” dai biocarburanti agli alberi geneticamente modificati alla fertilizzazione degli oceani.
Le questioni legate al cambiamento climatico sono nuove per la CBD e sono state legate alle dinamiche della crisi globale della fame nel mondo.
I biocarburanti, in particolare, sono solo recentemente entrati in una fase centrale, soprattutto perché i reports richiamavano la questione del loro potenziale ruolo nella mitigazione ma, al contempo, l’evidente competizione per la terra e la riduzione di cibo. Come risultato, alcuni hanno sperato che la CBD adottasse un forte pacchetto di linee guida per garantire la loro “sostenibile produzione e consumo”. La decisione finale sui biocarburanti non ha risposto a queste aspettative, in quanto non richiede una produzione sostenibile, lascia solo un riferimento all’approccio precauzionale. Altri, tuttavia, ritengono la decisione ragionevole, in quanto chiede alla parti di impegnarsi nella ricerca e scambio di informazioni al fine di fornire le basi per una decisione alla prossima COP10.
C’è un certo numero di paesi importatori di biocarburanti che stanno attualmente riconsiderando le loro politiche sulla energia rinnovabile. In particolare, le politiche dell’UE sui biocarburanti è in discussione a differenti livelli, l’incertezza circa sulla futura direzione dell’UE ha creato sospetti fra i delegati che il proprio interesse in standard sostenibili vada oltre il mandato della CBD, possibilmente estendendolo alla questioni del commercio, come la creazione di barriere per biocarburanti non sostenibili o il mantenimento di un rationale per fornire sussidi per certe tipologie di produzione di biocarburanti.
Discussioni e risultati sugli alberi geneticamente modificati – AGM e fertilizzazione degli oceani hanno dimostrato una medesima logica. In nessun dei due casi si è raggiunto un accordo per una moratoria, sebbene la decisione sulla fertilizzazione degli oceani include un linguaggio molto forte che è stato interpretato da molti come una “moratoria implicita”. Con riferimento agli AGM, tuttavia, molti delegati sono rimasti contrariati dalla decisione di autorizzare il via libera agli alberi GM solo dopo la conduzione di studi sul controllo e valutazione scientifica dei rischi. Nella loro prospettiva, questo linguaggio ignora la preoccupazione pubblica dall’effettiva riduzione di qualsiasi applicazione dell’approccio precauzionale. Su questi temi così come su molte altre questioni, si è lamentato un “danno collaterale” causato dalla concentrazione di intense discussioni su alcuni specifici problemi, concentrando l’attenzione lontano dall’attuale obiettivo dell’incontro di procedere nell’analisi dei programmi di lavoro della convenzione sui programmi agricoltura e foreste, inclusi i progressi verso l’obiettivo 2010.
In altri termini, ABS, biocarburanti e gli argomenti correlati al cambiamento climatico hanno ricevuto la massima attenzione e le controversie che hanno sollevato non hanno consentito di raggiungere risultati in altre delicate ed importanti questioni.
Un buon risultato può essere considerato l’adozione di criteri scientifici per l’identificazione di aree marine protette, incluse le AMP in mare aperto e in fondali profondi e l’adozione di una guida per la definizione di una rete rappresentativa di queste aree marine. Questo è stato presentato come un grande successo, considerato che per lungo tempo è stato ritenuto al di fuori del mandato della CBD l’indirizzo di questioni legate alla biodiversità con aree al di fuori della giurisdizione nazionale. La decisione non solo fornisce una base scientifica per l’identificazione di AMP ma anche una chiara conoscenza sulla divisione di responsabilità tra la CBD e l’assemblea generale dell’ONU che ha specifiche competenze sulle AMP e le questioni legate alla biodiversità marina nell’ambito del suo Gruppo di Lavoro sulla “Marine Biodiversity Beyond National Jurisdiction”. I criteri adesso saranno il riferimento dei futuri negoziati sotto questo organo e molti sperano che porteranno all’adozione di un urgente e chiaro quadro di riferimento per la protezione della biodiversità marina. Inoltre, la decisione può contribuire al raggiungimento dell’obiettivo 2012 di costruire una rete globale rappresentativa di AMP.

Il ruolo delle Aree Protette
Sulle Aree Protette, le tensioni politiche sono state molto forti alla luce dei negoziati sulla revisione del programma di lavoro, in parte dovuta a disaccordi sui meccanismi di finanziamento. Queste controversie hanno distolto l’attenzione dagli effettivi raggiungimenti degli obiettivi. Il tasso di crescita della designazione di aree protette è aumentato in tutto il mondo negli ultimi anni e la loro gestione sembra sia migliorata grazie ad una serie di workshop regionali. La tensione sui finanziamenti è stata dovuta principalmente al fatto che molti paesi hanno lamentato il finanziamento dell’attuazione del programma, pre-condizione domandata dai paesi in via di sviluppo nel discutere delle attività legate al programma di lavoro AP, inoltre, la discussione sui meccanismi innovativi di finanziamento, come le rendite da turismo, che non state richiamate dai paesi donors, è stata eliminata. Nella strategia per la mobilitazione delle risorse, questa dicotomia ha compromesso il raggiungimento di alcun progresso su entrambe le questioni.
La decisione finale contiene due sezioni: 1) revisione dell’implementazione del programma di lavoro sulle AP; 2) opzioni per la mobilitazione, come questioni di urgenza, attraverso differenti meccanismi finanziari, di adeguate e tempestive risorse finanziare per l’attuazione del programma di lavoro. La COP9 richiama le Parti a finalizzare, non oltre il 2009, le analisi sui gap ecologici per raggiungere gli obiettivi 2010 e 2012 e gli atri obiettivi contenuti nel programma di lavoro.
La COP invita le Parti a:
• migliorare e rafforzare la governance delle AP, in accordo con appropriate legislazioni nazionali inclusi il riconoscimento e la giusta considerazione delle popolazioni indigene e locali e autorità locali;
• stabilire effettivi processi per la loro partecipazione nella governance dell’AP, in coerenza con la legislazione nazionale e gli obblighi internazionali applicabili;
• esplorare opportunità di finanziamento per la designazione, istituzione e gestione effettiva dell’AP nel contesto dell’impatto del cambiamento climatico e attività di mitigazione, richiamando le azioni effettive per ridurre la deforestazione che potrebbero costituire una opportunità unica per la protezione della biodiversità.
La COP9 incoraggia le Parti e invita le organizzazioni rilevanti a:
• sostenere le ricerca e la promozione della consapevolezza sul ruolo delle AP e sull’importanza della connettività della rete di AP alla luce del ruolo che gioca in risposta alla mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.
La COP9 sollecita le Parti e invita tutti a:
• fornire sostegno finanziario per consentire la piena attuazione del programma di lavoro per le AP e riconosce che meccanismi innovativi, inclusi approcci basati sul mercato, possono essere complementari ma non sostitutivi di finanziamenti pubblici e assistenza allo sviluppo.
La COP9 sollecita i donors multilaterali e gli altri a:
• sostenere progetti che testimoniano il ruolo delle AP nel contribuire all’adattamento del cambio climatico e nel ripristino di ambienti degradati.
La COP9 invita il GEF a:
• continuare a fornire e facilitare un più semplice accesso a nuovi e aggiuntivi finanziamenti per le AP e per i focal area sulla biodiversità;
• considerare il sostegno per le proposte che dimostrano il ruolo delle AP in risposta al cambio climatico.

Quale futuro
La prossima tappa del viaggio della CBD è l’obiettivo del 2010 di ridurre significativamente il tasso di perdita della biodiversità e l’appuntamento di Bonn era l’ultimo passo prima della deadline. Mentre l’obiettivo 2010 è ancora percepito da molti come un indicatore del successo dell’attuazione della CBD, c’è sempre una maggiore consapevolezza che la sfida del 2010 vada oltre una valutazione del progresso nel ridurre il tasso di perdita della biodiversità. Persino da quando le conclusioni del Millennium Ecosystem Assessment sono state pubblicate nel 2005, c’è stato un riconoscimento non detto che l’obiettivo del 2010 non può essere raggiunto a tavolino.
Questa considerazione crea due significative sfide per la CBD, da un lato, la CBD ha bisogno di un chiaro messaggio che comunichi i suoi attuali successi, come il raggiungimento di alcuni obiettivi in certi ecosistemi, regioni o settori e la necessità di fare ulteriori progressi su molti altri fronti come la biodiversità marina e le acque interne, dall’altro lato, prenda atto e giochi un ruolo di indirizzo su ciò che ancora deve essere fatto nel futuro per ridurre la perdita di biodiversità oltre il 2010.
In questa prospettiva, la strategia per mobilitare risorse adottata dalla COP9 è un importante passo in risposta a queste sfide in quanto offre un portfolio di strumenti per generare strumenti di attuazione in differenti settori e da differenti attori, indipendentemente da decisioni politiche dei paesi donor. Un altro risultato di Bonn potrebbe essere anche canalizzato attraverso il consolidamento dell’immagine della CBD come convenzione ombrello che ha un impatto su tutti gli aspetti legati alla biodiversità.
La COP 9 ha mostrato, molto di più rispetto alla precedenti COP, che la CBD racchiude in se molti percorsi, molti dei quali procedono in modo parallelo e per proprio conto, la più grande sfida verso il 2010 sarà dunque di mettere a sistema questi sub-processi e definire un quadro coerente nell’attuazione degli obblighi internazionali, sulla base di definite priorità ed effettivi bisogni a tutela della biodiversità e in questo quadro il ruolo delle aree protette diventa strategico più che mai.

GLOSSARIO
ABS Access and benefit-sharing
AHTEG Ad hoc Technical Expert Group
CHM Clearing-House Mechanism
GEF Global Environment Facility
IAS Invasive alien species
IPPC International Plant Protection Convention
JLG Joint Liaison Group
MDGs Millennium Development Goals
MPAs Marine protected areas
MYPOW Multi-Year Programme of Work
NFPs National focal points
OIE International Committee of the World Organization for Animal Health
PA Protected area
PoWPA Programme of Work on Protected Areas
SBSTTA Subsidiary Body for Scientific, Technical and Technological Advice
SIDS Small island developing states
WGPA Ad hoc Open-ended Working Group on ProtectedAreas

Daniela Talamo