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Segnalazioni

Una rete sotterranea di sostegno tra le piante

(12 Apr 23)

Un ecologo britannico, Thomas Crowther, nel 2012 ha cominciato a raccogliere dati riguardanti le foreste di tutto il mondo avvalendosi della collaborazione di altri scienziati. Dopo tre anni è giunto a disegnare la distribuzione degli alberi sul nostro pianeta, stimando che essi ammontino a tre trilioni. Un biologo dell'Università californiana di Stanford, Kabir Peay, si è messo in contatto con lui per proporgli di mappare la rete sotterranea tra le piante che mette in relazione il mondo vegetale.

Grazie al lavoro congiunto del Crowther Lab, fondato al Politecnico Federale di Zurigo, e dell'Università di Stanford, nel maggio 2019 è stato possibile pubblicare una mappatura del wood wide web, la vastissima rete di radici, batteri e funghi che da milioni di anni aiuta gli alberi a vincere ogni avversità.

Prima che venissero rivelati il ruolo e l'estensione delle reti micorriziche, gli alberi erano considerati perlopiù al pari di individui solitari, indifferenti gli uni agli altri, oppure in competizione per garantirsi lo spazio e le risorse essenziali. Questo modo di guardare una foresta si è rivelato sbagliato e superficiale. Certo, all'interno di un ecosistema boschivo ci sono conflitti, ma anche tanta reciprocità e collaborazione. Ricerche recenti sembrerebbero individuare la presenza di reti micorriziche perfino sotto le praterie e la tundra artica. 

Sebbene le piante siano organismi vivi, appaiono ai più come soggetti passivi all'interno di un ambiente a causa del fatto che sono radicate alla terra e silenziose. La cultura occidentale, in particolare, è ancora molto scettica circa l'esistenza di un'intelligenza vegetale.

Eppure da tempo alcuni studiosi sono impegnati a dimostrare che le piante non sono affatto creature elementari e rozze. Al contrario, non solo sono capaci di comunicare tra loro anche a grandi distanze, ma pure di percepire l'ambiente circostante.

Al riguardo non ha dubbi Stefano Mancuso, scienziato di fama mondiale che dirige il Laboratorio di Neurobiologia Vegetale dell'Università degli Studi di Firenze. Nel suo ultimo libro intitolato "La pianta del mondo" dedica un capitolo ai misteri del sottosuolo. Il protagonista non è un albero, bensì un ceppo, ossia il triste resto di un esemplare morto, destinato a essere consumato dagli insetti e dai microrganismi fino a scomparire. Ma nel caso in esame è invece vivo attraverso l'apparato radicale che è rimasto connesso con quello degli alberi vicini.

Ciascun albero ha un sacco di ragioni per combinare le proprie radici con quelle degli esemplari vicini: potrà scambiare risorse vitali, rafforzare il proprio arsenale chimico per difendersi dai parassiti, aumentare la stabilità. I vantaggi di essere connessi a un ceppo, poi, sono ancora maggiori. L'albero integro avrà a sua completa disposizione un doppio apparato radicale con tutti i benefici che ne conseguono.

Area Protetta: Diverse  |  Fonte: AREA Parchi
Una rete sotterranea di sostegno tra le piante
 
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