Licosa, l’isola del mito, rappresenta il sito naturale più caratteristico del territorio (è un Sito di Importanza Comunitaria). Nelle sue acque sono visibili i resti sommersi dell’omonima città greco-romana, specialmente quelli di una villa romana e di una vasca per l’allevamento delle murene (risalente ad un periodo che va dal I secolo a.C. al I secolo d.C.). Sull’isola, dove svetta il faro e il rudere della casa del guardiano del faro, sono stati rinvenuti diversi reperti di epoca greco-romana. Si crede che il nome di Licosa derivi dalla sirena Leucosia, che, secondo autori come Licofrone, Strabone e Plinio il Vecchio, qui abitò e qui fu sepolta dopo che si gettò in mare. Anche Omero, nell’Odissea, accenna all’isola delle sirene dal canto ammaliatore, beffate da Ulisse e dal suo equipaggio. Aristotele narra della presenza sull’isola di un tempio dedicato a Leucotea, identificata con Leucosia. Altri autori, come Dionigi di Alicarnasso e Sesto Pompeo Festo, sostengono che il nome Licosa sia dovuto ad una cugina o una nipote di Enea sepolta sull’isoletta (“Leucosia insula dicta est a consobrina Aeneae ibi sepulta”). L’Isola ospita l’habitat naturale di un particolare tipo di lucertola endemica dalla livrea verde e azzurra, la Podarcis sicula klemmeri. Di passaggio il Gabbiano corso (Larus audouinii), una specie endemica dell’area del Mediterraneo.