In un momento di crisi nel processo di unificazione europea, lUnione accusa gravi ritardi nella politica delle aree protette, che debbono essere protagoniste nei suoi programmi.
Lindividuazione della Rete dei siti non è più sufficiente.
A fine maggio proprio a Riomaggiore, dove OPE ha preso avvio, si è tornati a discutere dei Parchi in Europa.
Loccasione è stata offerta dal Club dei giuristi che ha dedicato al tema il suo appuntamento pubblico annuale.
Diciamo subito che giocavamo in casa visti i contributi che da anni sul tema dei parchi e più in generale dei nostri rapporti con lunione europea, il Club ha dato e sta dando.
E risultato subito chiaro, però, che rispetto al momento in cui decidemmo, a Riomaggiore, di considerare il nuovo Trattato europeo una occasione anche per noi, mondo dei parchi, di impegnarci in una riflessione che ci riguardava da vicino, molte cose sono cambiate e non in meglio.
Dopo il voto francese e olandese sembra ormai prevalere, infatti, un clima di scetticismo quando di non aperta ostilità a un processo di allargamento e consolidamento della integrazione europea.
Chi scrive di Europa che dorme, altri che è un bluff, altri ancora fanno appello a una pazienza attiva e parlano di malinconia del vecchio continente.
Tutto -è stato detto- nellEuropa dei 25 sembra più difficile. Taluno attribuisce questa allarmante caduta di fiducia ai campi in cui si impegna lUnione che non interesserebbero gli elettori. Più che giusto quindi -a fronte di una situazione così poco allegra- il forte richiamo del nuovo Presidente della Repubblica che, in perfetta sintonia con il suo predecessore, richiama tutti a reagire con vigore e fiducia.
Appello che non possiamo non fare nostro viste le ragioni che ci spinsero a guardare oltre i nostri confini nazionali e che muovevano innanzitutto dalla consapevolezza che è in questa nuova dimensione comunitaria che oggi si gioca ormai anche la partita delle politiche di protezione e tutela ambientale. E se questo è il nuovo campo di gioco noi non possiamo ritrarci nel nostro orticello per quanto grande e importante esso sia. Tanto più che -ed è questa la ragione che ha fatto venir meno in noi qualsiasi residua titubanza ed esitazione- sui parchi lUnione è in grave difetto e ritardo. Non lo è per quanto riguarda i siti e altri interventi in campo ambientale; lo è però sul complesso delle aree protette che non ritroviamo come protagoniste di tutta una serie di programmi dellUnione. Da qui partimmo allora e da qui dobbiamo rilanciare oggi, proprio perché non tira aria buona per lEuropa.
E giusto ricordarlo ai parchi -e non solo a quelli italiani- che pure hanno fatto e stanno facendo importanti esperienze di collaborazione anche in sede comunitaria ma anche, se non soprattutto, alle nostre istituzioni a cominciare dal Parlamento, dallo Stato, dalle Regioni e dagli Enti locali.
Spesso gli organi di stampa ci ricordano le infrazioni del nostro paese per le quali siamo puntualmente multati.
Ma lattenzione va spostata soprattutto su quella fase ascendente e discendente che è condizione sine qua non perché ogni paese sappia non solo attuare ma anche concorrere a determinare le scelte in sede comunitaria. Qui, specialmente in campo ambientale, registriamo, oggi, il ritardo più serio e penalizzante soprattutto per quanto riguarda gli aspetti che ci interessano maggiormente.
E un ritardo che, per molti versi, ci vede purtroppo in larga compagnia, ma questo non può costituire una attenuante e tanto meno una giustificazione. Se è vero che lEuropa comincia a casa propria, noi è da qui che bisogna partire.
E non debbono dimenticarlo il Ministro dellAmbiente e tutti gli altri ministri -e sono molti- interessati, i Presidenti delle Commissioni parlamentari, la Conferenza Stato-Regioni-Enti locali che non ci risulta si siano finora posti questi problemi partendo appunto da casa propria. Il che significa prendere atto -per trarne tutte le dovute conseguenze- che mentre in casa propria la legge nazionale e quelle regionali stabiliscono che i parchi e le aree protette sono protagoniste di primo piano di politiche speciali ma proprio per questo anche di tutta una serie di politiche ordinarie: biodiversità, agricoltura, paesaggio, coste, turismo etc, ciò non avviene ancora in sede comunitaria. Ecco il nodo non semplice e non facile che oggi dobbiamo sciogliere, non potendoci accontentare di quel che passa il convento con i Siti, soprattutto riguardo ai finanziamenti.
Ma per questo rimando a un recente e pregevole documento del WWF. E qui va sfatata anche la leggenda che la sovraordinazione ci lega le mani, ci limita, ci impone condizioni soffocanti e via lamentando. Tanti esempi anche in materia ambientale sono lì a dimostrare -su questo il contributo del Club dei giuristi è stato davvero importante- che lUnione spesso attinge alle esperienze e alle normative più significative e valide dei vari Stati membri. Ebbene, il nostro Paese può benissimo dare un importante contributo in sede comunitaria attingendo, spendendo al meglio il lavoro di questi anni avviato prima dalle Regioni e poi proseguito in sede nazionale. E pur vero che abbiamo i nostri problemi e anche difficoltà emerse specialmente negli ultimi tempi, ma questa è semmai unaltra buona ragione per rimediarvi alla svelta così da poterci presentare con le carte in regola a Bruxelles.
Lidea di proporre agli organi dellUnione la messa a punto di un libro verde sui parchi è scaturita da qui, dalla necessità di far conoscere e valorizzare quel che cè di meglio in Europa sui parchi per trarne in sede sovranazionale gli insegnamenti migliori, sicuri che il nostro paese una volta tanto può non fare brutte figure. Le Regioni rinnovate da poco, il Parlamento e il Governo da pochissimo dovrebbero perciò dare qualche segnale incoraggiante e uscire dal torpore che non giova a nessuno, tanto meno ai parchi. E visto che si parla di impegni e appuntamenti per lanno prossimo, nessuno dimentichi che le questioni comunitarie sono ormai a tutti gli effetti questioni nazionali, regionali e locali.
Renzo Moschini
|