Le dichiarazioni del neo Ministro all'Ambiente, a cominciare dal nostro Congresso all'Etna, sino all'intervista esclusiva che pubblichiamo nelle pagine che seguono, passando attraverso numerosi interventi riportati dalle agenzie di stampa e raccolte da giornali e mezzi di informazione radiotelevisiva, lasciano immaginare che il nuovo inizio che auspicavamo lo scorso numero, possa davvero diventare realtà, prima di quanto supponessimo.
Se il buon giorno si vede dal mattino, davvero alcuni segnali sembrerebbero giustificare il nostro ottimismo, dagli impegni sulla tutela del mare a quelli per alcune aree protette che da tempo sono in panchina, senza mai essere pronte a entrare in campo per chiudere quella rappresentanza delle biodiversità del paese che ancora non può definirsi completa e dunque non rispondente a quegli impegni che ci sono richiesti a livello internazionale.
Se si vuole, con serietà, dare cogente attuazione agli impegni assunti con la firma della Convenzione per la Biodiversità, sarà davvero necessario cambiare marcia rispetto al passato
Tanto più che l'Unione Europea sembra davvero intenzionata a dare sostanza ai suoi impegni, con un nuovo Piano d'Azione comunitario sulla biodiversità che fissa obiettivi ma anche i tempi entro i quali raggiungerli.
Per farlo, l'Italia non dovrà perdere l'occasione della Terza Conferenza Nazionale, che Pecoraro Scanio ha annunciato di voler organizzare per i prossimi mesi.
Una conferenza da preparare con attenzione, per segnare davvero un nuovo punto di svolta nelle politiche nazionali delle aree protette e della biodiversità.
Due segmenti di un unico impegno che dovremo imparare ad associare, coniugandoli in un unica definizione: magari proprio la Terza Conferenza Nazionale potrebbe accoglierli sin dalla sua intestazione.
Prima di allora, avremo una prima cartina al tornasole che ci farà comprendere se le dichiarazioni di principio e le buone intenzioni troveranno gambe robuste su cui camminare. Vedremo se nella Legge Finanziaria ci saranno investimenti per le politiche delle aree protette che riteniamo adeguati per una politica strategica -e non solo residuale- del Paese in questo settore.
Perché oggi dobbiamo cominciare ad occuparci più di qualità e di rappresentatività che di quantità. Le percentuali di territorio protetto sono egregie.
Perché abbiano la possibilità di svolgere fino in fondo i loro compiti istituzionali, in maniera efficace e programmata, occorrono però investimenti pluriennali garantiti.
Le aree protette non possono essere autosufficienti -il parco-azienda è orizzonte impraticabile e forse persino non auspicabile- ma debbono essere in linea con le rigorose politiche di spesa pubblica che non possono ammettere alcun spreco.
In realtà non abbiamo alcuna segnalazione di casi di spreco nella gestione delle aree protette, ma qualche leggerezza e qualche forzatura gestionale è pur arrivata, negli ultimi anni, alla ribalta, richiedendo poi sanatorie sperequanti tra aree protette virtuose e altre meno rigorose.
Dunque adeguati investimenti e conseguenti attenti controlli nella spesa pubblica, non possono che essere accolti, con favore, dal sistema delle aree protette.
Al di là degli investimenti, il secondo parametro indispensabile è quello del rigore scientifico. Occorre dare segnali forti sulla qualità degli interventi, che vanno ricondotti a solide basi scientifiche, quelle stesse che la legge quadro ha previsto, ma che non sono, a tutt'oggi, a disposizione.
Questa serietà la dobbiamo pretendere anche a livello europeo, per evitare che gli sforzi per ricomporre un quadro ottimale di biodiversità non vadano in fumo a causa della loro non condivisione. Prima il lupo in Svizzera, ora l'orso in Germania, rappresentano casi emblematici di questa carenza di coordinamento. Intanto il grifone torna a volare libero nella Bassa Sassonia proveniente, probabilmente, dalla Spagna. Ci auguriamo gli tocchi sorte migliore.
La stessa sorte che auguriamo a questo nostro paese che l'Unesco condanna per i maltrattamenti che subiscono i siti inseriti nella sua Lista del patrimonio dell'umanità.
E allora diventa non solo doverosa celebrazione ricordare e richiamare l'invettiva passionale di Antonio Cederna per questo maltrattato Belpaese che ci ostiniamo a batterci perché venga difeso.
Per farlo dobbiamo oggi partire dalla prospettiva mediterranea, da tempo strategica anche per le politiche di futuro sostenibile. Il traguardo è fissato per l'ottobre del 2008; al Congresso mondiale dell'UICN di Barcellona bisognerà arrivare con risultati concreti, per raggiungere i quali Federparchi si impegna, fin da subito, a promuovere la costituzione di una Federazione delle aree protette del Mediterraneo.
Per individuare la strada più efficace per politiche che non possono che partire dalla cooperazione e concertazione di tutti i soggetti interessati, non è certo inutile approfondire la recentissima riforma legislativa francese che vi proponiamo con i diversi punti di vista dei protagonisti, nello specifico dossier di approfondimento.
Valter Giuliano
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