Isolata, solitària, rude, selvaggia... Questi ed altri sono gli aggettivi con cui nella letteratura alpina viene definita la valle Antrona.
Aggettivi adeguati a descrivere una valle che ha conservato, più di altre sulle Alpi, un ambiente naturale ancora integro in cui i segni della presenza umana sono tutto sommato modesti. Eppure è una valle antica, dove la presenza degli uomini si è consolidata nei secoli con un'intensa attività mineraria (oro nell'alta valle e ferro in vai Brevettola). Più recente, nella prima metà del secolo scorso, la colonizzazione idroelettrica nell'alta valle con la rete dei cinque laghi (Antrona, Campliccioli, Cingino, Camposecco e Bacino dei Cavalli). Una corona di monti aspri e severi circonda il bacino idrografico del torrente Ovesca. Siamo nel distretto delle Pennine orientali: quel tratto di catena alpina che corre tra il passo di Monte Moro e il passo del Sempione. Sono monti belli e selvaggi,... la cui lieve dentatura si scorge benissimo dal Duomo di Milano.
La fauna che popola la valle non differisce molto da quella del resto dell'Ossola.
Numerose sono le specie presenti, fra le più rappresentative è bene ricordare quattro ungulati caratteristici dell'arco alpino: capriolo, cervo, camoscio e stambecco.
il camoscio occupa stabilmente l'alta valle, dal passo di Antigine ai monti della Preia, ma è pure presente nei boschi di latifoglie della bassa valle. Il re delle altezze è invece lo stambecco, che vive tranquillamente al limitare del piano nivale non disdegnando di portarsi in cima alle montagne. Negli ultimi anni, con il crescere delle popolazioni, è diventato usuale avvistare gli stambecchi "incollati" ai muraglioni delle dighe e impegnati a leccare il salnitro contenuto nel cemento. Tra gli altri mammiferi non mancano la marmotta, la volpe, il tasso, il riccio e lo scoiattolo; dal manto candido in inverno e più o meno bruno in estate sono l'ermellino e la lepre variabile. L'avifauna è ben rappresentata dalla pernice bianca, dal fagiano di monte, dalla coturnice e per i rapaci dall'aquila reale, dalla poiana, dal gheppio e dallo sparviere; numerosi sono i passeriformi e immancabile il gracchio alpino.
Anfibi fra cui la rana temporaria, rettili (lucertola muraiola, colubri e viperidi), alcuni pesci d'acqua dolce e variopinti insetti completano il quadro faunistico. La specie più rilevante dal punto di vista conservazionistico è l'Erebia christi, un lepidottero diurno caratterizzato da un areale distributivo molto ristretto e compreso tra il passo del Sempione, l'alta Valle Antrona e l'Alpe Devero.
In montagna numerosi aspetti quali clima (temperatura, copertura nevosa, sbalzi termici, vento), topografia (esposizione e pendenza dei versanti), fattori edafici (granulometria, pH, acqua, sali minerali, composizione dell'humus, natura geologica del terreno) e fattori biotici (intervento dell'uomo), interagiscono fra loro determinando le caratteristiche dell'ambiente a cui la flora alpina deve adattarsi sviluppando particolari caratteristiche morfologiche e funzionali. La valle Antrona rientra nel settore alpino occidentale (Alpi Pennine) e risente di un clima di tipo continentale. A partire dal piano basale si estendono a varie quote coltivi e prati artificiali cosiddetti perché creati dall'uomo per l'alimentazione del bestiame; fino ad arrivare alla prateria alpina, vero e proprio giardino naturale che nella breve fioritura estiva sfoggia i colori più belli. Anche il bosco misto di latifoglie inizia dal fondovalle: le essenze prevalenti sono il castagno e le querce che superati i 900 metri di quota lasciano il posto a faggete e peccete (boschi di abete rosso) prima e ai lariceti poi.
Lungo l'asse vallivo, l'alternarsi delle fasce vegetazionali segue l'elevarsi dell'altimetria e il progressivo inasprirsi della morfologia del territorio. Se allo sbocco abbiamo una tipica vegetazione pedemontana e montana con boschi misti di latifoglie (castagni, roveri, frassini, betulle, ontani e, più in alto, faggi), nell'alta valle prevalgono le conlfere (abete bianco, abete rosso e larice) che alle quote superiori sfumano nelle lande alpine. La tipologia forestale più tipica dell'alta valle Antrona è tuttavia il lariceto con sottobosco a prevalenza di mirtillo e rododendro. Il larice è l'unica conifera che perde gli aghi in inverno, forma di adattamento (come la corteccia molto spessa) al clima dell'alta montagna e ai suoi rigidi inverni. Il grande lariceto che dall'Alpe Lombraoro sale all'alpe Cingino è composto da alberi monumentali e costituisce uno dei boschi più belli delle Alpi Pennine. Altri bei lariceti si trovano nei dintorni di Cheggio e del bacino dei Cavalli e nella zona tra Antronapiana e del lago di Antrona dove alberi maestosi crescono tra i massi dell'antica frana che nel 1642 distrusse il villaggio.
La Valle Antrona si estende dalla cittadina di Villadossola al paese di Antronapiana incuneata fra le valli Anzasca e Bognanco. Il ghiacciaio prima e l'acqua poi, hanno modellato l'affascinante paesaggio della valle: da qui la gola profonda in cui scorrono le acque tumultuose dell'Ovesca, ma anche i dolci e verdi fianchi costellati di abitati. Morene, massi erratici, striature sulle nude rocce montonate sono altre tracce del lavoro di antichi ghiacciai oggi quasi completamente estinti. I laghi sia naturali (di circo, delimitati da depositi morenici) che artificiali (bacini per lo sfruttamento dell'energia idroelettrica) impreziosiscono la rustica bellezza del luogo. Per quanto concerne l'aspetto geologico, le rocce sono principalmente rappresentate da gneiss ed ofioliti, quest'ultime più note come "rocce verdi di antrona", gli gneiss possono presentarsi in bancate compatte con ripide pareti, creste irregolari e cime piramidali (ortogneiss: catena montuosa fra la Valle Anzasca e il Pizzo Andolla) oppure essere molto più fragili e scistosi (paragneiss: bassa Valle Antrona).
La valle Antrona è fra le vallate ossolane quella conosciuta come "valle del ferro "e alle sue miniere è legata la formazione, nel XIX secolo, del centro siderurgico di Villadossola. Le vene ferrose sono distribuite un po' ovunque nella valle, ma sono concentrate soprattutto sul monte di Ogaggia, tra Antrona e Brevettola. Su entrambi i versanti sono ancora oggi visibili i numerosi cunicoli scavati dai minatori per l'estrazione del minerale che, dopo una prima cernita, veniva trasportato a spalla ai forni e ai magli costruiti nei villaggi del fondovalle. Oltre al ferro, nelle viscere di queste montagne è presente l'oro. L'estrazione dell'oro in valle si sviluppò ad opera dei cosiddetti "minerali" che, in gruppo o singolarmente, iniziarono a sfruttare i filoni di Schieranco, di Cama, di Lombraoro e del vallone di Trivera. Alla fine dell'Ottocento intervenne invece il capitale straniero che, analogamente a quanto avvenne nella vicina Valle Anzasca, in Val Toppa e in Valle Antigorio, diede inizio all'estrazione su scala industriale. Subentrò quindi la società "Rumianca" che cessò la produzione nel 1945 segnando la fine della stagione dell'oro in valle. Degna di nota è la presenza di pegmatite all'alpe "i Mondei" di Montescheno e ancora rame, argento, mica e pietra ollare (la laugera).
Le antiche processioni sui monti di Antrona sono chiamate "autani" che vuol dire "litanie", la cui tradizione risale al XVI secolo con funzione protettiva da epidemie e carestie. Le Autani della valle Antrona sono tre: la più importante è quella di Montescheno (detta di set frei), una delle più lunghe processioni delle Alpi. Da quattrocento anni la terza domenica di luglio si percorrono oltre venti chilometri a piedi, dall'alba al tramonto, camminando su impervi sentieri di montagna e cantando il Kyrie e il Miserere, con il prete che benedice la terra per sette volte. Le altre due Autani sono quella di Seppiana (di San Jacam) e quella dell'Alpe Cavallo.