(Sirolo, 14 Gen 16) con:
Sabato 16 gennaio dalle ore 17 al Centro visite del Parco del Conero
La realtà virtuale può essere applicata al mondo dell'archeologia per navigare in un remoto passato di 7500 anni fa? Sabato 16 gennaio Cecilia Conati Barbaro dell' Università la Sapienza di Roma ed Eva Malinverni dell' Università Politecnica delle Marche introdurranno l' argomento in un incontro ad ingresso gratuito al centro visite del Parco del Conero, dalle ore 17. Organizzato da Parco del Conero e Unitrè Numana-Sirolo, nell' ambito dei Sabati culturali, 'Passato futuro: l'applicazione di tecnologie innovative per lo studio e la fruizione del sito neolitico di Portonovo' è un'opportunità per far conoscere i più recenti risultati delle ricerche che l'Università La Sapienza di Roma conduce dal 2011 a Portonovo, con l'importante supporto della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, del Parco del Conero e delle realtà imprenditoriali del territorio, come la Filiera Terra del Conero e gli imprenditori della Baia di Portonovo. Tali ricerche hanno portato alla scoperta di un sito archeologico di notevole importanza che ha dato alla luce una serie di forni e di oggetti risalenti all' età neolitica. 'Il patrimonio culturale -spiega Cecilia Conati Barbaro- è un bene comune e deve essere conosciuto e apprezzato da tutti. Non sempre questo è possibile nei modi tradizionali, attraverso i musei o le aree archeologiche, perché non tutti i siti sono musealizzabili. Il caso dei forni neolitici di Portonovo è esemplare: troppo fragili per essere esposti, ma del tutto unici per non essere resi noti al pubblico. Attraverso le nuove tecnologie oggi è possibile documentare e rendere visibile un luogo altrimenti nascosto per sempre'. Questo ritrovamento è di notevole importanza, poiché l'abbondante materiale recuperato all'interno della struttura, frammenti ceramici, strumenti in selce e osso, resti di fauna, costituisce per gli archeologi una vera e propria miniera di informazioni. I reperti possono infatti offrire indicazioni sulle forme dei vasi che venivano utilizzati, sulle attrezzature per coltivare, cacciare, lavorare la pelle, il legno o altri materiali, sui pasti consumati: quegli antichi rifiuti, insomma, si trasformano in una testimonianza preziosa sul modo in cui vivevano le comunità di agricoltori che abitavano le colline del Conero già 7500 anni fa e che fecero di Fosso Fontanaccia una sorta di centro di lavorazione, come sembrano suggerire gli studi fin qui condotti, adibito alla tostatura dei cereali e al trattamento di cibi.