(08 Ago 23)
Si è conclusa la campagna 2023 di scavi archeologici al castello di Rontana, sui Gessi di Brisighella; campagna coordinata, come sempre,da Enrico Cirelli e Debora Ferreri dell'Università di Bologna che fin dal 2007 indaga su questo sito, precedentemente noto solo per il rudere di torrione fiancheggiante la moderna croce sommitale, in cemento, e rivelatosi invece una ricchissima miniera di informazioni e reperti sul Medio Evo romagnolo. La maggior scoperta di quest'anno riguarda però piuttosto un grande manufatto rinascimentale (seconda metà del '400), cioè il potente muro manfrediano in laterizi venuto in luce nel 2022 sullo scosceso lato sud, poco sotto la croce, e quest'anno liberato interamente dai detriti che ancora lo coprivano. Si tratta di una cortina muraria costruita con estrema cura, poggiante sull'affioramento naturale gessoso e costituita da mattoni regolari (tipologicamente molto simili a quelli delle mura di Faenza che non a caso risalgono allo stesso periodo), a formare un baluardo rivelatosi alto quasi 3 metri per una lunghezza di circa 10. Suo compito era la difesa del lato meridionale del monte e il contenimento delle strutture retrostanti: torri, chiesa, il prezioso sistema di raccolta dell'acqua costituito da un pozzo con quattro cisterne (due per raccogliere l'acqua piovana e due con sabbia per filtrare l'acqua stessa) e ambienti di presidio e di rappresentanza; a quest'ultima funzione va riferito l'elegante pavimento in mattoni a spina di pesce rinvenuto nell'angolo est (direzione Fognano) che quest'anno è stato perfettamente consolidato. Nelle vicinanze, anche i contrafforti, sempre in mattoni, delle torri di guardia, sono stati interamente portati alla luce: si tratta di murature circolari (fatte apposta per deviare le palle da cannone e più in generale adeguate all'avvento delle nuove armi da fuoco) aggiunte a fine '400 appunto per rinforzare e proteggere le retrostanti torri due-trecentesche in blocchi di gesso. Infine è proseguita la raccolta di ossa umane dalle numerose sepolture racchiuse nei due camposanti sommitali, sepolture rivelatesi importanti non tanto da un punto di vista dei corredi, inesistenti o poverissimi, quanto per le informazioni antropologiche a loro connesse: «Ci parlano di una popolazione dedita a lavori manuali anche molto pesanti - spiega Debora Ferreri - con alimentazione carente con frequenti malattie». Del resto si trattava di una comunità al servizio della guarnigione militare e composta quindi da stallieri, maniscalchi, fabbri, vetrai e altri artigiani, rimasta «disoccupata» dopo lo smantellamento dello stesso presidio militare avvenuto ai primi del '500; la comunità provò, con scarso successo, a «riciclarsi» con attività agricole o pastorali dopodiché, accusata di brigantaggio e insubordinazioni varie (soprattutto fiscali) fu annientata dopo il lungo assedio del 1591 condotto da eserciti mercenari assoldati dal neo-eletto cardinale Rivarola, che poi volle ricordare il fatto (per lui meritorio) in una delle lapidi sulla Fontana Monumentale, nientemeno, in piazza a Faenza.