(20 Dic 23) Come ognun ben sa, il Natale deriva dalle antiche feste saturnali romane, e quindi pagane, del "sole invitto", del trionfo del giorno sulla notte, della luce sul buio, della vita sulla morte. Per traslato, simboli del Natale sono diverse piante che qui ci piace prendere in considerazione: non tanto e non solo l'albero di Natale, che va identificato con l'abete rosso (in origine mancante in Romagna) e il cui uso è di importazione nordica e relativamente recente, quanto il vischio, l'agrifoglio e il pungitopo…. Per inciso, solo quest'ultimo fa parte della flora autoctona della Vena del Gesso, mentre i primi due, belli e importanti fin che si vuole, sono introdotti dall'uomo.
E allora iniziamo proprio dal vischio, spettacolarmente presente al Carnè su "alberi tutori" che nella fattispecie sono sorbi domestici, l'uno e gli altri sempre piantati artificialmente, sia pur con risultato di aspetto molto "naturale", decorativo e, perché no, assai bello.
Il vischio è un semi-parassita. "Semi" perché non "ruba" altro che la linfa grezza della pianta che lo ospita, provvedendo poi ad elaborarla da solo. E' infatti una pianta dotata di clorofilla e quindi capacissima di fotosintesi. Non ha vere e proprie radici ma solo degli "austori" emessi a mo' di trapani dal seme (a sua volta incastrato su una corteccia e vedremo perché) finchè non raggiungono un vaso linfatico portatore di acqua e sali minerali. Sulla corteccia lo ha portato un uccello, merlo o ghiandaia ad esempio, nel tentativo di pulirsi il becco rimasto appunto "invischiato" dopo un piccolo banchetto a base di frutti di vischio.
In Romagna c'è un vischio autoctono che però non è quello natalizio, sempreverde e con bacche bianco-lattee (Viscum album), bensì caducifoglio, con bacche giallo-dorate e strettamente legato alle querce (Loranthus europaeus). Non è neanche comune, anche se di certo la sua diffusione è sottostimata per via della sua ovvia, non facile visibilità. Il vischio che si regala a Natale, Viscum album appunto, proviene originariamente dal centro Europa e non a caso ha attirato l'uomo fin dall'antichità: pianta sacra e magica per i Celti e per le popolazioni germaniche, porta anche fortuna e si capisce: ciò che è strano risulta facilmente prodigioso e per questo baciarsi sotto un vischio non può fare che bene, provare per credere!
Basta andare al Carnè: 100 metri prima del rifugio, appena a valle della strada, noterete una fila di sorbi tutti "parassitati" dal vischio. A proposito: le piante ospiti non soffrono più di tanto perché l'unico danno consiste in un piccolo surplus di lavoro per succhiare linfa grezza in quantità leggermente superiore al necessario. Certo, in casi estremi questo "leggermente" non esiste più e in prossimità della Vena del Gesso ne abbiamo un esempio clamoroso sulla "Casolana" in località Cuffiano, con una ventina di tigli letteralmente strapieni di vischio che ora, d'inverno, sono uno spettacolo. "Partirono" oltre trent'anni fa dalla robinia dell'aia della vicina casa e si sono diffusi rapidamente, ma per baciarvi – anche solo per ragioni di traffico – è meglio spostarsi nel più romantico Carnè.
Effettuato il baciamento, già che ci siete, guardatevi attorno. Sempre lì ci sono dei bellissimi agrifogli. Le femmine – trattandosi di una specie dioica, quindi con sessi separati per individui – hanno le beneaugurali bacche rossissime. Per la sua rarità l'agrifoglio è protetto sull'intero territorio regionale, dove però allo stato spontaneo è limitato alle faggete più integre (ad es. Foreste Casentinesi). Sulla Vena del Gesso è stato introdotto chissà quando in parchi e giardini e roccoli (in questi ultimi a scopo venatorio).
Per confusione (anche voluta) con l'agrifoglio, a Natale si regale pure il pungitopo, che con il primo condivide l'aspetto dei frutti. Il pungitopo, sulla Vena, lo trovate quasi ovunque, tipicamente nel sottobosco dei querceti a roverella. In Emilia-Romagna è comune, molto più dell'agrifoglio, tuttavia più che raccoglierlo è consigliabile divertirsi a cercarlo, guardarlo e poi, per ricordo, conservare una fotografia. Buon Natale.
Sandro Bassi