(06 Feb 24) Anche in questo 2024, come da qualche anno a questa parte, la primavera sta arrivando precocemente. Già spuntato è il piè di gallo (Eranthis hiemalis), tipico di ambienti marginali: bordi di campi, fossi, boschetti aperti, eccetera.
Il più interessante, sulla Vena del Gesso, dei primi fiori primaverili, è però il bucaneve (Galanthus nivalis), per diversi motivi. È protetto dalla legge regionale n. 2/'77, non tanto per una sua intrinseca rarità, quanto per la distribuzione molto irregolare sul territorio. Può anche dar luogo a popolazioni straordinariamente ricche, con concentrazioni di migliaia di individui che fanno a pugni con il concetto classico di "rarità" e allora cerchiamo di chiarire la cosa con esempi relativi appunto al parco.
In teoria il bucaneve è una specie del Castanetum e del Fagetum, quindi di fasce vegetazionali montane, capace però di "scendere" anche fino alla bassa collina in situazioni di microclima fresco e molto umido. Sulla Vena si trova sempre (con un'unica eccezione per la valle del Rio Stella) in versanti nord, tipicamente in fondo a doline, presso ingressi di grotta o in situazioni di inversione termica. L'habitat è squisitamente forestale e ciò spiega a sufficienza la stazione del Rio Stella che è sì in versante sud, ma in pieno sottobosco con condizioni di "volano termico"; naturalmente, cosa che vale per tutte le stazioni di bucaneve, la fioritura avviene adesso per sfruttare il momento di arrivo nel sottobosco di tutta l'energia radiante, luminosa, grazie al fatto che le chiome sono ancora nude.
Da rimarcare il fatto che quasi tutte le stazioni si trovano in ambienti fragili, delicati, di riserva integrale. Basta citare i due casi più tipici, cioè presso la Risorgente del Rio Basino e in fondo alla dolina "di crollo", cosiddetta del Gufo, presso il Carnè, anche qui con un'importante eccezione: quella del cimitero di Vespignano, fra Castelnuovo e Zattaglia.
Quest'ultima è sicuramente di origine antropica, dovuta all'antico trapianto di bulbi ad affiancare le tombe, con prelievo dei bulbi stessi da qualche stazione vicina, forse da quella di Col Mora, anch'essa sopra il Carnè. Si tratta quindi di una stazione "artificiale", ma di interesse storico, documentario-testimoniale e, perché no, "antropologico", risalente a quando l'uomo ricorreva alle piante spontanee per le proprie esigenze botanico-decorative.
Purtroppo il cimitero di Vespignano versa in pessime condizioni, essendo quasi interamente crollato: i bucaneve stoicamente continuano a spuntare fra le macerie, dandoci comunque una nota di colore e di consolazione.
Sandro Bassi