All'elevata valenza naturalistica le Macalube associano un importante interesse culturale. L' Occhiu di macalubi (appellativo locale che deriva dalla forma circolare della collina e dal colore biancastro che ha per gran parte dell'anno) ha da sempre suscitato l'attenzione della comunità scientifica ed un profondo fascino nei viaggiatori stranieri venuti in Sicilia: le più antiche testimonianze sul fenomeno vengono fatte risalire al filosofo greco Platone; Guy De Maupassant vedeva i vulcanelli come delle pustole di una terribile malattia della natura (1885).
Molte sono le leggende nate dalla fantasia popolare intorno al fenomeno: si racconta che un tempo una città sorgesse là dove ora scruta l'Occhiu di macalubi, e che un giorno, a causa di un offesa fatta alla divinità dimorante nella collina, la città fosse stata spinta nelle viscere della terra, lasciando in superficie una landa desolata cosparsa di piccoli coni rigurgitanti fango.
Oggi le Macalube vengono ricondotte alla realtà del fenomeno naturale di cui sono la manifestazione.
La Riserva nasce per tutelare un raro fenomeno geologico, che per analogia con quello vulcanico viene definito vulcanesimo sedimentario. Questo tipo di fenomeno rientra nelle manifestazioni petrolifere superficiali di tipo gassoso.
Il vulcanesimo sedimentario si manifesta in presenza di gas sottoposto ad una certa pressione ed in relazione con argille non consolidate intercalate in livelli di acqua salata. I gas delle Macalube sono costituiti essenzialmente da metano. Questi per effetto della pressione, sfuggono dal sottosuolo, attraverso discontinuità del terreno, trascinando con sé sedimenti argillosi ed acqua, che deposti in superficie danno luogo ad un cono di fango, dalla cui sommità attraverso un cratere fuoriesce il gas. Vi è quindi analogia morfologica con gli apparati vulcanici.
Periodicamente la collinetta delle Macalube è sconvolta da eruzioni esplosive, accompagnate da boati, con espulsione di materiale argilloso misto a gas ed acqua scagliato a notevole altezza, e dovute alla pressione esercitata da ammassi di gas accumulatisi nel tempo, al di sotto della sua superficie.
Non meno interessante è l'aspetto floristico della riserva; la vegetazione spontanea, presente sulla collinetta e lungo i valloni calanchivi, è infatti adattata a vivere in un habitat particolare caratterizzato dalle peculiarità geologiche, da una elevata salinità e dalla scarsa piovosità ;queste condizioni hanno determinato la presenza di un numero cospicuo di endemismi come l'Aster sorrentinii e la Lavatera agrigentina; tipica è la gariga-steppa formata dal Lygeum spartum e dalla Salsola agrigentina, specie endemica che ha il suo locus classicus nelle Macalube. In primavera si può osservare una variopinta fioritura, dalle orchidee alle specie più comuni.
L'esistenza di piccoli stagni favorisce lo sviluppo della fauna entomologica, la riproduzione degli anfibi (Discoglosso dipinto, Rana verde) e la presenza di un'abbondante popolazione di rettili.
L'area di riserva è inoltre territorio di caccia di alcune specie di rapaci (Falco di palude, Gheppio, etc) e zona di sosta per gli uccelli durante i periodi di migrazione.