La funzione principale di un'area protetta è mantenere l'equilibrio ambientale del territorio cercando di aumentarne la biodiversità: i parchi naturali sono vere riserve ambientali create dalla natura e gestite dall'uomo, caratterizzati da variegati scenari paesaggistici, abitati da una moltitudine di specie animali e vegetali. I parchi naturali svolgono una duplice funzione: preservano la natura e contribuiscono a mantenere vive le usanze e l'artigianato, a proteggere le tipologie di insediamento che si sono sviluppate nel tempo.
Il Parco regionale dei Castelli Romani ha alle spalle una storia di grande consapevolezza, sensibilità, lungimiranza e senso civico: furono proprio gli abitanti dei Castelli Romani a raccogliere le firme per chiedere l'istituzione di un'area protetta che difendesse il patrimonio ambientale della zona dei Colli Albani.
Grazie ai suoi abitanti, il Parco regionale dei Castelli Romani fu istituito con Legge regionale n° 2 del 13 gennaio 1984 allo scopo di tutelare l'integrità delle caratteristiche naturali e culturali dei comuni che occupano l'antico Vulcano Laziale, per contribuire al riequilibrio territoriale e allo sviluppo socio-economico delle popolazioni interessate.
La formazione ed evoluzione dei Colli Albani, territorio che delimita l'area naturale protetta del Parco regionale dei Castelli Romani, è dovuta al susseguirsi di diverse fasi nell'attività dell'antico Vulcano Laziale, iniziata 700mila anni fa, che ha lasciato tracce evidenti. All'interno di una preesistente cavità circolare o "caldera" di cui restano i rilievi del "recinto esterno" (Tuscolo e catena dei Monti dell'Artemisio), si formò un cono vulcanico più piccolo con bocca craterica presso la località Campi di Annibale (Rocca di Papa), un recinto più interno di cui sono testimonianza Monte Cavo e i Monti delle Faete. Nell'ultima fase di attività del Vulcano Laziale, chiamata idro-magmatica, si sono formati i bacini lacustri di Nemi ed Albano.
I materiali emessi o espulsi nel corso dell'attività vulcanica, hanno originato la formazione delle rocce che osserviamo nel Parco. Queste sono essenzialmente costituite da minerali aggregati, che contengono molte informazioni scientifiche sul paesaggio. Scorie, lapilli, pozzolane, tufo e peperino, sono le principali, insieme alla lava leucititica, materiale utilizzato per le pavimentazioni stradali già in epoca romana, di cui è un esempio il basolato della "Via Sacra".
Il fertile suolo di origine vulcanica, unitamente a un clima alquanto umido, fece sì che nel tempo si sviluppassero grandi foreste di faggio che sino al XVIII secolo coprivano, assieme a boschi misti e cerrete, gran parte del territorio. Oggi permangono, a testimonianza delle foreste originarie in gran parte sostituite da castagneti, alcuni esemplari di faggio presso i Monti delle Faete e a ridosso delle zone lacuali specie di clima più caldo e asciutto come la roverella e il leccio.
Il paesaggio del Parco è caratterizzato da un articolato mosaico di aree boscate, rilievi collinari con pascoli, vigneti e oliveti, conche lacustri (Lago Albano e Lago di Nemi), aree urbanizzate, centri storici e aree archeologiche.
In passato, nel territorio potevano essere riconosciute distintamente diverse fasce vegetazionali tipiche dell'Italia centrale distribuite sul territorio in senso altitudinale, nel corso del tempo si è assistito al prevalere delle specie coltivate sulla vegetazione naturale: le leccete e i boschi di roverella sono stati sostituiti dai vigneti ed oliveti, mentre, ad altitudini superiori, il bosco misto di latifoglie decidue e la faggeta sono stati convertiti in castagneti cedui.
Il castagneto è la forma di vegetazione più diffusa nel paesaggio dei Castelli Romani, rappresentato prevalentemente da boschi cedui monospecifici di castagno (Castanea sativa), periodicamente soggetti a taglio ogni 18-20 anni. Del bosco misto mesofilo restano ancora evidenti testimonianze. Rilevante, per il suo valore naturalistico è il bosco del "Cerquone" (ZSC Cerquone-Doganella) in cui dominano, a livello dello strato arboreo, esemplari maestosi di farnia e di cerro, mentre delle faggete originarie rimangono oggi solo nuclei residuali sui monti delle Faete (Rocca di Papa) e sui monti dell'Artemisio (Velletri). Sui versanti lacustri, di Nemi e Albano, si rinvengono leccete miste a Quercus ilex e caducifoglie.
Fra gli elementi arborei o arbustivi troviamo l'agrifoglio, il viburno, il ligustro, l'alaterno, il corbezzolo, il lauro, la dafne, la laureola, il tiglio, il nocciolo, l'acero campestre, il carpino nero, la vitalba, l'erica arborea ecc.
I fattori naturali che hanno, maggiormente influito sull'attuale assortimento faunistico del Parco sono stati: l'andamento climatico degli ultimi millenni, la latitudine, la vegetazione e lo sviluppo altimetrico. La fauna del Parco possiede una componente preponderante di specie ubiquitarie e/o tolleranti rispetto alla presenza umana, quindi una componente che riflette l'invasività della stessa, ma anche un'altra composta da specie maggiormente specializzate e, per questo, di spiccato interesse scientifico.
La diversità animale deve essere necessariamente analizzata e interpretata sulla base delle attività umane (caccia o ripopolamento a fini venatori), che potrebbero aver causato l'estinzione o rarefazione di alcune entità, o l'introduzione e l'espansione di altre (come i gabbiani, la cornacchia, la volpe ed il cinghiale).
Fra i mammiferi sono segnalati l'istrice, il tasso, lo scoiattolo, il moscardino e l'arvicola di Savi. Gli uccelli rapaci comprendono la poiana, lo smeriglio e lo sparviero. Numerosi i rapaci notturni così come le specie acquatiche che frequentano le sponde dei laghi; tra queste ultime il germano reale, l'airone cenerino, il fischione, la folaga, la marzaiola, il tuffetto e lo svasso maggiore. Tra gli uccelli silvani il picchio verde, il picchio rosso maggiore, l'upupa e le cince. L'erpetofauna annovera la sempre più rara testuggine di Hermann, l'orbettino e la salamandrina dagli occhiali.
La funzione principale di un'area protetta è mantenere l'equilibrio ambientale del territorio cercando di aumentarne la biodiversità. Con l'istituzione del Parco si è registrato il ritorno di varie specie, soprattutto animali, che si erano allontanate dai Colli Albani. Sono quindi ricomparsi il tasso, la martora, il falco pellegrino, la salamandrina dagli occhiali, l'istrice ed una consistente colonia svernante di pipistrelli. Ma il ritorno più eclatante e gradito nei nostri boschi è stato senza dubbio quello del lupo. Animale da sempre temuto e cacciato in modo massiccio, svolge invece un importante ruolo nell'ecosistema e non risulta pericoloso per l'uomo.
Il Parco porta avanti alcuni studi e monitoraggi volti al mantenimento e alla conservazione di specie autoctone, sulle quali il crescente aumento demografico e le conseguenti attività umane ad esso connesse, sono fortemente impattanti sulla conservazione degli habitat e agiscono sulla loro frammentazione. Si rendono quindi necessari nel tempo interventi di conservazione e ripristino degli habitat affinché l'ecosistema mantenga i suoi equilibri vitali.
Nel territorio del Parco la presenza del castagno è dominante e molto consistente. La coltura di questa specie arborea non è finalizzata alla raccolta del frutto ma principalmente al taglio dell'albero, al fine di ottenere legname da utilizzare nelle diverse lavorazioni (bosco ceduo). Addentrandoci nei boschi dell'area protetta, ci si rende conto che sono pochi gli esemplari di castagno che raggiungono grandi dimensioni (circa 35 m. di altezza).
Il taglio periodico al quale è sottoposta questa tipologia di bosco, sia di proprietà privata sia pubblica, ha finalità economiche. Il bosco di castagno che ricopre la superficie del Parco, è quindi un bosco piuttosto giovane che necessita della continua azione dell'uomo per mantenere il proprio equilibrio, subendo dei tagli ciclici, con turni che variano dai 18 ai 35 anni, all'interno dei quali si eseguono i tagli intercalari di sfollo e dirado dei polloni in soprannumero. Questa essenza forestale è infatti, quella che meglio si presta al governo a ceduo, giacché la zona del colletto è ricchissima di gemme cosiddette "dormienti" che, una volta tagliato il fusto, si sviluppano in polloni, che sostituiscono le piante sottoposte a taglio. Questa gestione si ripete ciclicamente garantendo la continuità di questa tipologia di boschi e consente di mantenere un equilibrio tra ambiente e attività umane.
Numerosi resti archeologici disseminati sul territorio testimoniano l'importanza dei Castelli Romani. Ville romane, eremi e conventi, castelli, palazzi storici e ville rinascimentali impreziosiscono questa parte del Lazio che, nonostante la vicinanza di Roma, è riuscita a ritagliarsi un proprio spazio indipendente grazie al suo patrimonio naturalistico, archeologico, culturale e per la qualità della vita che offre, una sapiente e variegata miscela di opportunità e di potenzialità nella quale è piacevole perdersi.
Tra i più importanti siti archeologici ricordiamo il complesso dell'antica città di Tuscolo, con il Teatro molto ben conservato risalente al I secolo a. C., i resti del Foro, della cosiddetta Villa di Tiberio e diversi sepolcri. Ad Albano sono ben conservati l'Anfiteatro, il Castrum, il monumento agli Orazi e Curiazi ed i Cisternoni. Notevoli sono anche la Villa di Vitellio ad Ariccia, i ninfei del lago Albano, il tempio di Giunone Sospita a Lanuvio, i resti del tempio di Diana a Nemi, ecc. Anche gli antichi lastricati romani, con il loro tipico basolato sono ben conservati, come l'antica Via Sacra che da Ariccia sale fino a Monte Cavo, l'antico Mons Albanus dove Latini e Romani si recavano al Tempio di Giove (Juppiter Latialis) edificato sulla sua cima per festeggiare le Feriae Latinae.
Di grande interesse storico e architettonico sono le Ville Tuscolane, presenti nell'area dei comuni di Frascati e Monte Porzio Catone, e dei suoi importanti giardini all'italiana. Villa Aldobrandini, Villa Falconieri, Villa Torlonia, Villa Grazioli, Villa Rufinella, Villa Mondragone (foto), sono tra le più importanti.
I prodotti tipici sono strettamente legati alle tradizioni del posto. Lo testimoniano le sagre o feste ad essi intitolate che si svolgono nelle diverse stagioni dell'anno. Tra i più famosi: il pane di Genzano e Lariano; la porchetta di Ariccia; le fragoline di bosco di Nemi; i funghi porcini; vino e olio di qualità. Sono tanti i prodotti di origine biologica che rispondono alla crescente domanda del mercato eno-gastronomico locale. Molti di questi sono entrati a far parte del marchio "Natura in Campo" pensato dalla Regione Lazio, proprio per i prodotti coltivati nelle aree protette del territorio, i cui produttori si impegnano a operare rispettando i principi della sostenibilità ambientale, della conservazione della natura, delle tradizioni locali e delle risorse genetiche autoctone. Il marchio risponde all'esigenza, sempre più imprescindibile per i consumatori, di dare riconoscibilità ai prodotti agroalimentari di qualità attraverso la loro identificazione con un territorio sano, tutelato, in cui l'uomo vive ed opera in armonia con l'ambiente e la natura, e in cui la salute del consumatore è al centro dell'attenzione dei produttori.
Il Parco regionale dei Castelli Romani si estende su un territorio che possiede un ricco patrimonio di natura e cultura. Un'area fortemente antropizzata, caratterizzata da paesaggi variegati, dove ambiente geologico e naturale sono strettamente legati alla storia e alle tradizioni locali.
Lo attraversa una fitta rete di itinerari C.A.I. di circa 150 Km, che percorrendola regala panorami suggestivi, accompagnandoci spesso all'interno dei caratteristici Borghi, dove le bellezze artistiche si fondono con la storia, l'artigianato e i tipici prodotti enogastronomici
Visitare il Parco regionale dei Castelli Romani significa intraprendere un viaggio di scoperta, immergendosi non solo nella biodiversità dell'area protetta, ma anche nel passato, di cui sono testimonianza i reperti archeologici disseminati lungo i percorsi, basolati antichi, resti di templi e santuari dedicati alle divinità, leggende e miti della civiltà Latina, tra i quali spicca il culto di Diana Nemorense, di Giunone Sospita e di Giove Laziale.
Un territorio che ha affascinato molti artisti, tappa fondamentale del "Grand Tour" del '700, viaggio d'istruzione che molti giovani appartenenti all'aristocrazia europea facevano per visitare e apprezzare le bellezze del nostro Paese.
Tra le finalità del Parco, così come recita lo Statuto all'art. 2, rientra la promozione e l'esercizio di attività scientifiche e di ricerca, volte alla tutela e conservazione degli habitat, ma anche a favorire la conoscenza del patrimonio naturalistico, storico, artistico, archeologico e ambientale dell'area protetta e della sua corretta fruizione ed individuare le attività produttive, e gli usi presenti nell'area protetta, o ad essi connessi, da mantenere o incentivare in quanto coerenti ed utili, in un'ottica di sviluppo sostenibile del territorio.
Il Parco partecipa al "Monitoraggio regionale del Moscardino", roditore arboricolo della famiglia dei gliridi (Gliridae), specie di interesse comunitario ai sensi della Direttiva 92/43/CEE, sottoposta a tutela rigorosa in tutta Europa dall'articolo 12 e dal relativo allegato IV della medesima direttiva. Annualmente prende parte al Censimento dell'avifauna svernante, che interessa principalmente i due laghi di Nemi, Albano e la zona umida del Pantano della Doganella. Ha partecipato al "Monitoraggio nazionale del Lupo", coordinato da ISPRA, e nel tempo a svariati rilevamenti che hanno interessato la fauna selvatica: i chirotteri, i rapaci rupicoli, il falco pellegrino, e varie specie di insetti.
Ha aderito e collaborato anche in passato ad alcuni progetti internazionali (Life Go Park; Life Bloowater; Oenomed) orientati ad attività di ricerca, sperimentazione, comunicazione e informazione, incentrati sul rispetto dell'ambiente, a sostegno di una svolta e di una crescita ecologica e sostenibile della collettività.