II parco si estende sulle prime pendici collinari a sud-est di Bologna, tra i torrenti Savena, Zena, Idice e Quaderna, e racchiude un territorio composito in cui spiccano gli spettacolari affioramenti dei gessi messiniani e i caratteristici calanchi del Passo dell'Abbadessa.
Le strade e i sentieri che attraversano quest'area protetta consentono di avvicinare scenari di inaspettata bellezza, rupi rocciose denudate che si affacciano su grandi conche simili a anfiteatri naturali, angoli all'apparenza inaccessibili che nascondono ingressi di grotte, aspre dorsali calanchive che, come scuri monti in miniatura, interrompono dolci pendii argillosi.
Dai punti più elevati lo sguardo abbraccia i solchi delle valli principali, che di lì a poco sfumano nella grande pianura, e nelle giornate più limpide l'orizzonte è chiuso dalla visione quasi irreale delle Alpi. Nelle zone di affioramento del gesso le sommità corrispondono a dossi argentei dove risalta la struttura cristallina della roccia la cui luminosità madreperlacea le ha meritato il nome di sélenite (pietra lunare).
L'emergenza di maggiore rilievo del parco, intorno alla quale si é andato costruendo il progetto di tutela, é costituita dagli affioramenti dei gessi messiniani, che appartengono alla formazione geologica nota come Gessoso Solfifera. Conosciuto anche con il nome di selenite, per i suoi riflessi lunari, il gesso degli affioramenti bolognesi si presenta in grossi cristalli di forma caratteristica, detta a coda di rondine o a ferro di lancia. Dal punto di vista chimico si tratta di un sale, il solfato di calcio biidrato (CaSO4.2H2O), che insieme ad altri costituisce la normale soluzione delle acque marine, dalle quali precipita durante fasi di prolungata evaporazione. La sua particolare cristallinità ha ingannato a lungo gli studiosi che tentavano di spiegare la genesi delle "gessaie bolognesi": ancora verso la fine del 1800 era ritenuta una particolare roccia metamorfica. Oggi, invece, ricostruire la storia Geologica dei gessi significa ripercorrere, attraverso uno sforzo dell'immaginazione, gli eventi straordinari che investirono l'intero bacino mediterraneo durante il Messiniano (tra 6 e 5 milioni di anni fa circa).
Nei versanti più ombrosi e sul fondo delle doline crescono boschi misti con roverella, carpino nero e orniello, accompagnati da sorbo domestico, ciavardello, acero campestre e, più di rado, tiglio e carpino bianco; cerro e castagno compaiono solo sui terreni con un buon grado di acidità. Si tratta in larga parte di boschi cedui, che hanno subito tagli frequenti e eccessivi; scarseggiano gli alberi ad alto fusto e spesso compaiono robinia e ailanto, due esotiche infestanti che contraddistinguono le situazioni più degradate.