Il territorio del Parco, totalmente di pertinenza della cittadina di Piossasco, si estende per circa 377 ettari ad una quota tra i 300m e gli 837 m del Monte San Giorgio, che rappresenta la propaggine più avanzata della catena alpina verso la pianura torinese. La flora del Parco conta in tutto 434 specie delle quali molte sono di particolare interesse per la loro rarità o per la particolare distribuzione come la Cheilanthes marantae, felce xerotermofila a distribuzione frammentata o la Paeonia officinalis, splendida specie rara a livello nazionale. Per quanto riguarda l'interesse zoologico è possibile osservare un'importante ornitofauna con rarità eco-geografiche come la Sylvia melanocephala comunemente detta occhiocotto o il Circaetus gallicus meglio noto come biancone. Inoltre è presente una notevole varietà di Carabidi, famiglia di coleotteri, considerata importante per la sua utilità come indicatore ecologico.
L'area del Monte San Giorgio ha particolare interesse paesaggistico per
la sua posizione a ridosso della pianura (316 - 836 metri s.l.m.)
costituendo un balcone naturale che offre sorprendenti panorami su gran
parte delle Alpi occidentali e sulla sottostante pianura agricola; esso
ospita una interessantissima vegetazione legata alle particolari
condizioni climatiche; sulle pendici dominano i boschi di roverella,
talora è presente il leccio ed il carpino nero, mentre l'ulivo,
coltivato da tempi antichi, riesce eccezionalmente a raggiungere la
maturazione.
A partire dagli anni '20 e fino agli anni '70 iniziò
l'impianto di conifere a rapida crescita che si estende attualmente su
vaste superfici. Di particolare interesse è la popolazione faunistica
ed in particolare la carabidofauna; sono state censite 59 specie di
uccelli tra cui importante è la presenza di alcuni rapaci (astore,
gheppio, poiana).
Le favorevoli condizioni climatiche che caratterizzano le pendici del
Monte San Giorgio hanno agevolato fin dall'antichità l'insediamento
umano; i primi reperti risalgono all'VIII secolo a.C., più consistenti
sono le testimonianze di epoca romana. Il costone che dalla cima scende
verso sud ospita i più importanti insediamenti storici: le rovine del
Castello del Gran Merlone sono di epoca longobarda; un altro Castello
iniziato nel XVI secolo non fu mai completato; il Castello dei Nove
Merli è tuttora abitato. Questi Castelli facevano parte di un complesso
sistema fortificato di cui rimangono le tracce delle mura e che
dovevano comprendere nella parte più bassa due complessi difensivi.
Di particolare rilievo è la Cappella dedicata a San Giorgio ed
edificata sulla vetta, a quota 837 metri, intorno all'anno 1000 ad
opera dei Frati Benedettini; nei pressi dell'area a Parco sono numerose
le testimonianze di rilievo storico ed artistico/architettonico; il
centro abilitato di Piossasco (Bourgià) conserva riconoscibile l'antico
tessuto urbano costituito da edifici rurali, mulini, cappelle, ville
circondate da parchi; la Chiesa di San Vito con il suo Monastero
conserva dell'antico impianto romano l'abside nella parte inferiore del
campanile, al suo interno contiene affreschi del '400 e dipinti del
'700.
Il Monte San Giorgio ospita una interessantissima vegetazione legata alle particolari condizioni climatiche e conta in tutto 434 entità tra cui diverse specie considerate rare e altre degne di attenzione per la loro particolare distribuzione. Nel seguente elenco vengono riportate alcune delle specie di maggior interesse dell'area:
La copertura forestale è l'aspetto dominante
che caratterizza il paesaggio e l'ecosistema del Monte e ne costituisce
uno dei principali elementi di interesse dal punto di vista
paesaggistico e della fruizione pubblica.
Su vaste superfici la
vegetazione ha un'origine artificiale: a partire dagli anni '20 e fino
agli anni '70 iniziò l'impianto di conifere a rapida crescita
soprattutto sui versanti esposti a sud ovest e a ovest. Sul versante
meridionale, per ragioni climatiche e ambientali, sono presenti aree
abbastanza estese a prateria xerica, punteggiata più o meno radamente
da esemplari arborei di pino nero (introdotto artificialmente e
seriamente compromesso da un disastroso incendio nel febbraio 1999),
rovere e roverella; talora è presente il leccio ed il carpino nero,
mentre l'ulivo, coltivato da tempi antichi, riesce eccezionalmente a
raggiungere la maturazione. Aree coperte da robinia connotano pendici
gradonate un tempo coltivate a vigna. Alle quote più alte dei versanti
settentrionali del monte prevalgono boschi cedui di rovere, localmente
misti in modo irregolare al castagno e ad altre latifoglie.
Il Monte San Giorgio ha tutti i requisiti per costituire una zona di
notevole interesse naturalistico e, in particolare, zoologico, anche se
sono poche le ricerche effettuate sulla fauna dell'area e ancora meno i
dati pubblicati.
Le peculiarità del Parco sono:
- presenza di un elevato numero di specie nidificanti rispetto alla ridotta superficie territoriale dell'area;
- contemporanea presenza di specie con esigenze ecologiche molto diverse (specie alpine e mediterranee insieme);
- presenza di diverse specie rare o comunque poco comuni a livello regionale.
Tra le specie presenti segnaliamo:
Nei boschi del Monte San Giorgio è stata rilevata la presenza di una importante fauna invertebrata, tra cui spiccano i Carabidi, famiglia di Coleotteri, a cui appartiene il Carabus coriaceus. All'interno del Parco è anche possibile avvistare le tracce del cinghiale (Sus scrofa): si ciba di radici, ghiande, e altri vegetali, ma anche di insetti e piccoli animali.
I boschi di pino nero del Monte San Giorgio presentano attacchi di Processionaria del pino (Traumatocampa pityocampa): le larve di questo lepidottero si nutrono degli aghi delle conifere, provocandone defogliazioni e rendendole vulnerabili ad altre patologie. In inverno le processionarie realizzano un nido compatto posto all'apice o dell'asse del fusto o dei rami, in cui si riparano nei mesi più freddi. Le larve mature, da fine febbraio a inizio aprile, abbandonano definitivamente i nidi e scendono al suolo in fila indiana formando delle vere e proprie processioni, per interrarsi nei luoghi più soleggiati e caldi fino a 20 cm di profondità: qui tessono un bozzolo entro il quale avviene la metamorfosi in farfalla. Si raccomanda di non disturbare le processioni e di non toccare i bruchi poichè presentano sul dorso dei micropeli che, a contatto diretto o per dispersione nell'ambiente, possono provocare reazioni epidermiche e allergiche (soprattutto in soggetti particolarmente sensibili).
Il rilievo del Monte San Giorgio e parte dei rilievi immediatamente ad ovest rappresentano l'estrema propaggine meridionale del Massiccio ultrabasico di Lanzo, che si protende a nord oltre la Stura di Lanzo nella zona di Balangero. Questo Massiccio è costituito da lherzoliti (peridotiti ad olivina e pirosseni) in parte trasformate dal metamorfismo alpino in serpentiniti; le peridotiti rappresentano porzioni di mantello superiore, risalite durante la tettogenesi alpina. A queste masse ultrabasiche sono associate altre rocce metamorfiche (le prasiniti) provenienti dalla trasformazione di crosta oceanica. Nel Massiccio di Lanzo, alle rocce già descritte, si associano le pietre verdi: sono rocce molto resistenti all'alterazione che danno origine a pendici ripide, affioramenti rocciosi e rilievi aspri. I suoli, già di per sè poco evoluti a causa della natura delle rocce sottostanti, sono stati ulteriormente degradati dalle attività antropiche che hanno favorito il pascolo a scapito dei boschi. Questi suoli sono molto poveri e, salvo dove è rimasto il bosco, sono stati decapitati dallo scorrimento delle acque meteoriche che li hanno privati dell'orizzonte umifero; questo, comunque, se è ancora presente, poggia direttamente su antichi orizzonti profondi di tipo B, ricchi di limo e argilla, piuttosto compatti e pesanti, di un caratteristico colore rossastro dovuto agli ossidi di ferro e pH sub-acido.