(Tione di Trento, 24 Mag 19)
Alla maggior parte delle persone, locali e non, risulta facile associare questo anfiteatro naturale a personalità importanti come il poeta Giovanni Prati o Don Lorenzo Guetti, fondatore della Cooperazione Trentina. Ad ampliare tale lista si potrebbero aggiungere molti altri nomi di uomini che hanno lasciato impronte significative nella storia delle Giudicarie. Ma è di una donna che questo articolo vuole parlare: Ada Negri. Poetessa della prima metà del '900 (Lodi 1870 - Milano 1945), respirò l'aria della piana lomasina e ne fissò l'essenza con l'inchiostro sulla carta.
La "maestrina di Lodi", nata da famiglia umile e disagiata, riuscì ben presto a mettersi in luce con le sue opere (Fatalità 1892, Tempeste 1893, Maternità 1904) e ad occupare un posto di primo piano nello scenario letterario nazionale, diventando la prima donna d'Italia a fare parte dell'Accademia (1940). Spinta inizialmente da ardori e rivendicazioni socialiste, ben presto si raccolse delusa in una dimensione più intima e personale (Dal profondo 1910, Esilio 1914, ecc.), fino ad approdare ad una concezione cristiana e spirituale (Vespertina 1931, Il dono 1935-36, ecc.). Tale conversione è il risultato di un percorso intrapreso da Ada Negri con il conforto della parola di padre Ermenegildo Bonavida, priore del convento di Campo Lomaso, nel periodo che la poetessa trascorse come ospite dell'amica e contessa Thea Rasini a Castel Campo. Se da una parte sono stati i colori, i profumi, le genti e i suoni di questa terra a permettere ad Ada Negri di raggiungere la tanto aspirata serenità, dall'altra, sono proprio tali elementi a dover ringraziare la poetessa per averli resi eterni attraverso le sue poesie.
A tutt'oggi, rileggere i versi che raccontano fiumi, campi e montagne, paesini sparsi e abitanti di questa valle regala emozioni sincere e permette di cogliere ancora una volta l'importanza di salvaguardare questi preziosi paesaggi affinché possano rimanere fonte di ispirazione e serenità, in un'ottica di continuità e sintonia con la visione proposta dalla Riserva di Biosfera UNESCO.
CHIESA DI VIGO
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Chiesa di Vigo, limpida sul colle
e solitaria: io vengo a te fra campi
di giovine frumento e bei filar i
di gelsi; e il tuo sagrato al mio riposo
dona casta e raccolta ombra di tigli ,
Piccol sagrato con enormi tigl i
il tuo, chiesa di Vigo; – ed esci forse
hanno cento e cent'anni; e tu nel tempo
del loro fiore invochi Iddio con onde
d'olezzo unite all'onda delle preci.
Qui sosto: di quassù tutto è sorriso
per gli occhi: guardo rastrellare i fieni
sui prati, i buoi condurre i carri, e in gruppi
canori andar le donne alla fontana coi
secchi. E qui vorrei metter radici
accanto ai tigli del sagrato, folti
di rami e di memorie; e mi svegliasse
ogni alba, con le frecce delle rondini,
la campanella della messa prima.