(Tione di Trento, 13 Dic 19) L'abitato di Favrio, frazione del comune di Fiavé, sorge alle pendici settentrionali del monte Misone, che gli si innalza alle spalle. Questo agglomerato di case inserito nella Riserva di Biosfera Alpi Ledrensi e Judicaria, è solitamente conosciuto perché resta privo di sole da novembre al 3 febbraio, giorno in cui si celebra S. Biagio, patrono della comunità, durante l'omonima sagra.
È qui che a settembre del 2011, in occasione del cinquantenario della costruzione di uno dei simboli del paese, il capitello della Madonna di Favrio edificato come ringraziamento per i "limitati" danni dei due incendi del 1959, fu celebrata una festa. Essa radunò tutti i Favretani con le proprie famiglie, sia i residenti, sia gli originari trasferitisi altrove. Durante questa occasione di riunione, nacque l'esigenza di far rivivere il paese e di valorizzarlo al meglio.
Visto l'avvicinarsi della stagione invernale, si pensò inizialmente alla realizzazione di un presepe che rappresentasse la Valle. Sviluppando tale idea, si giunse alla decisione di progettare un presepe a dimensioni naturali, prendendo spunto da quello che negli anni precedenti era stato allestito in val Lomasona.
La prima location fu l'èra di Arrigo Franceschi, generosamente, egli mise a disposizione una porzione inutilizzata della propria casa: ciò testimonia il suo senso dell'ospitalità, che lo ha contraddistinto anche in altre occasioni. Si installò quindi un presepe di dimensioni naturali, arricchito da attrezzi di un tempo, ad esempio carri ed aratri, in modo da rappresentare la vita rurale del Primo Novecento. Per esporre il funzionamento degli utensili dei diversi mestieri, i giovani del paese decisero di costruire dei fantocci a grandezza d'uomo, partendo da una struttura portante in legno. Per fare gli arti superiori ed inferiori e le mani, sono state sfruttate delle strutture tubolari in plastica collegate fra loro da del fil di ferro, per permettere così i movimenti. Per quanto riguarda i volti, si tratta di maschere di base, attorno alle quali è stata costruita la testa con la cartapesta, e successivamente tinta con spray, acrilici e altri tipi di colori. Per realizzare il tutto, è stata usata una notevole quantità di materiali di recupero (interno dei cuscini vecchi, gommapiuma, indumenti che non erano più utilizzati…).
Con il passare degli anni, si riscontrò un incremento del flusso di visitatori e dunque, fu necessario un ampliamento dal punto di vista territoriale: si trovarono altri edifici non utilizzati, per lo più stalle o cantine, e vennero popolate dai diversi personaggi. Tra le varie macchiette che popolano Favrio, spicca il moleta (l'arrotino). La sua fu la prima attività lavorativa mobile sul territorio delle Giudicarie: egli attraversava la valle in bicicletta in cerca di coltelli, fèri da segar, podete e altro ancora da molare, ossia da affilare. Grazie all'ingegno di un artigiano del paese, il fantoccio – moleta ha preso "vita": pedalando, attraverso un movimento della catena della bicicletta, arrota gli attrezzi grazie ad un meccanismo meccanico.
Ora si dispone quindi di una vera e propria ricostruzione di come vivevano le popolazioni rurali della Val Giudicarie, all'incirca dal 1920 al 1960. Ciò è stato possibile soprattutto grazie alla spontanea disponibilità dei proprietari nel lasciar adoperare parti delle loro case o stalle, ed altresì grazie all'intraprendenza ed alla voglia di valorizzare il proprio luogo natìo dei giovani (e meno giovani!) di Favrio.
Se siete incuriositi, potete andare a vedere con i vostri occhi e toccare con mano la Natività a grandezza naturale: dall'8 dicembre al 13 gennaio, ogni giorno dalle 10 alle 21 è quello buono per rendere onore a cotanto impegno e coesione sociale degli abitanti di questo piccolo paese.
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